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Ricicloni a 5 stelle

Ricicloni a 5 stelle

Facevano la guerra ai privilegi della politica, oggi, con acrobatiche manovre (e invidiabile faccia di bronzo), gli ex «indignati» dei 5 Stelle si procurano poltroncine di potere, sontuosi contratti, nomine strategiche. Non sono gli unici, però. Perché, per tutti, «uno scranno è per sempre».


Sono stati sbeffeggiati sui giornali, derisi in aula, rimossi nelle urne. Nessuno, nella rocambolesca storia pàtria, è stato però tanto abile. «Dimaiani»: il neologismo, segnalato perfino dalla Treccani, non è certo scoppiettante. Ma i residuati del grillismo, gli sbaragliati scissionisti, meritano comunque applausi scroscianti. Sono ormai creature mitologiche: deretano prensile e faccione di bronzo. Pensavate di esservene liberati, certo. E d’altronde: come dimenticare le contumelie rivolte agli ex colleghi, «abbarbicati come cozze ai loro privilegi»?

Invece, rieccoli. Inscalfibili, vigorosi, spavaldi. Mitili incollati ai levigati scogli. Casta per sempre. Prendi il profeta di Pomigliano d’Arco: Luigi Di Maio, già leader di Impegno civico: «Può arrivare al 6 per cento» vaticinava. S’è dovuto accontentare: 0,6. Bye bye, adorato Montecitorio. Ma dopo mesi di indiscrezioni e depistaggi, l’ex ministro degli Esteri è stato ricompensato dall’Unione europea per i servigi svolti con un incarico strepitoso: inviato speciale nel Golfo Persico. Stipendio eccellente: 12 mila euro netti mensili. Certo, Giggino d’Arabia con l’inglese fatica. L’unico Golfo che domina è quello di Napoli. Ma ha comunque deciso, con stoicismo, di personificare il più alto approdo dei riciclati.

Battutina consunta, ma inevitabile: come promesso ai tempi gloriosi, ha abolito la povertà. La sua. E quella dei vecchi sodali. Come l’ex fedelissimo Manlio Di Stefano, fu sottosegretario agli Esteri. Durante il suo mandato, aveva deleghe a «spazio e aerospazio». Come poteva allora lo strategico comparto privarsi delle sue fotoniche abilità? Di Stefano ha dunque ottenuto un sontuoso contratto con Axiom Space. Curiosamente, lo stesso colosso americano che s’era scapicollato a visitare un anno fa, durante una missione ministeriale negli Stati Uniti. Una megaconsulenza che, calcola La Verità, gli avrebbe già fatto incassare 85 mila euro. E sarebbe in contrasto con la legge Frattini sul conflitto d’interesse.

Quanti invidiosetti. E che pedanteria. Come noto, uno scranno è per sempre. Così, ha messo a frutto le competenze acquisite pure Angelo Tofalo, ex sottosegretario della Difesa. Ha fondato una società di intelligence e cybersicurezza. Ed è stato nominato nel comitato consultivo del Cesma, organismo tecnico-scientifico dell’Aeronautica. Del resto, con i vertici del centro studi c’è antica e salda autostima. Cominciata, vedi il caso, mentre Tofalo era al governo. Un altro che non s’è perso d’animo è il giornalista Emilio Carelli, anche lui travolto dalla disfatta di Impegno civico. Lo scorso febbraio è stato chiamato a dirigere la comunicazione dell’ateneo telematico Uninettuno, nonché direttore del master in giornalismo.

Buon sangue non mente, comunque. Pure gli ex compagni di partito dei dimaiani, i grillini falcidiati dalla tagliola del secondo mandato, puntano dritto all’immarcescibile. Li immaginavate smarriti, dopo l’addio al parlamento? Anche loro, invece, hanno ribaltato ogni nefasto pronostico. Ricordate Paoletta Taverna? Un’ignota segretaria di un poliambulatorio diventata sciantosa vicepresidente del Senato. Da «io nun so’ un politico» a «lei non sa chi sono io». Appena eletta, berciava: «La casta difende i privilegi!». Ha concluso la seconda legislatura in tailleur e auto blu. L’evoluzione di Paoletta andava ricompensata. Adesso è il faro nella notte penstastellata. L’indispensabile consulente dei gruppi parlamentari. L’importo del contratto di collaborazione è adeguato: 70 mila euro l’anno. Moltiplicato per un lustro, teorica durata della legislatura, fanno 350 mila euro.

