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Cento miliardi: il conto del coronavirus per le famiglie

Cento miliardi: il conto del coronavirus per le famiglie

  • Effetto Covid sui lavoratori
  • Lo spettro della patrimoniale

Una mazzata appena attutita dai 43 miliardi di aiuti erogati dallo Stato e dal blocco di 13 miliardi delle imposte. Ma la perdita di potere d’acquisto non è stata uguale per tutti. Con un’Italia sempre più divisa tra lavoratori di settori necessari e altri costretti
a chiudere nuovamente i battenti delle loro attività causa la seconda ondata della pandemia. Per non parlare di chi viveva
di affitti.


La falce del Covid-19 non ha mietuto solo vittime, ha anche tagliato pesantemente le entrate di milioni di famiglie. Ma di quanto, esattamente? Si può stimare che a causa della crisi scatenata dalla pandemia i redditi annui degli italiani abbiano subìto una sforbiciata di quasi 100 miliardi di euro, 97 miliardi per l’esattezza. Una mazzata attenuata solo in parte dai 43 miliardi di aiuti sborsati dallo Stato e dal blocco di 13 miliardi di imposte.
Al netto di questi interventi, le entrate annue dei lavoratori si sono ridotte di 41 miliardi, pari più o meno a 1.600 euro per famiglia. Il calcolo è stato fatto per la Confesercenti dal centro di ricerche Cer. Come precisa il suo direttore Stefano Fantacone, nell’anno in cui molte attività economiche hanno subìto un lockdown totale tra marzo e aprile, la perdita di reddito dei lavoratori dipendenti (senza considerare gli aiuti pubblici) si attesterebbe sui 57 miliardi mentre quella degli autonomi intorno ai 40.
Il quadro delineato dal Cer viene confermato dalle ultime indagini dell’Istat. Secondo l’Istituto di statistica nel secondo trimestre dell’anno il reddito disponibile delle famiglie consumatrici era diminuito del 5,8% rispetto al trimestre precedente e di conseguenza il loro potere d’acquisto era calato del 5,6%. Ma questi dati non tengono ancora conto delle chiusure imposte ai primi di novembre all’intero Paese e in modo più incisivo alle regioni più colpite dal contagio.
Considerando che si tratta di un lockdown meno rigido di quello vissuto in primavera, è probabile che saranno i lavoratori autonomi e a tempo determinato che operano nel commercio, nella ristorazione e nel turismo, come i camerieri e i commessi, a vedere i loro redditi diminuire ulteriormente.


Del resto, come il pollo di Trilussa, le stime sulla caduta dei redditi si riferiscono all’intera popolazione dei lavoratori e delle famiglie. Sono medie nazionali che non raccontano dove la falce del Covid-19 ha tagliato di più e dove invece non ha colpito affatto. In effetti, vista con la lente dei redditi, l’Italia appare divisa in due: da una parte c’è una cittadella ben fortificata dove vivono i lavoratori del settore pubblico, i pensionati, i dipendenti delle aziende che non hanno subito grossi scossoni (per esempio quelle dell’alimentare, della logistica o del packaging). In questa cittadella i redditi non sono calati e i risparmi sono aumentati, visto che si va meno al ristorante e in vacanza.

Fuori dalle mura di questa fortunata comunità c’è una moltitudine di persone impoverite per colpa della pandemia: dipendenti finiti in cassa integrazione (quelli impiegati nelle aziende costrette a chiudere o a ridurre temporaneamente l’attività), commercianti, ristoratori, lavoratori del turismo e dello spettacolo, braccianti agricoli, tutti con entrate in netto calo, ben più del 5,8% indicato dalle medie Istat.

L’Inps ha reso noto che il Covid e l’utilizzo massiccio della cassa integrazione hanno significato per i lavoratori dipendenti una perdita media di 300 euro al mese sulla busta paga nel bimestre marzo-aprile (il 22,5%) e una riduzione di 220 euro al mese (il 17 %) nel bimestre maggio-giugno. La Confesercenti ricorda che nel primo semestre di quest’anno chi lavora nel settore del commercio ha visto i propri redditi crollare del 15% e chi si occupa di spettacolo dell’11%.

