Nonostante le ristrettezze di bilancio, sono tantissime le amministrazioni pubbliche alle prese con crediti per affitti non riscossi. E nella maggior parte dei casi irrecuperabili. A Napoli è intervenuta la Corte dei conti, ma il malcostume è diffuso. Tra i cattivi pagatori, in testa i partiti politici.
Il «così fan tutti» che ha impedito di riscuotere gli affitti per locali e appartamenti pubblici affidati ai privati, compresi facoltosi commercianti, importanti professionisti e partiti politici, anno dopo anno ha scavato una voragine che ora minaccia di far collassare più di un ente. Nella sede di piazza Cavour a Napoli, i vertici della Napoli Servizi, la municipalizzata incaricata della gestione del patrimonio immobiliare comunale, sono alle prese con un rompicapo che ha richiamato l’attenzione della Procura regionale della Corte dei conti.
Dai bilanci emerge una voce esplosiva: 283 milioni di euro di crediti per affitti non riscossi, la maggior parte dei quali ormai irrecuperabili. Un abisso finanziario dal quale sembrano salire in superficie inefficienze nella gestione della cosa pubblica. Il danno erariale stimato dalle toghe contabili, che per ora hanno preso in esame solo una decina di proprietà, si aggira intorno al milione di euro. Tuttavia l’ammanco complessivo per tutti gli immobili commerciali del Comune di Napoli è ben più cospicuo e raggiungerebbe la cifra imponente di 80 milioni di euro.
Tra i fascicoli figurano sedi o ex sedi di partiti e persino un locale destinato a una comunità per attività religiose. Uno scenario che, stando alle valutazioni della Corte dei conti, testimonia una gestione profondamente carente e disorganizzata del patrimonio pubblico, riflesso di una crisi più ampia delle istituzioni che dovrebbero tutelarlo. Dagli accertamenti eseguiti dalla Polizia locale, guidata dai pm contabili, è emerso che i locatari ai quali la Napoli servizi ha continuato a notificare, senza alcun risultato, le costituzioni in mora sono quasi tutti falliti. Nel frattempo i locali sono stati occupati da altre società che non risultano aver mai pagato gli affitti.
Non è tutto: è venuto fuori che i funzionari comunali non avrebbero mai contestato i clamorosi ritardi della Napoli servizi nella riscossione, permettendo così l’accumulo nel tempo di una morosità che le toghe definiscono «stratosferica». E a contribuire ci sono i debiti del Partito dei comunisti italiani per 180 mila euro, dei Democratici di sinistra per 130 mila euro, di Forza Italia per 130 mila euro e di Rifondazione comunista per 110 mila. Anche a Roma i partiti fanno i furbi e non pagano l’affitto. Il buco nei conti pubblici è stimato in oltre 2 milioni di euro. Gli immobili, affittati dall’Ater, l’ente che gestisce le case popolari per il Comune di Roma, vengono concessi a canoni vantaggiosi, ma nonostante il prezzo di favore i partiti politici non pagano da anni. Di 54 immobili, ben 47 sarebbero fuori controllo. In particolare spicca la sede del Pd in via La Spezia, con un canone di affitto di soli 983,53 euro al mese: per questo immobile il debito accumulato ha già raggiunto i 30 mila euro.
Dem morosi anche per il circolo di via dell’Archeologia, dove il costo è veramente simbolico: 165 euro al mese. Ma ci sono 35.155 euro da saldare anche per la sede di via Ghiberti, 30.996 per quella di via Michelotti e 16 mila per via del Gazometro. E cosa dicono dalla segreteria dem? Che nei loro bilanci quelle cifre sono riscontrabili e che rendono il credito esigibile. Ma a Roma mancano all’appello anche 180 mila euro per la sede dell’Udc di via Anagni. E poi ci sono i partiti scomparsi: Pci, Psi, Sel e Psdi. In questo caso è difficile immaginare che l’Ater riesca a riscuotere. Al momento pare che per le sigle ormai sparite non riesca neanche a rientrare in possesso dei locali. Ai microfoni di Fuori dal coro, la trasmissione condotta da Mario Giordano, dall’Ater di Roma hanno spiegato che a febbraio 2024 si stava procedendo a una ricognizione.
E cosa è successo quattro mesi dopo? Hanno stilato una lista, ma non è ancora partito alcun provvedimento. A Caivano, città dell’hinterland napoletano tristemente nota per i continui abusi su due cuginette da parte di un branco, esplode un altro scandalo. A Parco Verde, luogo che fino al duro intervento del governo Meloni era considerato al di fuori del controllo statale, per anni non sono stati riscossi gli affitti di 422 dei 750 appartamenti delle case popolari, oltre che di 34 locali commerciali pubblici. Il danno erariale? Un milione di euro. E chi paga? Sei tra ex funzionari e amministratori del Comune sono stati condannati a risarcire le casse comunali. Ben 254 appartamenti sono poi risultati occupati abusivamente e la Procura ha aperto un’inchiesta che conta già 400 indagati.
Non è un fenomeno ascrivibile solo alle periferie più difficili. Nella ricca Taormina il buco è stato stimato in 5 milioni di euro e anche qui gran parte è ormai non più recuperabile. In Piemonte è finita nella bufera l’Agenzia Territoriale della Casa (Atc) per un’ipotesi di danno erariale da 17 milioni di euro. Anche qui non sono stati riscossi gli affitti per le abitazioni di edilizia pubblica economica e popolare.
Bilanci in grossa difficoltà pure a Frosinone, dove si calcolano 44 milioni di canoni non riscossi. E il nuovo commissario sta per far partire migliaia di cartelle esattoriali. Anche a Gorizia si cerca di correre ai ripari: l’Ater, che gestisce 5 mila appartamenti di edilizia popolare, negli ultimi 15 mesi ha già emesso 762 diffide di pagamento a inquilini morosi, pari a 51 diffide al mese. Qui si stima che tre inquilini ogni 20 non siano in regola con il pagamento dell’affitto.
E non poteva mancare la Puglia di Michele Emiliano, dove non si rinnova il Piano casa da più di 20 anni. La situazione è drammatica. Degli oltre 85 milioni di euro di morosità solo ad Andria ne hanno accumulati 6. E si è anche scoperto che sono pochissimi i debitori che versano in condizioni economiche svantaggiate.
C’è poi il dramma delle occupazioni abusive che proprio ad Andria trova il suo epicentro: dei 1.600 alloggi pubblici, circa 200 risultano difficili da liberare. Infine la Campania. Record su record. Chi ha revisionato i bilanci dell’Acer, agenzia regionale che gestisce l’edilizia residenziale pubblica, ha prescritto «una adeguata attività di recupero crediti, posto che le sole ingiunzioni fiscali, se non seguite da procedure legali, non sono sufficienti a rappresentare una efficace azione di recupero delle somme a residuo». Insomma, il dovuto non verrebbe richiesto come da norma. Ma quanto manca? Nel Fondo crediti di dubbia esigibilità l’ente ha dovuto accantonare una cifra mostruosa: 120 milioni di euro. Ma i crediti non ancora prescritti ammontano solo (si fa per dire) a 5 milioni. L’ennesima bomba pronta a scoppiare tra le mani del governatore Vincenzo De Luca.