È il Terzo, quello dei «gemelli diversi» della politica, Matteo Renzi e Carlo Calenda. Dovevano «salvare l’Italia», dovranno inventarsi altro…
Dicevano di voler salvare l’Italia. In realtà volevano solo salvare la loro poltrona. E oggi, che stanno litigando come due comari al mercato, fa ridere rileggere le dichiarazioni che Renzi e Calenda rilasciavano a settembre, quando si presentarono in campagna elettorale. «Spolperemo la destra e risulteremo un’opzione politica decisiva», assicuravano. In realtà la destra non l’hanno spolpata, come è noto. E l’unica opzione politica decisiva che resta loro, a questo punto, è quella di dichiarare fallito il progetto. «Nel 2024 saremo il primo partito», annunciava trionfante Renzi il 22 settembre 2022. Sono stati più rapidi del previsto: infatti rischiano di essere già nel 2023 il primo partito. A sciogliersi, però.
Vi confesso che dal punto di vista politico il mio interesse per la vicenda è pari a zero. Tanto che, quando il nume tutelare del Grillo, Mauro Querci, mi ha proposto questo argomento ho avuto la tentazione di mandare al posto della rubrica una pagina bianca, e in fondo una piccola scritta: «Ecco il Terzo Polo». Il nulla, in pratica. Ho pensato, però, che così avrei fatto la figura dello sfaticato, e siccome non sono Calenda mi sono messo al lavoro. E ho cominciato rileggendo le dichiarazioni roboanti dei due in campagna elettorale: «Fermeremo la destra» (Calenda, 3 settembre), «L’Europa ha bisogno di noi» (Renzi, 3 settembre), «Arriveremo al 19 per cento» (Calenda, 1 settembre), «Il Terzo Polo ha il vento in poppa» (Renzi, 23 settembre), «Sottrarremo voti alla Meloni» (Calenda, 9 settembre), «Saremo una sorpresa in positivo» (Renzi, 7 settembre). Quando i due si sono presentati insieme, per la prima volta, a inizio settembre a Milano giocavano come vecchi amiconi: «Carlo, ti tengo io la giacca», «Non esageriamo, Matteo». Fu allora che proclamarono: «Sentiamo il peso di dover salvare l’Italia». Peccato solo che l’Italia non avesse alcuna intenzione di farsi salvare da loro.
E i due, che hanno mille difetti ma non sono stupidi, lo sapevano benissimo. Ed è per questo che, dal punto di vista politico la vicenda meriterebbe al massimo un foglio bianco e uno sberleffo. Il Terzo Polo non è mai esistito. Già il nome è una sconfitta annunciata: chiunque si presenti alle elezioni, infatti, deve proporsi di arrivare primo per essere in grado di governare. Se uno si presenta alla elezioni per essere il terzo, come può attirare voti? Chi dà la sua preferenza a chi aspira ad arrivare terzo? Poi dissero: «Noi vogliamo l’agenda Draghi, il metodo Draghi e se possibile Draghi» (4 settembre). Purtroppo però tutto ciò in assenza di Draghi. Come si fa a presentarsi alle urne dichiarando di aspirare al terzo posto e con un candidato che non si candida? È chiaro che siamo ai limiti della truffa elettorale. E infatti gli italiani si sono ben guardati dal mettere la croce su quel simbolo, a parte qualcuno che si è sbagliato.
Il fallimento era già scritto. C’è chi sostiene che i due si siano scontrati per incompatibilità di carattere. È vero che non si sono mai amati, è vero che Calenda diceva «Renzi mi fa orrore, non sarò mai alleato con lui» ed è vero che Renzi accusava Calenda di essere «rissoso». Ma il problema tra di loro non è stata il carattere, ma l’inconsistenza politica. Il nulla cosmico. La mancanza di un’idea. Di un’identità. Di un motivo per stare insieme che non fosse quello di trovare qualche posto in Parlamento e qualche briciola di potere per sé stessi e per gli amici. La loro è stata una manovretta di palazzo, un giochino da corridoio, che non poteva essere capito dalle persone normali perché sta distante dalle persone normali quanto Plutone.
Ma questa è, per l’appunto, la misera vicenda politica che è anche piuttosto scontata, come l’inganno agli elettori che si ripete a ogni votazione. Quello che mi preme, invece, il motivo per cui ho scritto questa rubrica, è la misera vicenda umana dei due personaggi. Pensateci: non sono stupidi, hanno personalità, energia, sono piuttosto spregiudicati e hanno dimostrato di sapersi muovere in vari campi, realizzando anche notevoli guadagni (come ha fatto Renzi inginocchiandosi agli emiri arabi). E allora mi domando: perché? Perché non mollano la politica? Perché continuano a giocare e a svilire un’attività che dovrebbe essere nobile? Perché non fanno altro? Perché Renzi, se vuole fare il direttore di un giornale, non lo fa a tempo pieno? Perché Calenda non si trova pure lui un mestiere? Perché continuano a fottere la gente? Perché continuano a vivere di trucchetti? Chi glielo fa fare di restare in politica? E non ci vengano a dire che lo fanno «per salvare l’Italia». Perché l’unico contributo vero che potrebbero dare all’Italia sarebbe quello di andare a lavorare davvero. Smettendo di calpestare gli italiani, il nostro voto e le nostre istituzioni, per appagare le loro ambizioni più meschine.