La Fondazione Studi – Consulenti del lavoro ha tracciato un quadro delle categorie più penalizzate dalla crisi economica dal quale emerge che per il 35,8% dei professionisti il calo delle entrate è stato superiore al 50%. Complessivamente, si stima che circa il 31% dei lavoratori dipendenti e il 35% dei lavoratori autonomi siano impiegati in settori le cui attività sono state sospese dal governo in primavera. Ora potrebbero rischiare di restare a casa nuovamente con i lockdown duri.

Non a caso il governo ha previsto, oltre alla cassa integrazione Covid, una serie di aiuti in favore di alcune categorie più a rischio come i professionisti e i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, gli stagionali del turismo, i lavoratori del settore agricolo e dello spettacolo. All’Inps, l’ente che ha riversato una trentina di miliardi di aiuti alle famiglie italiane, sono arrivate quasi cinque milioni di domande da queste categorie.

Ma nonostante gli interventi, il bilancio delle famiglie segna rosso. Nel suo rapporto annuale sui salari in Italia, la società Odm Consulting di Gi Group, specializzata in consulenza sulle politiche retributive, ha rilevato, per effetto del massiccio ricorso alla cassa integrazione, «una brusca frenata della crescita delle retribuzioni per tutti gli inquadramenti dopo un trend positivo di cinque anni».

In particolare, la Odm ha registrato nel primo semestre una riduzione della retribuzione netta mensile dei quadri dell’11,1%, corrispondente a circa 350 euro in meno, mentre nel caso degli impiegati la diminuzione è del 6,3%, corrispondente a poco più di 100 euro. Infine, per gli operai il taglio è del 5,6%, pari a circa 80 euro in meno. «In generale assistiamo a un congelamento delle politiche retributive da parte delle aziende» dice Miriam Quarti, senior consultant e responsabile dell’area Reward&Engagement di Odm Consulting. Per quanto riguarda il 2021, la Odm vede molta prudenza nelle società nel programmare eventuali aumenti di stipendio.

Con un effetto-domino, la crisi del Covid ha colpito anche chi arrotonda il proprio reddito affittando un immobile di proprietà: in moltissimi casi il proprietario ha dovuto concedere una riduzione del canone all’inquilino, che a sua volta ha lamentato un calo delle entrate. Il sito Mutuionline.it sottolinea che «nel primo semestre i canoni di locazione sono scesi dello 0,2% sui monolocali e dello 0,9% per i bilocali e i trilocali.

L’effetto della pandemia si è fatto sentire su questo segmento di mercato che dal 2015 non conosceva crisi. Il boom degli affitti turistici, infatti, aveva determinato negli ultimi anni una contrazione dell’offerta residenziale e, di riflesso, la crescita dei canoni è stata speculare fino a inizio 2020. Il diffondersi del Covid ha interrotto la loro ascesa, messo in stand by il turismo, mandato in smart working i lavoratori e costretto le università alla didattica a distanza. Tutto questo ha fatto contrarre la domanda di immobili in affitto contro un aumento dell’offerta».

Se quella descritta è la situazione dei redditi degli italiani fino a oggi, che cosa succederà nei prossimi mesi? Con i nuovi lockdown la cifra di 100 miliardi in meno sulle entrate si appesantirà. Ma sui conti delle famiglie incombono altre minacce. Quando la fase di emergenza sarà finita lo Stato dovrà rimettere in ordine il proprio bilancio. Dovrà recuperare parte di quei 13 miliardi di imposte sospese a causa del Covid. Dovrà ridurre il deficit pubblico per fermare la corsa del debito. E il governo dovrà anche mantenere la promessa di alleggerire la pressione fiscale sulla classe media e medio-bassa.

