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Senza protezione

Senza protezione

Grandine e incendi, gelate, uragani e inondazioni. Con il cambiamento climatico, le calamità naturali aumentano in tutto il mondo, ponendo un serio problema alle assicurazioni. Che smettono di coprire aree troppo a rischio oppure alzano i premi, anche se in pochi si possono permettere gli aumenti. Così i danni finiranno per pesare ancora di più sulla collettività.


Per Michael Tipsord è stata un decisione difficile. La compagnia che dirige, la State Farm, è una delle più grandi assicurazioni degli Stati Uniti e nelle scorse settimane ha dovuto annunciare che smetterà di fornire nuove polizze per i proprietari di case in California, uno dei maggiori mercati nazionali. Pochi giorni fa, all’altro capo degli States, la Farmers Insurance ha fatto una scelta ancora più drastica: si ritirerà dalla Florida, aggiungendosi alla mezza dozzina di compagnie che hanno imboccato la stessa strada o hanno dichiarato fallimento. Intanto Jörg Asmussen, capo dell’Associazione tedesca delle assicurazioni, ha lanciato l’allarme: circa 270 mila edifici residenziali in Germania si trovano in aree ad alto rischio di alluvione e bisogna smetterla di costruirne altre.

Incendi in California, uragani in Florida, inondazioni in Europa: tutti eventi naturali sempre più distruttivi che stanno mettendo sotto stress il settore assicurativo mondiale, ma aprono anche nuove prospettive nei Paesi, come l’Italia, dove la copertura per queste categorie di danni è estremamente bassa. Negli Stati Uniti, dove invece le polizze per i danni agli immobili sono molto diffuse, i crescenti rischi derivanti dai cambiamenti climatici e l’incremento dei costi di riassicurazione hanno indotto gli assicuratori ad aumentare i premi o a uscire dai mercati, «lasciando i proprietari di case con meno scelte, meno protezione e più difficoltà finanziarie» ha spiegato Benjamin Keys, professore alla business school Wharton dell’Università della Pennsylvania, in un’audizione al Senato americano.

Nella stessa occasione Eric Andersen, presidente della compagnia Aon, ha affermato che il cambiamento climatico sta iniettando incertezza in un’industria costruita sulla previsione del rischio. «Le compagnie di riassicurazione, che aiutano gli assicuratori a pagare perdite catastrofiche, si sono ritirate dalle aree ad alto rischio, specie quelle minacciate da incendi e inondazioni. Proprio come l’economia degli Stati Uniti è stata sovraesposta al rischio di mutui nel 2008, l’economia di oggi è troppo esposta al rischio climatico».

Quando le compagnie assicurative smettono di vendere polizze in un’area, possono causare infatti un effetto a catena che mette in pericolo intere comunità. Secondo la Aon, le perdite economiche dovute a disastri naturali nel 2022 sono state pari a 313 miliardi di dollari, con un costo per le assicurazioni di circa 132 miliardi.

Da cinquant’anni la società di riassicurazioni Munich Re analizza gli effetti che il riscaldamento globale sta avendo sui disastri naturali legati al clima. E il suo ultimo rapporto dipinge un quadro molto preoccupante.

Vi si legge che il disastro alluvionale più costoso della storia si è verificato due anni fa, nel luglio 2021, quando devastanti inondazioni improvvise nella Germania occidentale e nei paesi limitrofi hanno provocato perdite complessive per 46 miliardi di euro. Nel febbraio 2021 la tempesta invernale Uri ha portato un’ondata di gelo eccezionale fino al sud degli Stati Uniti. Milioni di persone sono rimaste senza elettricità per lunghi periodi, con il risultato che i tubi dell’acqua in parecchi edifici si sono congelati e poi scoppiati. Con perdite complessive di 30 miliardi di dollari, è la tempesta invernale più costosa del mondo fino ad oggi. Circa la metà dei danni era assicurata.

