Armin Laschet è stato appena eletto presidente della Cdu tedesca. Nella partita per la cancelleria, che si gioca il prossimo autunno, ha di fronte Markus Söder. Ma per entrambi non è facile essere all’altezza dei 15 anni al potere di Angela Merkel.
Passare il testimone in politica non è mai semplice. Chi è al potere da poco tempo trova fuori dalla porta una pletora rumorosa di pretendenti e successori. Chi invece è al comando da una vita ha spesso consolidato la propria forza facendo il vuoto attorno a sé. È il caso di Angela Merkel, cancelliera tedesca dal lontano novembre 2005, intenzionata a restare tale fino alla fine del 2021.
L’elezione, lo scorso 22 gennaio, del governatore del Nord Reno-Vestfalia, Armin Laschet, alla guida dei cristiani democratici (Cdu, il partito di Merkel) avrebbe dovuto fare chiarezza sulla successione, ma così non è. Laschet è un cristiano democratico centrista, stesso partito e corrente della cancelliera. Cattolico, 60 anni, sposato con la donna conosciuta al coro in chiesa quando erano bambini, tre figli, Laschet non è solito alzare la voce.
Nel suo Land, una roccaforte socialdemocratica, ha vinto le elezioni con un’agenda legge e ordine; allo stesso tempo è favorevole all’integrazione degli immigrati tanto da guadagnarsi in tempi passati il soprannome di «Armin il turco». L’esperienza di governo non gli manca: il suo Land ha 18 milioni di abitanti, più di quelli dei Paesi Bassi. Buon amministratore, Laschet punta a ottenere in primavera l’investitura dei moderati a candidato cancelliere per le elezioni in autunno.
Secondo il professor Wolfgang Merkel – che con la leader tedesca ha in comune solo il cognome – il flemmatico Armin rischia invece di fallire e di vedere promosso al suo posto un mezzo outsider: il più impetuoso governatore della Baviera, Markus Söder.
Cinquantaquattro anni, il governatore è un bavarese sui generis: è un protestante della Franconia, sub-regione della cattolicissima Baviera con accento distinto anche da quello di Monaco. Quattro figli da due donne diverse, in piena seconda ondata ha adottato la cagnolina Molly, mandando in sollucchero migliaia di famiglie tedesche.
Il governatore è il presidente della Csu, il partito Cristiano-sociale bavarese che al Bundestag siede tradizionalmente nello stesso gruppo della Cdu di Merkel e Laschet. Il rapporto fra le due formazioni sorelle è regolato da un patto non scritto secondo cui alle elezioni la Cdu presenta candidati in tutto il territorio nazionale a eccezione della Baviera, dove corrono solo i candidati della Csu. Ai lettori di Panorama, il professore di Scienze politiche di lunghissimo corso con cattedre a Magonza, Heidelberg, Madrid e Berlino spiega come Söder potrebbe prevalere su Laschet. E lo fa partendo da un assunto: «La Cdu è un partito che cerca voti e non una formazione che raccoglie consensi grazie a politiche innovative». Se non hai un programma forte, ti serve un leader forte, come la cancelliera ancora in carica.
Nella sua lunga carriera, Merkel ha tradito il suo padrino politico Helmut Kohl, ha reso irrilevanti i liberali, ha sbriciolato i socialdemocratici e ha accantonato alleati come l’ex ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble (ascoltato per anni sul rigore ma ignorato quando suggeriva di far uscire la Grecia dall’eurozona). Nel frattempo, agli elettori si è presentata quale leader moderata, attenta ai bisogni del popolo. Sul piano internazionale ha modellato l’Europa a immagine e somiglianza della Germania; ha ancorato la crescita tedesca a quella della Cina, dove si è recata 12 volte; si è opposta a Vladimir Putin sulla questione Ucraina e a Donald Trump sullo strategico gasdotto Nord Stream 2.
Laschet, che con la cancelliera sembra condividere solo lo stile, non pare dotato né del cinismo né della popolarità necessari per guidare la Germania. La sua sofferta elezione (contro di lui ha votato il 46% dei delegati al congresso) ha confermato che «la Cdu è divisa fra tradizionalisti e nazionalisti da una parte e campioni del cosmopolitismo e dell’ecologismo dall’altra» dice Wolfgang Merkel. Metà partito vorrebbe rincorrere i sovranisti di AfD, Alternative für Deutschland, sul contrasto all’immigrazione, l’altra freme per governare assieme ai Verdi. In questa situazione, Laschet è nell’impasse: lui può rappresentare solo la continuità. Rispetto a Laschet, Söder rappresenta meglio tutti i moderati. I suoi cristiano-sociali hanno fama di essere un partito culturalmente più conservatore della Cdu: un cancelliere bavarese risulterebbe dunque gradito a quella metà della Cdu che, soprattutto nell’est e nel sud del paese, rimprovera alla cancelliera dodici anni di eccessiva contiguità politica con la sinistra.