Come farà a ottenere questi risultati con un’economia spossata dalla crisi economica? Tassando di più i ricchi, aumentando le tasse di successione e colpendo di più i patrimoni, probabilmente. E magari limando il reddito di cittadinanza.

C’è un prezzo da pagare all’Europa

Cento miliardi: il conto del coronavirus per le famiglie
Giuseppe Conte con Ursula von der Leyen a Bruxelles il 17 luglio 2020 (Ansa).

Fa cilecca la potenza di fuoco europea – il Recovery fund se va bene arriverà nella seconda metà del prossimo anno e l’anticipo sarà il 6%: 13 miliardi – così il risparmio degli italiani torna a essere un potenziale bersaglio. Una stima credibile dice che il nuovo Dpcm impatterà per non meno di 60 miliardi di contrazione dell’economia: 3,5 punti di Pil che svaniscono.

Se il ministro della Salute Roberto Speranza ci lascia senza certezze perché definisce «terrificante» la situazione dei contagi, quello dell’Economia Roberto Gualtieri sparge ottimismo, sostiene che la Legge di bilancio non va cambiata e che chi parla di patrimoniale fa terrorismo. Sicuro? Cominceremo a misurare proprio dall’11 novembre se arrivano i soldi del decreto Ristoro uno.

Il bis annunciato è un buffetto da 1,5 miliardi. Tanto per avere una proporzione: il solo blocco a Milano significa in un mese perdere 1,7 miliardi di fatturato! Il Ristoro uno arriverà giusto in tempo per bar, ristoranti, palestre, per pagare il 16 Iva trimestrale, contributi e Irpef. Perché le tasse non si sospendono. Il governo ha disperato bisogno di fare cassa, così con una mano dà (forse) e con l’altra riprende.

Si fa sempre più strada l’idea che per reggere il nuovo, confuso Dpcm servirà un altro scostamento di bilancio, si sussurra, di almeno 20 miliardi di euro. Il problema adesso è dove e come trovarli visto che da Bruxelles nonostante le promesse di Ursula von der Leyen – alla testa della Commissione – per ora non è arrivato un euro salvo l’anticipo sul fondo Sure per la cassa integrazione che, prorogata fino a fine marzo, costa altri 4 miliardi che si aggiungono ai 22 già spesi sotto varie forme finora nonostante ci siano ancora 300.000 lavoratori che da marzo non hanno visto un soldo.

Un sussurro è venuto dal Quirinale. Il presidente della Repubblica, in occasione della giornata mondiale del risparmio, l’ha buttata lì. Sergio Mattarella ha scritto: «Il risparmio, tradizionale patrimonio del nostro Paese – la cui tutela è sancita dalla Costituzione – può concorrere alla ripartenza».

Sa Mattarella, come sa anche Gualtieri, che i risparmi sono per ora l’unico vaccino che gli italiani hanno contro il virus cinese: hanno in banca circa 1.700 miliardi (un anno di Pil) con un aumento dell’8% dei depositi pari a oltre 125 miliardi in un anno. Quel risparmio è variamente tassato, ma allo Stato non basta. Ci sono due possibili strade per aggredirlo. O fare come Giuliano Amato nel 1992 che nottetempo – anche questo governo lavora molto di notte – prelevò dai conti correnti, oppure fare un’emissione di Btp secolari destinati agli italiani: si prelevano soldi in cambio d’interessi.

A parole però la patrimoniale nessuno la vuole. In verità da Bruxelles Paolo Gentiloni, il commissario all’Economia, ex presidente del Consiglio, una colonna del Pd, fa sapere che l’Europa gradirebbe il ritorno dell’Imu sulla prima casa. Lo chiedono i Paesi cosiddetti frugali che di fatto stanno bloccando il Recovery fund, quello su cui Gualtieri ha fondato una manovra di bilancio forse da buttare.

