Con la vittoria del reverendo Raphael Warnock e il probabile successo di Jon Ossoff, la partita in Georgia sembra essere chiusa. E la Camera alta si appresta a essere controllata dal partito dell’asinello.
I democratici si apprestano a conquistare il Senato degli Stati Uniti. Vincendo il primo ballottaggio in Georgia, il reverendo dem Raphael Warnock ha battuto la senatrice uscente Kelly Loeffler. Ancora potenzialmente aperta invece l’altra partita, quella che vede duellare il senatore repubblicano uscente, David Perdue, con il democratico Jon Ossoff. Tuttavia il candidato democratico ha già rivendicato la vittoria su Twitter con il 50,2%, contro il 49,8 del rivale Perdue.
La situazione generale sembra quindi mettersi male per i repubblicani, dal momento che – qualora dovesse riuscire a vincere entrambe le battaglie – l’asinello conquisterebbe di fatto la maggioranza in Senato. Ciononostante il too close to call nella sfida tra Perdue e Ossoff lascia aperta la partita, con una camera alta che – almeno al momento – resta in bilico. D’altronde, visto il risultato (parziale) così risicato, non è escluso che – come già accaduto per le elezioni presidenziali – possano verificarsi polemiche e ricorsi. In tal senso, potrebbero rivelarsi dirimenti le prossime ore. Va tra l’altro ricordato che, al primo turno, la Loeffler avesse già perso contro Warnock, laddove Perdue era invece riuscito a prevalere su Ossof.
Più in generale, la mappa elettorale che emerge da questi due ballottaggi è tutto sommato abbastanza simile a quella con cui Joe Biden, lo scorso 3 novembre, ha espugnato – per quanto d’un soffio – la Georgia. I democratici hanno confermato le proprie roccaforti nelle aree suburbane dei grandi centri cittadini (a partire da Atlanta), mentre i repubblicani continuano a dominare nelle aree rurali e nei centri più piccoli.
In particolare, secondo gli exit poll di Cbs News, Warnock avrebbe goduto di un forte appoggio da parte di giovani e afroamericani, facendo meglio dello stesso Biden lo scorso novembre: l’allora candidato presidenziale aveva conquistato l’88% del voto afroamericano in loco, mentre Warnock sembrerebbe al 92%.
Ricordiamo che la Georgia non esprimeva un senatore democratico dal 2005: segno di come gli equilibri elettorali nello Stato stiano mutando (per quanto l’area risulti fondamentalmente spaccata in due). Warnock si avvia ad essere il primo senatore afroamericano del cosiddetto Peach State: essendo tuttavia stato eletto nel corso di una elezione speciale (dettata dalle dimissioni anticipate dell’ormai ex senatore della Georgia, Johnny Isakson, nel 2019), dovrà cercare eventualmente la riconferma già nel 2022 (alla scadenza, cioè, di quelli che teoricamente avrebbero dovuti essere i sei anni naturali del mandato di Isakson).
In tutto questo, non dobbiamo neppure trascurare che i due candidati dem abbiano potuto usufruire di una rilevante potenza di fuoco in termini finanziari. Secondo quanto riferito due settimane fa da Cnn, Warnock e Ossoff hanno raccolto più di 100 milioni di dollari ciascuno, laddove i due avversari repubblicani si sono fermati a poco più di 60 milioni. In particolare, il sito Open Secrets ha segnalato come, tra i danarosi finanziatori di Ossoff, figurino potenti società del web (come Google, Facebook, Microsoft e Amazon).
Segno di come i grandi potentati economici e finanziari si stiano sempre più schierando con il Partito democratico: un partito tuttavia che, nonostante una tale forza, fatica comunque a vincere e che – quando prevale – lo fa sul filo del rasoio. Basta guardare agli attuali ballottaggi in Georgia, alle ultime presidenziali e al fatto che, lo scorso 3 novembre, l’asinello abbia perso svariati seggi alla Camera dei Rappresentanti.
Non conoscendo ancora l’esito ufficiale del duello tra Perdue e Ossoff, è difficile prevedere l’impatto politico di questi ballottaggi. Nel caso in cui il senatore uscente dovesse essere sconfitto e la Camera alta passasse sotto il (risicatissimo) controllo dem, il principale sconfitto rischierebbe di rivelarsi il capogruppo repubblicano al Senato, Mitch McConnell: il principale rivale di Donald Trump all’interno dell’elefantino.
Un Senato dem indebolirebbe politicamente McConnell, ridimensionando i suoi due obiettivi: contendere di fatto al presidente uscente la leadership del partito e collaborare con la nascente amministrazione Biden. Al contempo, un Senato blu aumenterebbe prevedibilmente il potere contrattuale della sinistra democratica proprio in seno all’amministrazione Biden, rendendo il presidente entrante sempre più ostaggio delle frange radicali. Uno scenario che a Trump potrebbe non dispiacere affatto.
