Parigi li vieta perché i cittadini non li sopportano più. Anche in Italia (non ovunque) si pensa di limitarli. Ma sempre in ritardo rispetto ai danni provocati.
All’interno tutti i numeri sui monopattini.
Si prova a chiudere la stalla quando i buoi ormai sono lontani. Si prova a rimediare alle scemenze dei monopattini dopo che, finalmente, i vari sindaci, sollecitati dalle proteste dei cittadini, stanno tentando di rimediare a ciò che era evidente: un’idea balzana, regolamenti inesistenti, controlli zero, insomma una cosa fatta male che peggio non si poteva. Ma questa storia dei monopattini conviene guardarla sotto un particolare punto di vista, quello dell’ideologia green, ambientalista, ecologista, anche un po’ fancazzista. Quando questi ideologi, ovviamente chiedendo scusa ai maestri del Novecento di cui questi sono fotografie mosse e sbiadite, decidono che un obiettivo è buono e chi se ne importa delle conseguenze.
Decidono astrattamente che vanno cambiati tutti gli infissi delle case e pazienza per i costi che dovrà affrontare la maggior parte dei cittadini, che abbienti non sono. Decidono il cambio delle auto e anche qui se ne fregano di cosa significherà per chi con la macchina ci lavora e magari arriva a 1.300 euro al mese. Decidono che per migliorare la qualità dell’aria in città occorrono biciclette e monopattini, costruiscono piste ciclabili assurde, come a Milano, con il risultato che l’aria non migliora e la vita per quella «brutta gente» degli automobilisti diventa impossibile perché costosa e disagevole, grazie a pagamenti di ogni tipo e la scarsità di parcheggi e aree di sosta.
Siccome tutto questo magma green fa tendenza e nelle Ztl delle città porta anche voti (ossia dove vivono i ricchi che non hanno problemi a cambiare auto o infissi), allora tutto va bene, va fatto e si fa. Poi, magari, poiché le assurdità vengono a galla, allora ci ripensano, allungano i tempi, spesso tocca tornare indietro, proprio come sta succedendo per i famosi monopattini. Ma l’importante è aver dichiarato da che parte si sta, poi di tutto il resto, agli ideologici ecologisti non importa niente perché tanto va su una parte del corpo dei cittadini, cioè le spalle, e poi scende su un’altra parte anatomica, ossia sulle spalle senza la «s».
Cosa sta succedendo in Italia a proposito dei monopattini? Tutto parte da Parigi dove un referendum ha bocciato l’impiego dei modelli a noleggio, che da settembre spariranno dalle strade della capitale. Il sondaggio che li ha stroncati ha raggiunto percentuali bulgare: l’85 per cento di chi ha votato ha detto no. Nelle nostre città, la situazione è la seguente. A Bologna (unica eccezione) non sono mai stati autorizzati per la conformazione del tessuto urbano e la loro pericolosità all’interno dei portici. A Firenze invece il numero dei monopattini a noleggio è stato addirittura ampliato, oltrepassando i 1.650 (e il sindaco, Dario Nardella, ha dichiarato di essere contrario al divieto del loro utilizzo). A Roma c’è stata una stretta da 14.500 a novemila e dovranno avere una targa che permetterà di essere riconosciuti. A Palermo caleranno da quattromila a tremila e anche lì ci metteranno una targhetta metallica. A Milano, purtroppo per chi ci abita – come me – la linea dura non è stata richiesta dal Comune (che pensa a regole più stringenti per la sicurezza) ma dalle stesse società di noleggio che hanno protestato contro la sosta selvaggia dei 5.250 monopattini: cioè la metà di Roma, che ha dimensioni più che doppie rispetto a Milano; e hanno richiesto multe, penali, corsi di guida obbligatori per chi parcheggia male. Spinte da questioni di profitto e di fatturato, sono però arrivate prima le società di noleggio della giunta presieduta dal sindaco Beppe Sala, che invoca maggiore sicurezza.
