Il paese africano ha scelto l’«amicizia» della Russia a scapito di quella francese, come già Mali e Burkina Faso. Pessima notizia sul fronte migranti e risorse.
Niger, Mali e Burkina Faso «oltre al campo della sicurezza, hanno l’obiettivo comune di istituire un’alleanza che deve evolversi anche nel campo politico e in quello monetario». A dirlo a chiare lettere è stato il leader della giunta militare del Niger, generale Abdourahamane Tiani. Davanti alla televisione nazionale, il reggente della giunta militare – salito al potere a Niamey in seguito a un golpe, lo scorso luglio – ha certificato la volontà degli Stati post coloniali del Sahel di procedere con il definitivo allontanamento dalla Francia e dall’Europa, da cui sino a poco tempo fa dipendevano. Tiani ha annunciato l’archiviazione delle due missioni dell’Unione Europea per la sicurezza e la difesa. E lo ha fatto sia sconfessando l’accordo siglato da Niamey con l’Ue (la missione Eucap, attiva dal 2012), sia ritirando «il consenso concesso per il dispiegamento di una missione di partenariato militare dell’Ue in Niger», ovvero la missione Eumpm voluta dal presidente Mohamed Bazoum, poi deposto dai militari.
Quali conseguenze derivano da questa decisione unilaterale? Anzitutto, entrambe le missioni avevano il compito di sostenere le forze militari e di sicurezza nigerine nella lotta contro l’insurrezione jihadista, che di conseguenza ora resterà appannaggio dei poco esperti soldati nigerini. Ma soprattutto, la mossa consegna la regione nelle poco prudenti mani alla Russia e degli altri antagonisti dell’Occidente in Africa. Ecco infatti che, guarda caso, nello stesso giorno in cui il generale golpista nigerino ha detto «abbiamo deciso di ritirare i privilegi e le immunità concessi» agli europei, una delegazione russa è giunta a Niamey per «discutere con le autorità militari» varie forme di collaborazione. Le discussioni si sono concentrate sull’addestramento dei soldati e sulla fornitura di armi da parte di Mosca, tra cui addirittura aerei da combattimento e altre attrezzature militari. I segnali della fine dell’influenza europea e in particolare della cosiddetta «Francafrique» – espressione comunemente usata per riferirsi ai rapporti di stampo neo coloniale intrattenuti dalla Francia con le sue ex colonie africane – c’erano già tutti. Ben prima del golpe, il «Rommel della Federazione Russa» Evgenij Prigožin, capo della famigerata milizia privata Wagner Group, era diventato molto attivo in quel quadrante. Aveva ricevuto ordine dal Cremlino di espandere l’influenza di Mosca nella regione e accaparrarsi materie prime come l’uranio, per un duplice scopo: sottrarre risorse alla Francia, che utilizza il prezioso metallo del Niger per le proprie centrali nucleari (generando elettricità che esporta anche in Italia), e all’occasione rivendere questi metalli preziosi nel fiorente mercato nero.
Il senso dell’operazione era volto a mettere in seria difficoltà l’Europa, che in seguito all’appoggio militare all’Ucraina ha reciso il cordone ombelicale dell’energia che la rendeva dipendente dalla Russia, danneggiando enormemente il bilancio economico di Mosca. Colpire l’approvvigionamento energetico europeo è stata la mossa di scacchi migliore che il Cremlino potesse concepire, viste le sue crescenti difficoltà finanziarie. In cambio, la Wagner avrebbe ottenuto anche il monopolio del traffico di esseri umani. Promessa mantenuta: subito dopo il golpe, i nigerini hanno abrogato la legge introdotta per volontà dell’Ue che puniva il trasporto di stranieri. In questa maniera, il business dei trafficanti di esseri umani è ora diventato legale e le lucrative attività della Wagner in relazione ai migranti hanno ripreso a gonfie vele, nonostante la misteriosa morte del leader Prigožin. Trafficanti e milizie private russe (che per legge adesso rispondono direttamente al presidente Vladimir Putin) possono tranquillamente arricchirsi gestendo la diversificazione delle rotte. E i camion dalla città libica di Sebha, nel Fezzan, controllata dal Wagner Group, vanno e vengono dal confine nigerino verso Bengasi, dove regna il generale Khalifa Haftar, capobastone di Mosca.
È un duro colpo per chi, come l’Europa, vede nel traffico dei migranti un elemento di debolezza e scontro politico sempre più acceso; mentre è una leva ricattatoria notevole per chi, come la Russia, intende destabilizzare a lungo termine l’Ue, nella speranza di tornare a contare qualcosa nel dibattito continentale, magari negoziando un alleggerimento delle sanzioni comminategli dall’Occidente in seguito all’invasione dell’Ucraina. L’operazione d’intelligence del Cremlino è una severa lezione soprattutto per la Francia, che vede tramontare definitivamente la propria influenza in Africa. Il Niger si è infatti allineato ai vicini Burkina Faso e Mali, a loro volta protagonisti di altrettanti golpe. A riprova di quanto questa strategia fosse studiata e ragionata da tempo, basti dire che lo scorso settembre i tre Paesi africani hanno dato corpo al progetto denominato Alleanza degli Stati del Sahel (Aes), che intende rafforzare la loro reciproca cooperazione e che addirittura punta a superare le vecchie linee di confine, creando una confederazione interstatale che ambisce a fare di Mali, Niger e Burkina Faso un’unica federazione del deserto. Ovvero un «super Stato» in grado di competere con la potente e ingombrante Nigeria, astro nascente tra i Paesi in via di sviluppo, con cui tutti e tre i Paesi condividono il confine.
Il Niger è il pedone che mancava ai russi, dopo la mossa di apertura con il Mali del 2020: già fucina di jihadisti, quest’ultimo Paese è ora il principale alleato di Mosca nell’area. Un’operazione poco studiata ma che ha rappresentato un caso scuola per future conquiste. Così, come in un domino, adesso accade anche al Niger, operazione copia-incolla delle mosse che il Cremlino ha messo in atto per «espropriare» progressivamente l’Africa mediterranea e subsahariana dalle mani francesi ed europee. Per cercare di leggere le prossime mosse, basta ascoltare le dichiarazioni del ministro dell’Economia maliano, Alousséni Sanou, secondo cui Mosca e Bamako hanno grandi progetti condivisi di sviluppo, soprattutto «in termini di energie rinnovabili e nucleare», oltre ad azioni di politica agricola, relative a forniture di fertilizzanti, grano e prodotti petroliferi; e ancora, progetti infrastrutturali quali la realizzazione della rete ferroviaria e tranviaria, la creazione di una compagnia aerea e compagnie per l’estrazione mineraria (che sono quelli che più interessano al Cremlino). Il tutto condito da un’occupazione culturale, con giovani speranzosi che sventolano bandiere russe. Quel che già oggi vale per il Mali, domani varrà anche per il Niger.
