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Fondo Edifici di Culto (Fec), milioni e misteri

Fondo Edifici di Culto (Fec), milioni e misteri

Il governo Conte bis lo ha portato dai precedenti 9 ad oltre 20 milioni di euro. Ma sapere nel dettaglio come vengono spesi è molto complicato. Ed anche la Corte dei Conti vuole vederci chiaro.


In questi giorni dove si è tornato a parlare dei rapporti tra Chiesa e Stato sono veramente in pochi a conoscere il FEC (fondo edifici di Culto) un organo giuridico del Ministero dell’Interno che possiede oltre 839 edifici sacri, 3000 compendi e centinaia di fondi urbani. Un patrimonio di inestimabile valore ma di cui lo stesso Stato non conosce l’entità. Infatti dal 1985 data della sua istituzione non sono ancora state censite tutte le proprietà del FEC. Alcune rischiano addirittura di andare in usucapione mentre per altre da decenni in mano ai privati non è mai stata fatta richiesta di canone. Parliamo di centinaia di fondi rustici urbani e case rurali in tutta Italia che erano state affidate dalla chiesa e sono passate nel corso degli anni in eredità di padre in figlio.

Altri dubbi sul FEC riguardano invece la gestione dei fondi che risultava fino a qualche anno fa essere divisa in tre conti bancari.
Il fondo secondo quanto riportato nell’ultima relazione della Corte dei Conti ha un patrimonio che è stato ripartito all’inizio su dei conti in tre istituti bancari: presso la Deutsche bank s.p.a con un contratto di deposito titoli del 6 novembre 2007 ed uno di apertura di conto corrente del 12 luglio 2012; alla Banca Finnat Euramerica s.p.a con un contratto di custodia ed amministrazione di strumenti finanziari del 19 gennaio 2012 e uno di apertura di conto corrente del 19 gennaio 2012; ed infine presso la Symphonia s.g.r. con un contratto di servizio di gestione di portafoglio del 30 gennaio 2012.

La suddivisione degli importi ripartiti tra gli istituti di credito:

1. Finnat Euramerica s.p.a.

2. Deutsche Bank s.p.a.

3. Symphonia s.g.r.euro 16.195.823,69 euro 22.421.485,51 euro 6.371.675,40 euro 44.988.984,60

A riguardo il 30 giugno 2015, l’Ufficio centrale del bilancio presso il Ministero dell’interno manifestava le perplessità che hanno indotto la Direzione centrale a chiedere il parere al Consiglio di Stato precisando che il FEC: “Non può assolutamente intrattenere a norma di legge un conto corrente bancario e soffermandosi sulla gestione dei capitali acquisiti a qualsiasi titolo dal Fec, ha chiarito che qualsivoglia reinvestimento deve avvenire previo versamento dei capitali nel conto corrente infruttifero acceso presso la Tesoreria centrale e successiva emissione di un mandato di pagamento.”Il FEC disponeva di titoli obbligazionari ed azionari di Eni s.p.a. Raggr. ed Enel s.p.a. Raggr.

Ad oggi non è chiaro cosa ne sia stato dei conti e dei titoli azionari perché non ci sono informazioni a riguardo sui siti istituzionali ed il Ministero dell’Interno più volte contattato su questo argomento non ha ancora risposto.

Nel FEC un buco da 10 milioni

Nel 2013 sparirono dal Fondo del FEC 10 milioni di euro che secondo il Ministero dell’Interno, sarebbero dovuti essere investiti «previo versamento nel conto infruttifero nella tesoreria centrale». Dalle indagini si è scoperto che i soldi sarebbero stati traghettati su un secondo conto, definito “collaterale”, per poi essere girati alla Silgocom, una società fiduciaria già coinvolta in altre indagini. Già nei primi mesi del 2012 vi era la volontà del FEC «di dismettere il portafoglio azionario». Il conto di oltre 10 milioni di euro versati nel 2006 dal FEC (allora guidato dal Prefetto Francesco La Motta) nella banca Hottinger di Lugano e che in un rendiconto della stessa banca aveva un saldo di poco superiore ai 10 milioni nel luglio 2012, il 27 marzo 2013 ammontava a poche decine di migliaia di euro. Poco dopo venne arrestato il prefetto La Motta e altre due persone, Eduardo Tartaglia parente del prefetto e il broker Rocco Zullino, accusate di aver riciclato i soldi della camorra e del FEC del ministero. La Motta fu assolto da tutte le accuse dal tribunale di Roma il 21 giugno 2017 ma dei 10 milioni si è persa ogni traccia.

