Colpito dal caro carburante e da costi insostenibili per le imprese più piccole, il settore che garantisce al Paese l’approvvigionamento di merci vive una crisi diffusa. Gli aiuti promessi dal governo risultano inadeguati. E le proteste scoppiate in Sardegna potrebbero allargarsi all’intero Paese.
La tregua firmata con la viceministra ai Trasporti e infrastrutture, la renziana Teresa Bellanova, dopo giorni di proteste a metà marzo con la Sardegna bloccata per 120 ore rischia di saltare. E l’Italia di finire sotto un tir… A rompere il fronte potrebbe essere un casus belli apparentemente minore, ma che mina il rapporto tra le piccole imprese e le associazioni con cui il governo ha condotto la trattativa. Il 15 marzo Unatras nel giro di sei ore è passata dal «no» al «sì» al protocollo Bellanova, che l’esecutivo ha poi recepito il 18 marzo.
Ebbene, quella «conversione a U» di Unatras aveva lasciato sconcertati molti autotrasportatori e soprattutto riacceso la protesta in Sardegna. A dieci giorni da quella vicenda Paolo Uggè – già sottosegretario ai Trasporti nel secondo e terzo governo presieduto da Silvio Berlusconi – presidente di Conftrasporto si è accomodato sulla poltrona di consigliere del Cnel in rappresentanza di Confcommercio.
Il Cnel doveva essere sciolto da tempo immemore, ma avendo rango costituzionale ha resistito. Un consigliere rimane in carica un quinquennio, ha un emolumento di 25.633 euro l’anno (più i rimborsi spese, alcuni hanno superato i 37.000 euro); e ai trasportatori che in pochi mesi hanno accumulato montagne di debiti causa caro carburante la cosa non va giù. «Non è la migliore delle condizioni per trasformare la protesta in proposta» dice Maurizio Longo, segretario di TrasportoUnito in rappresentanza di 2.500 aziende «Le tensioni restano alte. Dobbiamo sorvegliare tre elementi dell’accordo col governo: la parte normativa, i 500 milioni promessi per compensare i danni economici che abbiamo subito mentre in Spagna hanno già dato un miliardo, e la mitigazione del caro carburate».
I Tir sostengono che le accise ridotte per solo un mese non sono un segno di ripresa dell’autotrasporto che sta vivendo la sua crisi peggiore. L’elemento di maggiore preoccupazione è che i 500 milioni di euro del fondo speciale vanno solo alle aziende che hanno flotte di camion euro 5 ed euro 6: cioè la maggiori. Significa tagliare fuori l’80% dei mezzi pesanti che circolano in Italia. Su 4 milioni di camion che trasportano ogni anno quasi un miliardo di tonnellate di merci solo il 31% è stato immatricolato dopo il 2010 e appena l’11% dopo il 2018.
Sostiene Longo: «L’esecutivo dovrebbe agevolare il rinnovamento del parco circolante con incentivi sui mutui, con contributi; siamo stati massacrati dal caro carburante e da una normativa che ci penalizza, per non parlare della concorrenza sleale che ci fanno gli stranieri. Un dato ha del clamoroso: mentre noi dovevamo avere il green pass ed essere vaccinati – con molti autisti che per questo sono rimasti a piedi – chi arrivava dall’estero circolava senza vincoli».
Pippo Richichi, autotrasportatore leader delle imprese siciliane, sostiene che né governo né associazioni conoscono davvero il settore. «Al di là dello sgravio sulle accise che si traduce in un beneficio di neppure 100 euro a viaggio, non si affronta alcun nodo strutturale. Al Sud, dove tra l’altro l’incidenza di camion vecchi è altissima, siamo ormai “contoterzisti” delle imprese del Nord che non hanno più neppure i Tir; appaltano il viaggio e poi lo girano a noi che non sappiamo nulla del cliente. Un trasporto ortaggi da Palermo a Milano lo fatturano a 2.600/2.800 euro, a noi ne danno 1.400 con un pieno di gasolio che fino a una settimana fa ci costava 1.200 euro. In più, c’è il problema dei passaggi in traghetto; essendoci di fatto un monopolio, la tariffa non è uguale per tutti. Con molti camion e buona frequenza paghi 400 euro, se hai un camion solo 700 euro».
In Italia l’80% delle merci dal Sud al Nord viaggia su gomma. Il fatturato complessivo dell’autotrasporto – 160 miliardi di euro considerando tutta la logistica – ha subìto peraltro un tracollo. Secondo Confartigianato, nel 2020 si sono persi quasi 29 miliardi di euro pari al 17,5 per cento, l’anno dopo se ne sono recuperati circa la metà, ma quest’anno col caro gasolio i costi sono triplicati. «Perciò non siamo soddisfatti» sostiene ancora Longo. «Vogliamo i contratti con l’adeguamento automatico delle tariffe ai costi del carburante e ai costi indeducibili. Vedremo come va».
Il fronte del porto – quello dei camionisti sardi – è comunque attivo. Lo ha promesso smobilitando il blocco a Cagliari Daniele Fanni del movimento Tir Sardegna: «Invece di ascoltarci ci hanno mandato i reparti antisommossa. Abbiamo evitato lo scontro, ma abbiamo riunito un popolo». E al primo pieno che tracima dalle tariffe sostenibili il popolo dei Tir è pronto a portare l’Italia fuoristrada.