Anche una semplice vacanza, è sempre più un miraggio. I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Ma nella vita non c’è solo il Pil.
La vacanza, allora, per me era un mese al mare. Me lo ricordo ancora, perché se penso a mio padre, penso ancora al sale sulla pelle che ci lasciava il primo bagno del mattino. San Bartolomeo, sotto Cervo, Liguria. Andavamo lì perché era il posto dove andava lui da ragazzo. Ci abbiamo passato tante estati. Ancora adesso ricordo i nomi delle vie che sfociano sulla passeggiata a mare. Ancora adesso ricordo ogni angolo, ogni spigolo, ogni spazio dei nostri momenti insieme. «Andiamo a lavarci la faccia in mare» diceva appena svegliato per incoraggiarmi al primo bagno nell’acqua fredda. Sceglievamo case molto spartane, ma vicinissime alla spiaggia. Con un balzo eravamo a mollo. Spesso portavamo le maschere e andavamo a caccia di polpi. Se ne vedevano un sacco. Da allora ogni volta che faccio un bagno in mare mi porto la maschera e cerco i polpi. Non sono mai più riuscito a vederne nemmeno uno.
Il mese al mare era un mese intero di bagni al mattino e alla sera, di polpi cacciati e di spine di ricci nei piedi. Era Mario il pescatore con la sua Ape e le sardine appena staccate dall’amo. Erano le passeggiate nei viali per cercare pinoli («Così stasera si fa il pesto»). Era Tuttosport fresco di stampa per commentare i nostri sogni da tifosi. «Quest’anno il Toro è forte, papà?». «Fortissimo». Quando si è tifosi ci si sente sempre fortissimi in agosto, e forse questa è una delle poche cose che non è cambiata da allora. Il mese al mare erano i tornei estivi nei campetti, perché non c’erano ancora le amichevoli di lusso e le tournée negli Usa. E poi erano i primi temporali che arrivavano subito dopo Ferragosto, a portare il primo assaggio di autunno. Mi venivano i brividi e la malinconia. «Fa freddo, papà». «Sì, ma questo è il periodo migliore». «Perché papà?». «Perché c’è meno gente in spiaggia».
Il mese al mare era un mese intero di chiacchiere e di ritmi rilassati, di riposini dopo pranzo, di sere senza tv («Ci disintossichiamo» diceva papà). Era un mese di passeggiate e di gelati, rigorosamente cono, crema-cioccolato, o al massimo pistacchio e stracciatella. La pizza una o due volte al mese, per il resto grandi pastasciutte, i pomodori dell’orto portati da casa e quel po’ di frutta che la mamma concedeva, con i suoi consueti razionamenti in stile militare. I prezzi, infatti, le parevano troppo alti. Eppure, nonostante quei prezzi, mio padre, impiegato di banca e mia mamma, casalinga, negli anni Settanta si potevano permettere di portarci (quattro persone) al mare per un mese, pagando l’affitto della casa, il trasporto, il cibo, etc. Oggi quale famiglia, con un unico stipendio, può permettersi altrettanto?
Ci pensavo l’altro giorno guardando i dati del turismo, che contrariamente alle attese di inizio estate, sembrano peggiori del previsto. Si parla di un calo del 20-30 per cento nella maggior parte delle località, nonostante la crescita di arrivi dall’estero (+4 per cento), della montagna (+2 per cento) e delle città d’arte. Ma come stupirsi? Gli aumenti dei prezzi dell’ultimo anno hanno svuotato il borsellino delle famiglie, così un italiano su 10 ha rinunciato del tutto alle vacanze. E gli altri hanno optato per il mordi e fuggi, comunque già abbastanza oneroso, considerato il costo di benzina e spiagge. A Paraggi, ha raccontato La Stampa, si è arrivati a chiedere 200 euro al giorno per un ombrellone e 190 euro per una notte in un hotel due stelle con bagno condiviso. Chissà come avrebbe commentato mio papà.
Naturalmente bisognerà aspettare la fine della stagione per tirare le somme. Ma che l’andamento non sia entusiasmante di quello strombazzato da molti media mi è risultato evidente girando l’Italia in giugno e luglio, per presentare i miei libri. «Abbiamo avuto un calo considerevole a causa dell’alluvione» mi hanno detto a Cervia. «Qui si riempie solo dal venerdì alla domenica», mi hanno confidato in Versilia. E anche dal Sud hanno cominciato ad arrivare dati negativi: meno 30 per cento Sorrento, la Sicilia in ginocchio per incendi e blocco dell’aeroporto di Catania… L’unico turismo che pare non fermarsi, come rileva Il Sole 24 Ore, è quello di lusso: il 45 per cento dei big spender internazionali passa dall’Italia (da Robert De Niro a Jeff Bezos, da Robbie Williams a Leonardo DiCaprio), raddoppiano gli ospiti degli hotel 5 stelle, cresce il fatturato di fascia alta. Anche nelle vacanze, si verifica la polarizzazione dei periodi di crisi: ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri. A Capri c’è la coda per affittare superyacht, a Milano e a Roma c’è la coda alla mensa Caritas. Qualcuno si preoccupa dell’effetto che tutto ciò potrà avere sull’economia, e si capisce. È importante. Ma poter concedere a tutti vacanze lunghe, senza stress, senza angoscia, senza prezzi che ti soffocano, forse, vale persino più di qualche punto del Pil. Quel mese d’agosto con mio papà, per dire, ancora oggi ha per me un valore che nessuna moneta potrà mai misurare.