Storia e Mission del FEC

Il Fondo Edifici di Culto (FEC) è stato istituito dalla legge 20 maggio 1985 n. 222 emanata per l’attuazione di alcuni aspetti dell’Accordo del 18 febbraio 1984 tra lo Stato Italiano e la Santa Sede, che ha modificato il Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929. Il patrimonio dell’ente è composto in prevalenza da circa 840 chiese, moltissime di inestimabile valore storico e artistico, provenienti quasi nella totalità dalle Corporazioni religiose, ossia monasteri e conventi, che, insieme ad altri enti ecclesiastici, furono soppressi dalla legislazione “eversiva” della seconda metà del XIX secolo.L’origine storica della titolarità della proprietà degli edifici sacri del Fondo risale alle leggi che soppressero gli ordini religiosi e trasferirono i relativi beni allo Stato consegnando gli edifici ad uso di culto e gli edifici strettamente necessari ad uso di ufficio e di abitazione agli enti ecclesiastici per l’officiatura. I fondi, divenuti proprietari dei beni ex conventuali, comprese le chiese e le rettorie, avevano l’obbligo di conservare le chiese al culto pubblico e di provvedere alle relative spese con le rendite degli altri beni di proprietà. La mission del fondo è di occuparsi della manutenzione, valorizzazione e tutela degli edifici di culto consegnati in uso gratuito e a tempo indeterminato all’autoritá ecclesiastica ma anche quella di occuparsi del restauro delle opere d’arte e degli arredi custoditi negli edifici nonché degli altri beni acquisiti dal fondo. Il patrimonio del FEC ha anche immobili produttivi di rendite (appartamenti, negozi, caserme, cascine aree boschive, tra cui il vasto complesso forestale di Tarvisio (Ud) e un fondo librario antico, conservato presso la biblioteca della Direzione centrale per l’amministrazione del fondo edifici culto.

I Bilanci

Ogni anno vengono spesi diversi milioni di euro in manutenzione per lavori presi dalla quota fissa annuale di 1.679.723,00 a carico del bilancio dello Stato “non di somma urgenza” quindi non necessari- come ha osservato la Corte dei Conti nei conti nell’ultimo rapporto sull’ente del 2017 Il bilancio preventivo del Fondo Edifici di culto per l’anno finanziario 2021 ed il triennio 2021-2023 indica risultanze finanziarie, in termini di Competenza e Cassa nell’anno 2021 di spesa di 26.064.191 a fronte di 26.269.581 di cassa. Mentre nel 2022 spesa 8.769.585 e cassa 8.769.585 e nel 2023 rispettivamente 9.449.565 e 9.449.565.
Osservazioni
Un’analisi sul FEC è stata fatta dalla ricercatrice di Diritto ecclesiastico e canonico nell’Università degli Studi di Teramo Tiziana di Iorio.

Quali sono le proprietà del FEC?

«In sostanza, è un ingente patrimonio di diversificata natura, ancorché principalmente costituito da abbazie, monasteri, chiese ed edifici sacri. A tali possedimenti si aggiungono beni fruttiferi di diverso genere, quali fondi rustici e urbani (molti dei quali ancora oggi in possesso dei privati in assenza di affrancazione), titoli di Stato, diritti reali di godimento, caserme, negozi, civili abitazioni, cascine, scuole ecc., nonché la proprietà di inestimabili siti archeologici tra i quali spicca l’area delle “Case romane al Celio”, rinvenuta sotto la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo e costituita da un vasto complesso residenziale di 20 ambienti, tredici dei quali affrescati in diverse epoche con differenti iconografie. Appartengono al FEC anche spazi museali come quello del museo dell’Opera di Santa Chiara, i mosaici della Cappella Palatina nel Palazzo dei Normanni a Palermo e la Sala degli arredi sacri nella Basilica di San Domenico Maggiore in Napoli, nonché la biblioteca costituita da una raccolta di oltre 2000 testi ed il fondo librario antico composto da oltre quattrocento volumi stampati fin dall’anno 1552».

