D’estate, in Sicilia, i miliardari discutono sul mondo che sarà. Peccato che noi comuni mortali ne restiamo esclusi.
Qualcuno l’ha definita la «Bilderberg al cannolo». Oppure la «Davos della cassata» (con le «s», mi raccomando). È il raduno super esclusivo dei potenti del mondo che si tiene ogni estate in Sicilia: miliardari, supermanager, imprenditori e big della finanza, si ritrovano per organizzare, a nostra insaputa, il futuro del pianeta. La location è sempre la stessa: il Verdura resort, una struttura extralusso con spa di quattromila metri quadrati «circondata da palme, alberi di arance e ulivi», come recitano le pubblicità, sette tra ristoranti e bar, un orto biologico e il campo da golf. Qui per avere una suite non si spende meno di 2.500 euro a notte. E i big del mondo, che non hanno problemi di soldi, l’hanno prenotato tutto intero, in esclusiva, per tre giorni. L’anno scorso, per altro, fra cene di gala nella Valle dei Templi e feste sui megayacht nei porti, questi signori si erano fatti assai notare. Quest’anno invece tutti dentro. Tutto chiuso. Tutto silenzioso. Non è trapelato praticamente nulla. E perciò quell’incontro fa ancora più paura.
Sia chiaro: i ricchi del mondo possono spendere i loro soldi come vogliono, e se scelgono la meravigliosa Sicilia, anziché le montagne svizzere, meglio ancora. Qualche dubbio ci viene soltanto nel vedere l’unica immagine trapelata dall’interno del resort «sequestrato»: un selfie pubblicato dalla stilista Diane von Fürstenberg, durante una pausa dei lavori, insieme con la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde. Ora: quest’ultima è la principale responsabile dell’impoverimento delle famiglie negli ultimi mesi, grazie alla sua folle politica dei tassi d’interesse. Allora è inevitabile chiedersi: ma quando prende quelle decisioni importanti lo fa pensando ai poveracci o agli amici miliardari con cui gozzoviglia nel resort di lusso? Ed è giusto che un rappresentante delle istituzioni sia chiuso in un conclave segretissimo (e per nulla trasparente) dove si discute il futuro del pianeta, senza render conto ai cittadini che dovrebbe tutelare?
Formalmente l’incontro al Verdura resort è un «Google Camp», organizzato dalla Big tech californiana impegnata a progettare il futuro. Quest’anno era dedicato all’intelligenza artificiale. A fare gli onori di casa l’a.d. di Google, quel Sundar Pichai che nel 2022 è riuscito a portarsi a casa più soldi di qualsiasi altro abitante del pianeta: 226 milioni di dollari, cioè 619 mila dollari al giorno, cioè 26 mila dollari l’ora per ogni ora del giorno (anche quando dormiva). E il fatto che questi guadagni record siano arrivati non per meriti speciali o per invenzioni geniali, ma dopo aver licenziato 12 mila dipendenti, non è un dettaglio irrilevante per capire lo spirito di chi si è ritrovato nella spa siciliana di quattromila metri quadrati, fra palme, ulivi e campi da golf. Come può pensare al bene del pianeta uno che guadagna 26 mila dollari l’ora sulle spalle di 12 mila licenziati?
Pare che per allietare gli ospiti al Verdura Resort abbia cantato Andrea Bocelli. Qualcuno ha ipotizzato anche la partecipazione di Robert De Niro, Michael Jordan e Jeff Bezos (tutti avvistati nel Sud Italia in agosto), ma forse erano solo in vacanza per fatti loro. Di più non si sa: la lista degli ospiti, miss Lagarde a parte, è infatti rimasta riservatissima. E anche questo è un po’ sospetto, se ci permettete. Se si discute di come sviluppare e far entrare l’intelligenza artificiale nelle nostre vite, ci piacerebbe sapere chi ne parla. Anche perché quella diavoleria tecnologica è micidiale, un’arma potenzialmente distruttiva. Con il suo sviluppo potrebbero essere presto bruciate non solo carriere e professioni ma anche esistenza umane. Forse addirittura un pezzo della nostra civiltà. È giusto che ne discutano i ricconi a porte chiuse, fra un massaggio e l’altro, senza rendere conto a nessuno nemmeno della loro identità?
Sarò un nostalgico, ma avevo un’altra idea della democrazia. E pure della società. Per esempio: mi preoccupo quando leggo che, con il nuovo anno, anche nella nostra scuola entrerà l’intelligenza artificiale in modo massiccio. Mi preoccupo quando leggo che buona parte degli stanziamenti del Pnrr per l’istruzione finiranno lì. Mi preoccupo quando incontro insegnanti angosciati perché il lavaggio del cervello Big Tech è già partito e non si parla d’altro che di «scuola 4.0», che vuol dire «realtà aumentata», «visori 3D» «transizione digitale». Tutte cose importanti, si capisce. A patto che non si dimentichi che la trasmissione del sapere avviene, prima di tutto, fra persone. A patto che non si dimentichi che il rapporto fra insegnante e allievo è prima di tutto un rapporto umano, che non può essere ridotto dentro i byte, seppure infiniti, dei computer di nuova generazione. E mi piacerebbe che su queste cose ci fosse una discussione aperta e trasparente. Mi fa un po’ paura quando le decisioni, alla presenza delle istituzioni europee, vengono prese nel chiuso di un resort di lusso dai miliardari della Big Tech. Che, per altro, da sempre più che le nostre vite hanno a cuore le loro macchine. E i loro guadagni. n
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