Stesso trattamento riservato a un’altra leggenda vivente: Vito «Orsacchiotto» Crimi, ex senatore e reggente del Movimento. Ululava: «La casta vuole tenersi il malloppo dei vitalizi. Noi non molleremo!». Non ha mollato nemmeno lui. Piuttosto che riprendere il vecchio lavoro, cancelliere in Corte d’appello a Brescia, ha ottenuto un’altra fulgida consulenza da 70 mila euro. La vecchia e folta compagine governativa si sgolava contro le bramosie del potere. Eppure, s’è riciclata con destrezza. Vedi Alfonso Bonafede, rivedibile ministro della Giustizia, nonché scopritore di Giuseppe Conte, l’ex premier diventato leader pentastellato. Vittima del doppio mandato, ha prima ripreso le redini del suo avviato studio legale. Non poteva bastare. Da mesi, Giuseppi cerca di farlo diventare membro laico del Csm, dov’è invece finito un altro indimenticabile, stavolta ultrarenziano: Ernesto Carbone, ovvero «mister Ciaone», dall’irrisione vergata su Twitter dopo la vittoria nel referendum anti trivelle.

Torniamo però alle sorti di «Fofò Dj», suo sempreverde soprannome: alla fine è stato nominato nel Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Apprezzabile particolare: il robusto compenso può beatamente cumularsi agli altri redditi professionali. Dunque con le parcelle staccate da avvocato, non certo penalizzate dall’incarico ministeriale. Prima Bonafede spalleggiava gli squattrinati No Tav, adesso ha aperto la terza sede dello studio nella brulicante Milano. L’ex sottosegretario alla presidenza, Riccardo Fraccaro, era un altro fedelissimo di Conte. S’è lanciato in una promettente carriera imprenditoriale. Pure lui, in perfetta continuità con la defunta carriera politica. Già esperto di superbonus ed efficientamenti, è diventato socio al 20 per cento di Clust energy. Identica quota è nelle mani del suo ex segretario particolare: Daniele Della Bona. La maggioranza delle azioni, il 60 per cento, è invece detenuta da Clustervibe. La società, che ha sede in Estonia, ha brevettato molecole di origine vegetale «destinate a rivoluzionare il trattamento delle emissioni delle caldaie domestiche». Insomma, ristrutturazioni e affini.

Il fu ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, è invece stato assoldato da uno dei più dinamici e liquidi imprenditori del Nordest: Enrico Marchi, presidente di Banca Finint e di Save, che controlla gli aeroporti di Venezia, Treviso, Verona e Brescia. Il bellunese D’Incà si occupa ora di potenziare la comunicazione. Nomina strategica: il gruppo è in lizza per comprare i quotidiani nordestini del gruppo Gedi. Al contrario, il nostalgico Danilo Toninelli, notevole ex ministro dei Trasporti, prosegue la lotta contro i poteri forti. Formalmente, è un oscuro assicuratore. Solo una copertura: in realtà, è uno scintillante youtuber. Nella sua arrembante rubrica, Controinformazione, si vendica dei dileggi subiti, riassunti nell’inglorioso soprannome «Tontinelli», mettendo alla berlina i nuovi potenti. Bersaglio preferito: i trasformisti cambiacasacca. La metà dei vecchi colleghi, praticamente.

Gli highlander, però, non sono soltanto ex grillini. Già senatore, sottosegretario e presidente del Psi, Riccardo Nencini non è stato ricandidato dal Pd alle ultime elezioni. «Non starò a guardare» avvertiva. Uomo di parola. Il sindaco di Firenze, il dem Dario Nardella, l’ha nominato presidente del Gabinetto Vieusseux, prestigiosa istituzione culturale con indimenticabile sede a Palazzo Strozzi. Spostandosi in periferia, Enrico Rossi, ex governatore toscano sconfitto alle ultime politiche, s’accontenta di fare l’assessore allo Sviluppo economico a Signa, nell’hinterland fiorentino. Anche il giornalismo accoglie prodigo gli inconsolabili. In tv imperversa una folta e trasversale pattuglia di ex parlamentari: dal piddino Andrea Romano, professore di Storia contemporanea a Tor Vergata, al collega Emanuele Fiano, tornato all’architettura. Ospite inamovibile è ormai Tommaso Cerno: già promettente direttore dell’Espresso e polemico senatore dem. Ha pure fondato un nuovo quotidiano, L’Identità. E tra i battaglieri giornali concorrenti, si fa sotto Il Riformista. La guida editoriale è affidata a Matteo Renzi, leader della malconcia Italia Viva. Direttore responsabile è invece un giornalista non ricandidato: il forzista Andrea Ruggieri.

Tornando agli incarichi pubblici: in quota azzurro sbiadito, l’ex ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta è stato chiamato alla guida del Cnel. Mentre altri berlusconiani, tra le quali le ex senatrici Fiammetta Modena e Maria Alessandra Gallone, sono consulenti del governo. Con tutto il rispetto per i palazzi romani, il paradiso dei ricicloni resta però sempre la leggendaria Assemblea regionale siciliana. L’ultima infornata di consulenti esterni s’è rivelata più croccante del solito. Settantadue vecchie glorie sono state chiamate a infoltire i già pletorici uffici del parlamentino isolano: ex deputati, assessori, sindaci, candidati, dirigenti di partito. Anche stavolta, l’Ars non ha lasciato indietro nessuno. Deliziosa come sempre, resta l’unica e inimitabile casta con le sarde.

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