La riforma del servizio civile annunciata dall’esponente pentastellata Fabiana Dadone resta ancora sulla carta. In compenso è cresciuto il numero di persone a lei vicine nei ruoli chiave del dicastero. E il budget per pagarle.
Quando si tratta di celebrare un maxi evento, la ministra delle Politiche giovanili, la grillina Fabiana Dadone, organizza le cose in grande. E non va per il sottile con le spese. Com’è accaduto il 15 dicembre scorso in occasione della Giornata nazionale del servizio civile universale. Sul palco, tra gli altri, sono saliti anche il dj Max Casacci e il geologo Mario Tozzi, accompagnato dal cantante Lorenzo Baglioni. Il primo, per un’esibizione sul palco di soli 20 minuti, ha riscosso un gettone di 3.500 euro; i secondi, per un totale di 25, 9.500 euro.
E dire che il servizio civile è fatto da volontari che per qualche mese della loro vita vogliono impegnarsi in progetti per la comunità per poche centinaia di euro al mese. Del resto, la gestione del Dipartimento di Palazzo Chigi, affidato a Dadone, è stata abbastanza singolare. E personalistica, secondo le malelingue: negli uffici è stato operato un consistente «spoil system» rispetto alla gestione precedente, peraltro risalente a un altro esponente di spicco del Movimento 5 stelle, Vincenzo Spadafora. Chissà se per questo motivo, dall’inizio 2022, la ministra ha fatto allargare i cordoni della borsa alla presidenza del Consiglio per assumere ulteriori collaboratori o rafforzare i contratti. A cominciare dalla retribuzione di uno dei pochi ripescati dal Conte-bis, Marco Sanzari: 70 mila euro al «consigliere in materia di rapporti istituzionali e progetti speciali». Ma non è la sola spesa messa nel conto di Palazzo Chigi. L’ex collaboratrice a titolo gratuito, Manuela Svampa, è stata nominata «esperta in materia amministrativa e di valutazione ex-ante ex-post di progetti complessi» per 15 mila euro all’anno.
Per lei ci sono trascorsi al ministero della Cultura, quando c’era Alberto Bonisoli. Destino condiviso con Matteo Ventricelli, anche lui passato dalla gratuità alla consulenza remunerata, seppure poco, con 15 mila euro totali. E insieme ammontano a 30 mila euro in più sborsati dalla presidenza del Consiglio per una spesa complessiva maggiore di 100 mila euro rispetto allo scorso anno, visto che è arrivato il ritocco in su di 9 mila euro allo stipendio dell’assistente particolare, Antonietta Pannone. Fin qui, nulla di male. L’aumento delle spese sarebbe legittimo se ci fossero i risultati. Che invece stentano ad arrivare. Proprio sul servizio civile si registra una debâcle. La riforma annunciata da Dadone è rimasta sulla carta. Anzi, neppure su quella, visto che il testo non è stato portato in Consiglio dei ministri, dopo la levata di scudi degli esperti del settore e, pare, il malumore di qualche altro ministro.
Il suo progetto ha fatto sobbalzare dalla sedia i diretti interessati, tra burocratizzazione e una visione distorta del servizio civile, che vede impegnati i ragazzi nel volontariato. Di cosa si tratta? Il servizio civile va dall’impegno nella Protezione civile alla Croce rossa, fino a realtà più piccole, in cui sono previste numerose mansioni, come l’organizzazione di attività di educazione e di formazione, per un compenso simbolico di 433 euro al mese per 24-25 ore di impegno settimanale.
Già la fase preliminare della riforma immaginata da Dadone è stata singolare, con la presentazione di un questionario per chiedere ai ragazzi cosa avrebbero voluto. Alla fine è emerso che avrebbero gradito il conseguimento di una certificazione. Come se il servizio civile fosse un corso di formazione professionale.
«Ma dopo che un giovane ha fatto il chierichetto, non si può chiedere a don Mario di rilasciare una certificazione sulle competenze acquisite» usa questa metafora Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum nazionale servizio civile. E aggiunge: «I giovani acquisiscono certamente delle esperienze, ma non si può pretendere da realtà del terzo settore di elencare quel che si è imparato. Così si perde il senso del servizio civile».
C’è poi un altro capitolo, quello dei corpi civili di pace, che vede Dadone ancora distratta. L’iniziativa ha visto l’Italia nel ruolo di Paese pioniere: dal 2014 il progetto prevede tra le altre cose le «attività umanitarie, inclusi il sostegno a profughi, sfollati e migranti, il reinserimento sociale degli ex-combattenti». Una priorità assoluta in tempo di accoglienza degli arrivi dall’Ucraina. Ci sarebbero a disposizione altri 5 milioni di euro da investire. Dadone aveva garantito che sarebbe stato pubblicato il bando. Ma questo non è mai avvenuto. Così la deputata del Pd, Chiara Gribaudo, ha presentato un’interrogazione. «Mai come adesso abbiamo bisogno di valorizzare quest’esperienza» dice la parlamentare a Panorama «perché i ragazzi sono provati da due anni di pandemia e, come non bastasse, c’è anche un conflitto in corso».
