Il ricambio nel parlamento e nel governo si lascia dietro tante storie di uomini e donne «vicini» di partito, o personali, fatti accomodare in ruoli privilegiati. Una vecchia storia della politica nostrana, diventata farsa negli anni più recenti. Ci sono pure i vecchi compagni di classe…
Molto probabilmente questa legislatura non sarà ricordata soltanto per i colpi di scena che si sono succeduti, dai gialloverdi ai giallorossi fino al governo Draghi. Ma anche, e forse soprattutto, per la valanga di ex politici, amici, compagni di partito che in un modo o nell’altro hanno trovato spazio nelle varie squadre di governo. Per carità: che il ministro o il sottosegretario assuma il suo fedelissimo è legittimo e avviene in ogni legislatura. Ma in quella che si avvia alla scadenza spesso si è andati ben oltre il pensabile.
L’esempio clou è il ministero del Lavoro, guidato da Andrea Orlando, sotto la cui gestione hanno trovato un posto varie figure. Nel suo staff è entrato il «digital strategist» Andrea Massera (45 mila euro), che svolge lo stesso ruolo anche per il Pd in Regione Liguria e a Genova. Stesso partito e stessa regione del ministro. Tra i suoi collaboratori figura anche Vladimiro Boccali, ex sindaco di Perugia dal 2009 al 2014, ovviamente con il Pd. Si occupa, fino alla fine del mandato di Orlando, di «attività del Terzo Settore e dell’impresa sociale» per 40 mila euro. Ma di ex politici lo staff è pieno. C’è infatti Alessandro Mazzoli, ex presidente della Provincia di Viterbo e parlamentare Pd nella scorsa legislatura, oggi collaboratore del ministro a 50 mila euro annui. E poi ancora: Andrea Martella, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Editoria col governo Conte 2 e ora «collaboratore tra l’altro nelle attività inerenti alla cura dei rapporti con il Parlamento, al monitoraggio e all’analisi del Programma di Governo» (72 mila euro annui di compenso). Nel frattempo è stato anche candidato ed eletto, così come Michele Fina, segretario del Pd in Abruzzo, che per 60mila si occupa di «green jobs» e «transizione ecologica».
A concludere il cerchio magico orlandiano, Pietro Galeone, responsabile Lavoro dei Giovani democratici, l’organizzazione giovanile dei dem, e assunto per «supportare il vertice politico nella definizione di iniziative volte a ridurre le disuguaglianze» (anche lui 72 mila euro). Non che il caso sia isolato. Alla Difesa Lorenzo Guerini ha chiamato Giulio Calvisi, ex parlamentare Pd, a occuparsi per 45 mila euro di «valorizzazione e gestione economica degli immobili della Difesa». Discorso simile per Roberto Speranza: al ministero della Salute ha avvertito l’esigenza di avere un esperto «per le questioni relative all’etica e alla bioetica». La persona scelta? Alfredo D’Attorre, ex parlamentare pure lui dal 2013 al 2018, vicinissimo a Pier Luigi Bersani. E quindi a Speranza. Nessuna sorpresa, però. A capo della segreteria del ministro uscente c’è Massimo Paolucci, già europarlamentare dalemiano doc, che nel 2019 aveva provato (senza successo) pure a ricandidarsi a Bruxelles.
E non si pensi che la galassia pentastellata sia avulsa da questi «ritorni di fiamma». Tutt’altro. Prendiamo Michele Dell’Orco. Deputato dal 2013 al 2018 e poi bocciato alle elezioni, era entrato nel governo Conte 1 nel dicastero di Danilo Toninelli. Dopo un anno ai box, un nuovo contratto per lui da un altro compagno di partito: Carlo Sibilia, sottosegretario all’Interno, che gli ha affidato un contratto da 32 mila euro. Non solo. Fin quando, col Conte 1, Vito Crimi era sottosegretario alla presidenza del Consiglio, anche un altro ex era rientrato: parliamo di Bruno Marton, senatore nella scorsa legislatura e fresco di rielezione. Chissà se ora che Crimi è fuori dal Parlamento, ricambierà il gesto.
A proposito dei Cinque stelle, però, non si può non menzionare il suo più noto «ex», Luigi Di Maio. Su tutti spicca il caso di Paola Pisano, ministra dell’Innovazione tecnologica e della digitalizzazione fino al febbraio 2021, all’epoca fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle. Per Pisano si era materializzato il ritorno tra i banchi dell’Università di Torino, dov’è titolare di una cattedra. La lontananza dai palazzi è durata meno di cinque mesi. Di Maio l’ha portata alla Farnesina con un contratto di collaborazione per una retribuzione di 50 mila in totale. Non è però l’unica.
Nello staff troviamo anche chi ha lavorato al Campidoglio con Virginia Raggi, Teodoro Fulgione, ed ex compagni di classe ai tempi di Pomigliano addirittura, come Dario De Falco. Per lui alla Farnesina un posto da 80 mila euro annui fino alla fine del mandato governativo con l’incarico di «consigliere del Ministro per le relazioni esterne in ambito nazionale». Altro compagno liceale è Carmine America, ex consulente sempre di Di Maio prima al ministero dello Sviluppo economico, dunque agli Esteri, infine nel cda di Leonardo. Dagli amici ai figli di amici, poi, il passo è breve.
A dare il «buon» esempio, però, sono state anche le varie strutture che fanno capo direttamente a Palazzo Chigi. Anche nell’ultimo periodo i sottosegretari alla presidenza del Consiglio non si sono risparmiati in fatto di collaborazioni. È il caso, ad esempio, di Ileana Cathia Piazzoni: deputata dem di rito renziano nella scorsa legislatura (2013-2018), dopo essersi candidata senza successo alle politiche del 2018, nel settembre scorso ha deciso di traslocare sotto le insegne di Italia Viva. E finora ha lavorato come «esperta» (50 mila euro annui) per la ministra per le Pari opportunità, Elena Bonetti.
Contratto da «esperto» (45 mila euro) anche per Nicolae Galea, compagno di Alessio De Giorgi, storico responsabile social di Renzi. Non da meno la ministra per gli Affari regionali Maria Stella Gelmini che ha posto attenzione al passato politico di alcuni dei suoi collaboratori: a capo della sua segreteria tecnica c’è Massimo Parisi, ex parlamentare di Forza Italia, poi di Ala e storico braccio destro di Denis Verdini in Toscana. La leghista Erika Stefani, invece, ha assegnato una piccola consulenza al giornalista Davide Cordua, fino a poco tempo fa in forza al gruppo parlamentare della Lega e addetto stampa pure della Regione Trentino-Alto Adige, guidata dal leghista Maurizio Fugatti.
E Draghi? Ha ovviamente pescato dal campo che più conosce, quello economico, delegando molto al fido Francesco Giavazzi, convocato a Palazzo Chigi come esperto. Nonostante abbia operato a titolo gratuito, all’editorialista-economista mancherà il potere acquisito sui vari dossier. Così come mancherà al super capo di gabinetto, Antonio Funiciello, che invece dovrà fare a meno dei 200 mila euro di retribuzione annue garantite dalle varie voci.