Che strategie di intervento ritiene necessarie per migliorare la gestione del fondo?

«La spending review e la crisi emergenziale da Covid19 hanno reso ancora più urgente la previsione di strategie di intervento organizzativo-strutturali dell’ente FEC, non solo per il perfezionamento dell’effettiva consistenza dei beni mobiliari e immobiliari di sua proprietà ma con politiche gestionali più idonee e moderne orientate allo sviluppo di nuovi modelli di investimento. Inoltre la valorizzazione dell’incommensurabile patrimonio potrebbe giovare anche del sostanziale ampliamento dei programmi educativo-culturali rivolti ai più giovani mediante la pianificazione di appositi corsi di studio ad hoc inseriti nei percorsi scolastici per l’implementazione di progetti educativi condivisi, di mostre annuali e ancor più di concorsi creativi indirizzati ai ragazzi anche al fine di far emergere nuove forme di professionalità».

Come potrebbero essere impiegate le proprietà urbane?

«Un significativo contributo per far fronte alla grave crisi economico-sanitaria che ha coinvolto il nostro Paese potrebbe derivare, peraltro, da rinnovate politiche di solidarietà con la riconversione di parte dei cespiti urbani di proprietà del Fondo in strutture di accoglienza per famiglie bisognose e la concessione in uso gratuito di edifici, locali, negozi ecc. per la realizzazione di attività imprenditoriali a favore di coloro che a causa dell’emergenza sanitaria si trovano in difficoltà».

Che ne pensa dei fondi rustici del FEC?

«Occorre una rapida definizione delle procedure di affrancazione dei fondi rustici gravati da livello e/o di cessione, agli attuali detentori, delle proprietà terriere di scarso valore, difficili da alienare. Si tratta una scottante questione che coinvolge l’intero territorio nazionale e che crea non poche problematiche sia in sede di accertamento dell’effettiva consistenza dei fondi gravati da enfiteusi, (godimento su un fondo di proprietà altrui) sia in sede di riscossione dei canoni, non solo per la difficoltà a reperire la documentazione di riferimento ma anche a causa del decesso degli intestatari».

Anche la Cei (Conferenza Episcopale Italiana) si occupa della manutenzione degli Edifici di Culto ed è presente nel Consiglio di Amministrazione del FEC
«Una parte consistente dei fondi 8xmille sono destinati alla valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici che costituiscono un patrimonio per tutto il Paese – ci spiegano dalla Cei – per quanto riguarda l’edilizia di culto, l’utilizzo dell’8xmille per la costruzione di nuove strutture religiose costituisce una risposta della comunità ecclesiale al fenomeno dell’espansione dei centri urbani. I contributi della Cei vengono destinati in via prioritaria a strutture di servizio religioso di natura parrocchiale o interparrocchiale (la chiesa, la casa canonica, le opere di ministero pastorale come per esempio le aule di catechismo). Le opere non vengono finanziate interamente con l’8xmille, per un principio ecclesiologico ed educativo, ovvero per favorire il concorso delle energie locali come espressione di partecipazione e corresponsabilità. La Cei interviene con un contributo massimo del 75% della spesa preventivata (70% per gli interventi sugli edifici esistenti) – ci spiegano dalla Cei – Le finalità dei contributi sono varie, e spaziano dall’inventario informatizzato dei beni artistici e storici al censimento delle chiese, dalla dotazione di impianti di sicurezza al sostegno ad archivi, biblioteche e musei diocesani a interventi di restauro e consolidamento degli edifici fino al restauro degli organi a canne di interesse storico. I fondo assegnati dal 2000 al 2020 sono178.546.271 milioni e 2167 i progetti realizzati».

Come è interessata l’autorità ecclesiastica dal FEC?

Il Fondo Edifici di Culto è presieduto dal Ministro dell’Interno in carica. Ha un proprio Consiglio di Amministrazione formato da 9 membri di cui 3 nominati dalla CEI

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