Minchia, direbbero in Sicilia, si è svegliato presto. Anche un cretino totale si sarebbe reso conto, dal primo giorno in cui i monopattini sono comparsi, che c’erano problemi di sicurezza per chi li guidava, per coloro che circolavano con altri mezzi, per chi si prendeva un aperitivo sotto un gazebo posto sul marciapiede davanti all’ingresso di un bar e vedeva passare a tutta velocità questi «missili» nello spazio che restava tra l’entrata del locale del bar e il gazebo stesso. Proprio sui marciapiedi sono successi molti incidenti, alcuni anche gravi. Evidentemente i monopattini sono stati concepiti e realizzati da soggetti con un neurone solo. E probabilmente c’è una facile corrispondenza tra il monopattino e il mononeurone che lo ha autorizzato.
Tutti i numeri sui monopattini
E questo è il pezzo sui monopattino da aggiungere
Monopattini elettrici: i numeri record in Italia
I monopattini elettrici fanno parte di quella che viene definita micromobilità elettrica, ovvero una nuova soluzione per gli spostamenti urbani da tanti considerata come più intelligente e smart. Il monopattino elettrico è diventato il simbolo della libertà di movimento. Soprattutto tra i giovani, una parte dei quali lo utilizza anche per andare a scuola.
Secondo i dati registrati dall’OSM nel 2021: nel 2020 si contano oltre 35.000 monopattini elettrici condivisi e oltre 34.000 biciclette elettriche condivise, rispetto ai 4.000 e 33.000 del 2019. Volenti o nolenti, è impossibile non considerare gli effetti della Pandemia sulla società e su tutti i suoi settori in questi ultimi anni, e anche la mobilità non fa eccezione. Lockdown, restrizioni, nuove modalità di lavoro più agili e flessibili, smart working, sono tutti elementi che hanno considerevolmente cambiato le nostre abitudini, non solo lavorative, ma anche di spostamento. Se infatti la sharing mobility (che comprende i veicoli a quattro ruote) ha anch’essa subito un calo a causa dei lockdown, sono invece cresciute sempre più le flotte di monopattini elettrici e biciclette elettriche in sharing, con i primi a fare da padroni, dando una forte spinta alla micromobilità elettrica.
Grazie a più di un milione di corse su monopattini Voi in tutta Italia per un totale di oltre 2 milioni di km percorsi, sono stati evitati 150 mila tragitti in auto privata, che corrispondono ad aver evitato la produzione di più di 41 tonnellate di CO2. Per dare una misura, per ottenere lo stesso risultato si sarebbero dovuti piantare oltre 660 alberi di almeno 10 anni di vita. Lo sostiene una ricerca di Moovit, partner di Voi Technology, azienda svedese di micromobilità elettrica, che ha evidenziato i vantaggi della micromobilità elettrica: primo tra tutti il tema della sostenibilità, ma anche quelli legati alla possibilità di spostarsi agilmente nel traffico cittadino evitando anche il problema dei parcheggi. E nelle 7 città in cui è presente Voi in Italia (Torino, Milano, Rho, Reggio Emilia, Modena, Roma e Palermo) le corse intermodali, ovvero con il monopattino ad integrazione di un altro mezzo di trasporto, rappresentano in media il 32,6% delle corse totali. Il picco si registra a Milano, con il 57,8% sul totale.
Tra le circa 110 città europee prese in considerazione da uno studio Sony Cls (che ha mappato come le diverse zone di una città siano lontane o vicine al concetto dei 15 minuti) la prima italiana è Torino, solo al 16° posto, seguita da Bologna al 23° e Genova al 52°. Le altre città italiane si trovano tutte nella seconda metà della classifica, confermando che c’è ancora molto da fare per rimodellare i nostri centri urbani affinché siano completamente a misura d’uomo. Così come c’è ancora molto da fare per responsabilizzare maggiormente gli utenti riguardo al rispetto del codice stradale e all’occupazione selvaggia dei marciapiedi, condizione essenziale per una diffusione equilibrata di bici e monopattini elettrici in modalità a flusso libero, ovvero senza postazioni fisse.
Francesca Catino