Il professor Merkel ne è convinto: «Il vero vincitore del congresso della Cdu è Söder e sarà probabilmente lui a diventare candidato cancelliere». La decisione verrà presa a marzo, subito dopo le elezioni regionali in Baden-Württemberg e in Renania-Palatinato. Un buon risultato della Cdu potrebbe rafforzare la leadership di Laschet? «No» risponde l’accademico. «In Baden-Württemberg la Cdu è molto conservatrice e se vincerà le elezioni contro il governatore uscente dei Verdi, Laschet non ne uscirà rafforzato», così come non lo aiuterà una sconfitta del partito. Saranno dunque i sondaggi di marzo a fare la differenza. Per il secondo canale televisivo pubblico Zdf non ci sono dubbi: oggi Söder è il terzo politico più popolare in Germania dopo Merkel (che non si candiderà più) e il ministro della Sanità Jens Spahn (troppo giovane per fare il cancelliere); Laschet è solo ottavo.
Che sia Laschet o Söder, nessuno prenderebbe le distanze dall’eredità politica merkeliana: le sfide per il cancelliere del futuro sono anzi uguali per tutti, e simili le soluzioni. In primis, rilanciare l’industria: con la Cina che va più piano, l’automotive tedesco non tira più come una volta, tanto più che il costo del lavoro nei Paesi di assemblaggio (Polonia e Ungheria) è in crescita. Il passaggio all’auto elettrica dovrebbe aiutare, ma non nell’immediato. Come ricordato a fine gennaio dall’Istituto Ifo di Monaco, «la seconda ondata di coronavirus ha fermato per ora la ripresa dell’economia tedesca» con il sentiment degli imprenditori sceso a 91,1 punti a gennaio da 93 a dicembre (sotto quota 100 il clima è comunque negativo).
Il Pil tedesco è calato di cinque punti nel 2020 mentre l’estensione del lockdown totale dal 10 dicembre almeno fino a metà febbraio dovrebbe lasciare invariato il Pil del primo trimestre 2021. Serve poi completare la svolta energetica della Germania, ormai satura di pale eoliche eppure ancora dipendente dai combustibili fossili; serve dunque una leadership che dialoghi con gli ecologisti. C’è poi una Ue smarrita fra Brexit, debito da pandemia e i mal di pancia sovranisti dell’area Visegrád. In un contesto di grande incertezza, Söder ha il pregio di essere un ottimo mediatore e comunicatore, con doti di leadership affinate in incontri e conferenze con Merkel per annunciare le ultime misure contro il Covid-19.
Ma non è tutto. «Assieme a Viktor Orbán in Ungheria, Söder è il solo leader di un vero e proprio Volskpartei, un partito di massa ancorché solo regionale, in Europa» riprende il professore. In Baviera la Csu avrebbe il 49% delle preferenze. In passato altri bavaresi hanno corso come candidati cancellieri, perdendo: Franz Josef Strauß nel 1980 ed Edmund Stoiber nel 2002. «Ma Strauß era un politico troppo polarizzante troppo divisivo, mentre i socialdemocratici erano molto più forti. Oggi sono murati al 15 per cento dei voti».
A differenza dei leader bavaresi precedenti, Söder «è un costruttore di ponti e quando per esempio muove critiche ai Verdi, lo fa in maniera molto circostanziata». Conservatore dall’anima ecologista, il governatore ha imparato che la polarizzazione non funziona. Nel 2018, quando tentò di rincorrere la AfD sui temi della lotta all’islam, la sua Csu uscì bastonata alle urne con «solo» il 38% dei voti. Da allora Söder ha cambiato toni. Merkel se n’è accorta e lo scorso luglio ha lasciato che il governatore la ricevesse in Baviera fra gite in barca sul lago, carrozze coi cavalli e ricevimenti nei più sontuosi castelli bavaresi. «Merkel non è un’ingenua: è stata lei a permetterglielo» conclude il professore.
Comunque vada a marzo, la cancelliera avrà vinto. Se dopo di lei non verrà un candidato cancelliere della sua scuderia, il nuovo leader dei moderati sarà un suo stretto alleato: un cristiano sociale bavarese che gode della sua piena fiducia. E il cerchio si chiude.
