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Per l’onorevole il reddito cresce

Per l’onorevole il reddito cresce

Sono moltissimi i «miracolati» dei vari partiti che prima dell’entrata in Parlamento si dichiaravano quasi nullatenenti, mentre oggi guadagnano una media di 100.000 euro l’anno. L’«avanzamento» coinvolge in particolare i grillini. Che, insieme ai loro colleghi, rischiano il posto alle prossime elezioni.


L’abbiamo sentito in tutte le salse: per il Movimento 5 stelle la politica non diventerà mai una professione e sarà sempre un’esperienza vissuta come un nobile servizio a tempo offerto ai cittadini… Vedremo se l’ultimo dei tabù – il tetto ai due mandati – resisterà alla fine di questa legislatura. Nel frattempo, però, quel che è certo è che la politica ha aiutato molti parlamentari, pentastellati e non, a rimpinguare il proprio portafoglio.

Prendiamo Eugenio Saitta, giovane deputato in ascesa nel Movimento, molto attento sui dossier della Giustizia. Dalle sue dichiarazioni dei redditi (che tutti gli onorevoli sono tenuti a pubblicare) spicca un discreto balzo: se nel 2018 non disponeva di alcun patrimonio (in relazione all’anno 2017), nel 2021 il suo reddito ha raggiunto quota 98.471 euro.

Salti di questo tipo accomunano vari pentastellati come Iolanda Di Stasio, entrata a Montecitorio a 26 anni e senza reddito, che oggi dichiara 98.739 euro, e Carmen Di Lauro, nota sopratutto nella sua regione per l’impegno sul fronte anticamorra, (anche lei 98.471). Ma ci sono anche altre figure di rilievo all’interno del Movimento. È il caso dell’ex ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina: nel 2018, al suo ingresso in Parlamento, godeva di entrate complessive pari a 9.514 euro come insegnante (intanto è diventata preside); dopo tre anni sono aumentate fino a 95.823 euro. E non tanto per la promozione di carriera.

L’altra esponente dei 5 Stelle, Valentina Palmisano, 39enne che alla Camera siede in commissione Attività produttive, Commercio e Turismo, è un avvocato. Nel 2017 emetteva parcelle per appena 63 euro. Lo scorso anno, grazie a Montecitorio, ha oltrepassato i 100.000 euro di reddito.

Situazione simile – manco a dirlo – anche per tutti coloro che nel corso degli anni hanno abbandonato il Movimento. Prendiamo Flora Frate. È stata eletta alla Camera nelle fila dei pentastellati, salvo poi cambiare vari gruppi fino ad approdare a Italia viva. Nel giro di tre anni un avanzamento niente male: dai 245,22 euro della dichiarazione 2018 ai canonici 98.471 euro nel 2021.
Stessa cosa per Veronica Giannone, altra ex 5 Stelle, attualmente nel gruppo di Forza Italia: stando alla documentazione presentata, in tre anni è passata da 5.177 a 101.872 euro.

Tutto legittimo, per carità. E magari l’incremento, come per Giannone, è dovuto anche alla professione extra Parlamento. Senz’altro, però, la politica aiuta, visti i lauti stipendi: escludendo diaria e rimborsi vari, parliamo di 10.435 euro lordi mensili alla Camera e 10.385,31 euro al Senato, che si riducono per chi ha un impiego lavorativo nel primo caso a 9.975 euro lordi mensili, nel secondo a 10.064,77.

Ciononostante più di qualcuno già da tempo tuonava contro l’ingresso dei Cinque stelle in Parlamento. «In un Paese civile a Luigino Di Maio toglierebbero i 13.000 euro di stipendio e lo manderebbero a comprarsi la merendina». Era il 2016 quando il governatore della Campania Vincenzo De Luca attaccava l’allora vicepresidente della Camera.

Un tema, quello delle retribuzioni, su cui lo sceriffo di Salerno è tornato spesso nel corso degli anni: «Giggino Di Maio? 13.000 euro al mese per fare i saltelli in piazza. Truffatori e incoerenti» insisteva. Non c’è ombra di dubbio che il ministro degli Esteri, ex capo politico del M5s, abbia ampliato di gran lunga il suo reddito da quando è entrato in Parlamento. Ma non è di sicuro l’unico.

C’è un altro deputato che nel 2018, anno di elezione alla Camera, dichiarava un reddito di 1.445 euro. Nell’ultima dichiarazione è aumentato a 136.687 euro. Di chi stiamo parlando? Di Piero De Luca, oggi vicepresidente del gruppo parlamentare dem alla Camera e «figlio d’arte» di Vincenzo De Luca. Anche in questo caso i guadagni non dipendono solo dal ruolo di onorevole. Ma la presenza tra gli scranni di Montecitorio ha dato una poderosa spinta verso l’alto. Quella stessa spinta che il moraleggiante papà Vincenzo rimproverava a Di Maio.

La questione, come spesso accade con le risorse, è bipartisan. Scartabellando tra le varie documentazioni patrimoniali, scopriamo che il Parlamento è ricco di uomini e donne che con la politica hanno accresciuto – e non poco – il proprio conto in banca. La parlamentare di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli, pasionaria di Giorgia Meloni, nel 2018, insieme alla proprietà di due fabbricati, una Toyota Auris e una quota in una società in liquidazione, alla voce «reddito complessivo» dichiarava 538 euro. Gli anni in Transatlantico hanno rappresentato una svolta: nel 2021 la somma percepita nell’anno è stata di 106.856.

Stessa sorte, tutt’altro che malevola, è toccata alla collega di partito, Maria Teresa Bellucci che, al di là pure lei di alcune proprietà e comproprietà di fabbricati, una Audi TT e il 50% del Centro Italiano per la Psiche, al suo ingresso alla Camera disponeva di un reddito poco superiore ai 1.300 euro. Di situazioni simili ce ne sono anche nella Lega. Dalla dichiarazione 2018 di Francesco Zicchieri, salviniano convinto e vicino al sottosegretario all’Economia Claudio Durigon, emerge un’abitazione a Terracina, una vettura di proprietà e un reddito complessivo di 10.937 euro. Nel 2021, invece, si superano di poco i 100.000 euro.

Uno dei casi più curiosi, però, è quello di Marco Rizzone. Si tratta del parlamentare eletto nei Cinque stelle, espulso poi dal Movimento dopo il caso del «bonus Covid», diventato «totiano» del gruppo Coraggio Italia. Rizzone, in piena pandemia, aveva avanzato la richiesta per ricevere i 600 euro stanziati dal governo per chi era titolare di partita Iva. Ebbene, Rizzone entra in Parlamento con un «reddito complessivo», secondo quanto si legge nella documentazione patrimoniale, pari a 4.681 euro. Nel 2021 alla stessa riga la cifra è diversa: 98.471 euro.

Basta anche questo per capire la ragione per cui le tante voci di elezioni anticipate che, prima con la fine del Conte 2 e poi con l’elezione del capo dello Stato, si sono diffuse, ma alla fine non si sono mai concretizzate: col taglio del numero dei parlamentari – che entrerà in vigore dalla prossima legislatura – ci sarà sempre meno spazio per neoeletti in cerca di gloria e notorietà. E, perché no, di balzi reddituali non di poco conto.

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