Sul Recovery infuria una battaglia poderosa tra Parlamento, Consiglio e Commissione europei. I parlamentari vorrebbero un incremento della quota dedicata ai progetti green (portandola al 40 per cento), un raddoppio degli anticipi (per l’Italia sarebbero 40 miliardi) e condizionalità sul rispetto dei diritti, ma non controlli sui conti.

Nonostante il presidente del Parlamento Ue David Sassoli abbia predicato che servono più soldi per la Fase 2 la von der Leyen non promette se non genericamente uno sforzo da 700 miliardi. Tace, e questo preoccupa, Angela Merkel, che ha ora la presidenza europea. La cancelliera è molto concentrata sull’economia tedesca e in Europa, visto che il contagio dilaga, è cominciata una guerra tra infetti.

La Germania vuole più garanzie dall’Italia – ecco il velato richiamo alla patrimoniale – anche per tacitare i cosiddetti Paesi frugali, di cui si è fatto interprete il severissimo controllore dei conti il vicepresidente Valdis Dombrovskis che ha inviato, controfirmata da Gentiloni, una lettera agli Stati membri. Per l’Italia è una batosta annunciata. C’è scritto: per tutto il 2021 il patto di stabilità è sospeso, ma dovete già fare i conti come se ci fosse. Anche per questo gli spagnoli e i portoghesi sembrano intenzionati a non prendere i soldi del Recovery, anche per questo la Francia vuole limitare l’azione della Bce.

Per adesso Christine Lagarde – che alla testa della Bce ha a disposizione ancora 600 miliardi di euro – va avanti al ritmo di 70 miliardi al mese di acquisto titoli, ma il 10 dicembre il board della Banca dovrà decidere se lanciare un nuovo piano. Con tutta probabilità chiederà per prima all’Italia, che peraltro ha presentato per ultima e poco dettagliati i progetti per utilizzare il Recovery, di accettare tutti i prestiti europei compreso il Mes prima di accedere al nuovo programma di acquisto titoli.

Perché vogliono che l’Italia prenda il Mes? Perché non si fidano della possibile ripresa del Paese. Guardando i progetti presentati per accedere al Recovery l’Italia non ha inserito investimenti infrastrutturali – magari anche il ponte sullo stretto di Messina, il cablaggio della Penisola o altre infrastrutture – ma genericamente indicazioni di sostegno all’economia. In più l’Europa non ha fiducia della manovra di Gualtieri che – per esempio – sospende la plastic tax in Italia, mentre Bruxelles la vuole imporre per finanziare il suo nuovo bilancio.

La «guerra degli infetti» si combatte anche così. Il Mes consente alla Commissione di controllare i conti dei Paesi che lo chiedono (per questo non lo vuole nessuno) e in più la Bce se compra meno titoli italiani ha più fondi per sostenere Germania e Francia che hanno deciso programmi straordinari (la Merkel per 200 miliardi, Macron per la metà) di finanziamento del loro debito. In questo scenario l’economia italiana si avvia verso mesi difficili.

La stima del governo è che il Pil calerà a fine anno del 9%. Tutti gli indicatori dicono altro. Il nuovo Dpcm va a colpire con la Lombardia circa il 23% del Pil nazionale. Col Piemonte si sale al 30. Il blocco di un mese si porta via in tutto – considerando che il settore manifatturiero continua a lavorare – solo nelle quattro Regioni zona rossa circa 24 miliardi di Pil, a livello nazionale perderemo in un mese circa 60 miliardi.

Sappiamo che c’è stato un forte rimbalzo della crescita nel terzo trimestre (+16, 1%); ma su base annua questo significherebbe comunque un -8,2 a condizione che non ci fosse nessuna variazione da settembre in avanti. Ebbene la Francia che è stata nel terzo trimestre la migliore economia europea (+18,2%) scattato il nuovo lockdown ha corretto al ribasso il saldo atteso di fine anno dal -10 al -11. In Italia si fa, ma non si dice. È la tattica nella «guerra degli infetti».

Carlo Cambi

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