In Germania, qualcuno comincia a chiedersi se sia giusto trapiantare un fegato in un paziente che beve. Il concetto è il seguente: se non sei una persona che segue i principi della medicina per restare in salute, forse non meriti di essere curato. Un ragionamento pericoloso.
Che tutti i cittadini siano uguali davanti alla legge e godano degli stessi diritti, senza distinzione di sesso, opinioni politiche, religione e razza, è uno dei capisaldi delle democrazie occidentali. Ogni costituzione, magari con toni e accenti diversi, riflette infatti questi concetti. E se c’è un’idea di fondo che lega fra loro i Paesi europei è proprio il riconoscimento che nessuno può essere discriminato, ma chiunque sia residente nell’Unione debba ricevere lo stesso trattamento. Anzi, come abbiamo potuto toccare con mano in questi anni di forte immigrazione, non è neppure richiesta la presenza nel Vecchio continente per godere delle tutele riconosciute ai cittadini europei. A volte basta raggiungere un’imbarcazione nelle acque del Mediterraneo e dichiararsi profugo, cioè richiedente asilo, per avere diritto alla protezione internazionale.
Però quello che a noi sembra un diritto acquisito, cioè una prassi normale, garantita a norma di legge, presto potrebbe non esserlo più. Non mi riferisco al tema degli extracomunitari, che in misura sempre più massiccia si affollano intorno ai nostri confini. Fino a quando non sarà smontata la legislazione che consente a chiunque di dichiararsi in fuga da qualche cosa, fosse anche dalle temperature africane, a quello ci dobbiamo rassegnare. No, non è all’immigrazione che penso, ma al diritto di essere curati, a prescindere dalle proprie condizioni economiche e dalle proprie idee politiche. Da noi questo principio è sancito dall’articolo 32 della Costituzione, con una frase in cui si stabilisce che la Repubblica tutela la salute dell’individuo, garantendo le cure gratuite anche a chi non può permettersele. Nella Carta si parla di indigenti, ma è evidente che l’intento dei legislatori puntava a garantire a chiunque l’assistenza medica, a prescindere dal reddito e dalla condizione sociale.
Analoghe tutele sono inserite praticamente in tutte le altre Costituzioni. Ma sarà sempre così? A leggere certe notizie, verrebbe da pensare che l’uguaglianza davanti al medico, a prescindere dal censo del cittadino e dai suoi orientamenti, non sia affatto garantita in Europa. E non mi riferisco solo al fatto che durante l’epidemia di Covid qualche dottore ha minacciato di non curare chi non si fosse vaccinato. Quella era una tale mostruosità che chiunque avesse insistito a sostenerla – medico o no – avrebbe dovuto essere denunciato per discriminazione (e nel caso in cui qualche dottore si fosse reso responsabile di omissione di cura, avrebbe dovuto essere radiato, visto che il giuramento di Ippocrate non prevede distinzioni). No, quando dico che un domani le cure potrebbero non essere uguali per tutti mi riferisco a notizie in arrivo dalla Germania, dove qualcuno comincia a chiedersi se sia giusto trapiantare un fegato in un paziente che beve. Il concetto è il seguente: se non sei una persona che segue i principi della medicina per restare in salute, forse non meriti di essere curato. Dunque, il fegato da trapiantare potrebbe andare a qualcuno più virtuoso di te, anche se tu sei in lista d’attesa da tempo.
Del resto, in Gran Bretagna qualche tempo fa a un ragazzo alcolizzato fu preferito un altro paziente, perché secondo l’équipe medica il «concorrente» non alzava il gomito e dunque aveva maggiori possibilità di fare un buon uso dell’organo che avrebbe dovuto ricevere. E quando inizi a introdurre principi etici, medici o economici, che sovrastano i diritti costituzionalmente garantiti, sai dove cominci ma non sai dove finisci. Domani potresti stabilire che a chi fuma, siccome non vive secondo buone regole salutistiche, si potrebbe anche togliere l’assistenza sanitaria in caso contragga un tumore ai polmoni. Oppure a chi mangia troppo ed è obeso si potrebbero negare le cure anti diabete, costringendolo pure a pagare i controlli per le malattie cardiocircolatorie. Esagero? Non credo.
Anzi, penso di descrivere un futuro neppure troppo lontano vista l’aria che tira. Quando si comincia a dire che se non ti adegui a certe regole, di vita o profilassi, ti si può levare il lavoro e pure vietarti di frequentare luoghi pubblici o di prendere il treno o l’autobus, siamo già a metà dell’opera. Con buona pace della nostra Corte costituzionale di panna montata, tutta politicamente orientata, se dài il via libera a una discriminazione in nome di un bene superiore, prima o poi devi anche stabilire che seguendo quel bene, dettato da motivi economici, sociali o comportamentali, si può negare un fegato nuovo a chi non ne ha fatto e non ne fa un buon uso e pure vietare alcuni esami o cure quando non si è mantenuto uno stile di vita sano.
Insomma, fumatori, buone forchette e pure non astemi sono avvisati. Se si accetta il principio che non tutti i cittadini sono uguali davanti al dottore, ma devono rispondere del loro passato e dei loro comportamenti, presto avremo uomini e donne di serie A e uomini e donne di serie B, dove ai primi saranno garantite le cure e i secondi, nonostante magari abbiano sempre pagato le tasse, dovranno aspettare e forse attenderanno invano. Per quel che mi riguarda, lo Stato etico, quello che dice di volersi prendersi cura di te, insegnandoti anche con la coercizione ciò che è bene e ciò che è male, per il tuo fisico e per le tue idee, è il contrario della democrazia. Anzi, per dirla tutta, è la negazione della democrazia. Si comincia sostenendo che se non ti infili una siringa nel braccio non hai diritto a prendere un caffè al bar e si finisce che se hai alzato il gomito non ti trapiantano il fegato, ma lo danno a un altro perché è più bravo e meritevole di te. Non è un modo per indurti a cambiare vita: è un modo per condannarti a morte.
