Lo strisciante neutralismo di Francia e Germania, che ha riflessi anche in Italia, fa del Regno Unito l’unico vero alleato Usa.
Articolo pubblicato il 4/10/2001
L’ attentato all’ America ha raggiunto il suo scopo principale: intimorire il più forte Paese del mondo minando alle fondamenta quel sentimento di invulnerabilità che sorregge il patriottismo del popolo americano. Più difficile da raggiungere il secondo obiettivo: porsi al centro della politica dei paesi dell’ Islam per dimostrare al mondo musulmano che non bisogna aver paura degli Stati Uniti: perché quello che non riuscì alla Germania nazista e al Giappone imperiale sarà possibile con una «guerra santa».
Una guerra che il mondo non ha mai visto, combattuta non solo con strumenti di morte eterodossi, ma anche con più sottili sistemi di destabilizzazione sociale ed economica. Siamo certi che le manovre al ribasso contro le borse di tutto il mondo non facciano parte di un’ unica strategia terroristica? Il terrorismo, che finora ha avuto connotati nazionali prima e transnazionali poi, è entrato in una più matura fase internazionale. Non combatte più contro una parte del mondo, ma contro il mondo intero.
Perciò non credo che in questo caso sia valida la regola che prevede la crisi definitiva di una centrale terroristica nel massimo momento del suo successo, per l’ impossibilità di tradurre in un’ azione politica il risultato militare. Perché questa è la prima operazione di un’ organizzazione terroristica estremamente sofisticata, la quale si deve pensare abbia forti strutture logistiche, personale specializzato, ottimi servizi informativi e molteplicità di basi. Non credo che Iraq e Siria non sappiano; è poi certamente l’Afghanistan il primo responsabile.
Che fare, allora, per battere il nuovo fronte del terrore? Una prima fase può prevedere misure di guerra tradizionale che servirebbero non a combattere il terrorismo ma a indebolirlo, non tanto con la speranza di colpire centrali o persone, quanto con lo scopo di dissuadere d’ ora innanzi gli stati a farsi complici, con svariate gradazioni, del nuovo terrorismo.
La seconda fase si deve invece basare sull’ intelligence, cioè su una guerra non convenzionale che preveda anche azioni clandestine, se del caso. Non c’ è da scandalizzarsi perché se domani un commando della Cia o dei Rangers trovasse Osama Bin Laden e in modo coperto lo uccidesse, sarebbe certamente da un punto di vista morale un’ azione giustificata quanto un’ azione di guerra.
L’ Europa è rimasta molto colpita dall’ appello alla guerra fatto dal presidente George W. Bush e ha cominciato, forse perché sa più degli Stati Uniti che cosa sia la guerra sul proprio territorio, a fare dei distinguo. Spicca invece l’ adesione, che credo sincera, della Russia di Vladimir Putin, la quale essendo una grande potenza può valutare meglio di medie potenze mondiali, come l’ Italia, la Francia e la stessa Germania, la vastità del pericolo. Potrebbe verificarsi un impensabile ribaltamento delle alleanze, sovrapposto a quelle tradizionali, che vedrebbe schierate insieme l’ America di Bush e la Russia di Putin. E insieme anche la Cina. Non credo sincera invece la condanna del terrorismo di Yasser Arafat: serve a prevenire reazioni da parte israeliana, piuttosto che americana.
Io credo che gli Stati Uniti poco possano contare sull’ Europa, salvo che sul Regno Unito e sulla fedeltà atlantica di Tony Blair, per lo strisciante neutralismo e antiamericanismo che accomuna Francia e Germania, in linea con il tradizionale antiatlantismo di socialisti e socialdemocratici come Lionel Jospin e Gerhard Schroeder, forte anche in Italia per i suoi riflessi di ispirazione veterocomunista, anarcoide e anche cattolico-utopista. Che cosa sarebbe successo se il presidente del Consiglio del governo di sinistra avesse continuato a essere l’ ex democristiano Romano Prodi invece del più realista e coraggioso ex comunista Massimo D’Alema?
Pensiamo solo (non ci voglio neanche pensare) a cosa accadrebbe se gli Stati Uniti ci chiedessero la disponibilità delle nostre basi e comunque il nostro spazio aereo, per portare attacchi all’ Afghanistan, all’ Iraq o alla Siria. La presenza in Italia del Vaticano, della sede centrale della Chiesa cattolica, cui non si può chiedere di essere contrario a ogni forma di reazione violenta, in una visione profetica ed escatologica della storia, porta una parte dell’ opinione pubblica a privilegiare in modo assoluto la pace e il perdono. A costo di mettere in crisi la stessa idea di civiltà occidentale. C’ è anche una Realpolitik del Vaticano che deve tenere conto che molti cristiani del Medio Oriente sono arabi, cittadini di stati guidati da governi dittatoriali, le cui Chiese particolari hanno bisogno di protezione. Ecco perché non sono ottimista. Ma nemmeno apocalittico.
(Testo raccolto da Pasquale Chessa).
