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Brutto film a Cinecittà

Brutto film a Cinecittà

Incarichi facili (e d’area Pd), costi che lievitano e produzioni in calo. Il progetto di rilancio fortemente voluto dal ministro della Cultura Dario Franceschini per adesso resta un’ambizione. In compenso i bilanci non tornano, dice la magistratura contabile.


A via Tuscolana consegnano ancora l’opuscoletto con il piano strategico messo a punto nel novembre 2021 per magnificare le grandi idee della nuova squadra di nomi illustri che ruota attorno a due figure: la presidente Chiara Sbarigia, già direttrice del Roma fiction fest, che con una laurea in lettere sogna di creare la scuola per gli artigiani del cinema, e l’amministratore delegato Nicola Maccanico, figlio del compianto ministro Antonio. Siedono nella stanza dei bottoni, quella del Consiglio di amministrazione, l’ex deputato europeo del Pd Goffredo Maria Bettini, l’ex collaboratrice dell’Unità Annalisa De Simone, romanziera con una laurea in filosofia, e Federico Bagnoli Rossi, che si autodefinisce un «professionista dell’industria audiovisiva». Completa la formazione l’ex deputato dem friulano Ivano Strizzolo, piazzato nel collegio sindacale con 13 mila euro di compenso lordo annuo.

Nonostante la rinnovata aggregazione cultural-dem, però, l’hub di riferimento dell’industria audiovisiva nazionale, ovvero lo storico istituto Luce-Cinecittà (nato nel 1924 come colosso della propaganda fascista, diventato mega archivio pubblico destinato alla diffusione cinematografica a scopo didattico), è in crisi profonda. Le cause? Una parte delle grane ovviamente è stata ereditata dai precedenti Consigli d’amministrazione, guidati sempre da uomini nell’orbita del Pd. A volte insediati e sostituiti nel giro di pochi mesi dal ministro della Cultura Dario Franceschini (sotto la cui guida esclusiva l’istituto ricade, anche se la partecipazione pubblica è al 100 per cento del ministero dell’Economia e delle Finanze). Come è capitato alla giornalista e scrittrice Maria Pia Ammirati, già direttrice di Rai Teche, rimasta seduta sulla poltronissima da presidente dell’Istituto luce per circa un anno.

Problemi gestionali e solita spartizione delle poltrone da assegnare ai «trombati» della politica, insomma, lo stanno trasformando in un carrozzone. La populistica gestione dem ha subito fatto impennare i costi per il personale, passati dai 15.600.407 di euro del 2019 ai 17.000.423 del 2020, facendo registrare un aumento di 1.400.016 (+8,9 per cento) in un solo anno. E tutto ciò, nonostante le prestazioni richieste fossero crollate per il Covid. A meno lavoro, insomma, è corrisposto un aumento dell’organico, soprattutto interinale. E alla fine, i 33 milioni di euro di contributi erogati dal ministero hanno prodotto quasi 2 milioni di perdite. Al 31 dicembre 2020, infatti, l’Istituto Luce ha chiuso con il segno meno per 1.700.582 euro, rispetto all’avanzo registrato durante l’esercizio precedente (422.933 euro). E allora il ministero della Cultura ha disposto un ulteriore «contributo straordinario Covid» da 10 milioni tondi. Il secondo semestre, grazie anche a questi fondi, l’azienda sembrava essersi risollevata. Ma a conti fatti, il valore della produzione è calato del 9,8 per cento, passando da 49.447.961 euro del 2019 a 44.612.237 del 2020.

Il buco si nasconde in una voce in particolare: ricavi delle vendite e delle prestazioni, che da 19.333.034 euro sono passati a 10.898.761. Le restrizioni disposte dal governo e stiracchiate fino al massimo periodo possibile per un’emergenza hanno prodotto ovviamente i danni maggiori: minori ricavi per gli allestimenti delle scenografie, il «core business» di Cinecittà: da 5.380.314 euro a 1.266.100. I giudici della Sezione centrale della Corte dei conti hanno stroncato la gestione finanziaria. E in un documento depositato il 9 giugno scorso hanno evidenziato un ulteriore problema, su cui finora si era sorvolato. Franceschini, a novembre 2021, anticipando il progetto di «rilancio» e «raddoppio» di Cinecittà, aveva detto che «non è fuori luogo parlare di Hollywood europea», sostenendo che sul piatto erano disponibili addirittura 300 milioni di euro. Nella relazione della Corte dei conti, però, si scopre che per il solo contenzioso legato all’Imu, l’Istituto Luce ha dovuto accantonare nel fondo per i rischi oltre 6 milioni di euro per un accertamento fiscale legato alle rendite catastali del complesso immobiliare di Cinecittà, che è già arrivato in Corte di cassazione.

Sembra che con i fabbricati l’Istituto Luce Cinecittà faccia decisamente a pugni. Oltre al problema dell’Imu grava sulla gestione l’incapacità di spesa del contributo per le nuove costruzioni dei teatri: dei 25 milioni stanziati da Franceschini ne sono stati spesi solo tre. Di proclami che annunciano i «faremo», però, ce ne sono tanti, seminati in giro. E raccontano di nuovi grandi teatri di posa, di ampi complessi per i servizi, tra cui oltre 15 ettari di «backlot», di una vasta area all’aperto per effettuare le riprese in esterno. L’obiettivo, sulla carta, è trasformare Cinecittà in un importante centro cinematografico europeo, almeno pari ai Pinewood e Shepperton di Londra, al Babelsberg tedesco e al Korda ungherese. Si parla perfino della realizzazione di una piscina indoor per le riprese subacquee. Per ora, però, a fare acqua sono solo i bilanci.

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