Nel 2022 l’uragano Ian ha quasi battuto il record di perdite conquistato da Katrina, che colpì New Orleans nel 2005: Ian ha distrutto beni negli Usa per un valore di 100 miliardi di dollari, di cui circa la metà erano assicurati.

Anche l’intensità dei temporali in alcune regioni europee è salita negli ultimi anni. L’estate scorsa, come l’attuale, è stata caratterizzata da temperature estreme, intervallate da forti temporali e grandinate. Queste, nella sola Francia hanno prodotto danni insolitamente elevati, pari a quasi 7 miliardi di euro, di cui più di tre quarti assicurati. A causa del cambiamento climatico, il numero di grandinate crescerà probabilmente dal 30 al 40 per cento entro la fine del secolo in quasi tutto il continente. Nel nord Italia, nei Balcani e lungo le coste mediterranee di Francia e Spagna, l’aumento potrebbe essere ancora più elevato.

E si stanno intensificando i problemi relativi alla siccità. I più grandi incendi registrati in California dagli anni 30 si sono verificati prevalentemente dall’inizio del nuovo millennio. In Europa l’area bruciata nel 2022 è stata di circa 800 mila ettari, quasi due volte e mezzo superiore alla media degli ultimi 15 anni: la Spagna ha visto bruciare la più grande estensione di terreno nella sua storia, mentre Portogallo e Francia hanno subìto ingenti perdite quando un unico catastrofico incendio ha carbonizzato circa 20 mila ettari nel solo dipartimento della Gironda.

Con l’impennata dei disastri le compagnie assicurative non possono far altro che aumentare i premi, mettendo in difficoltà i clienti più poveri che, in certi casi, sono costretti a disdire la polizza. E così il cerino passa allo Stato, che deve farsi carico dei danni. Il governo federale americano ha creato il National Flood Insurance Program per coprire le perdite da alluvione non protette dagli assicuratori privati. Il programma, tuttavia, ha più di 20 miliardi di dollari di debito e ha dovuto ritoccare i premi, costringendo un certo numero di proprietari di case ad abbandonare la copertura.

Le perdite dovute a disastri naturali causati dai cambiamenti climatici potrebbero crescere di oltre il 60 per cento entro il 2040 secondo Swiss Re, il più grande riassicuratore del mondo. Di conseguenza, si prevede che i premi delle polizze per i proprietari di case aumenteranno del 5,3 per cento all’anno. I premi sono già aumentati del 12,1 per cento negli Stati Uniti dal 2021 al 2022.

Ma mentre i Paesi che tradizionalmente sono abituati a essere ben assicurati devono affrontare un boom dei costi, altre nazioni si trovano di fronte a un problema: avere cittadini e imprese poco coperti dai danni provocati dal riscaldamento globale. La Banca centrale europea ha pubblicato uno studio sull’argomento dal quale emerge che «l’Ue ha in realtà una grave lacuna di protezione assicurativa climatica. Solo un quarto dei danni causati da catastrofi climatiche è assicurato. In alcuni Paesi, la cifra è inferiore al 5 per cento. Inoltre, i crescenti effetti del cambiamento climatico significano che la copertura rischia di ridursi poiché l’aumento dei premi soffoca la domanda e gli assicuratori si ritirano dalle aree particolarmente esposte».

L’Italia, appena colpita dalla catastrofica alluvione in Emilia Romagna, è uno dei Paesi con la copertura assicurativa più bassa: solo il 5 per cento delle case è coperto contro le catastrofi naturali. Nella classifica globale del Resilience Index di Swiss Re, è ventinovesima su 39 nazioni considerate. Maria Bianca Farina, Presidente dell’Ania, l’associazione delle compagnie italiane, ha ricordato che arrivare a valori equiparabili con gli altri Paesi «significherebbe rimuovere un punto di debolezza e fragilità delle nostre famiglie e imprese e, dunque, dell’economia italiana nel suo complesso».

Per questo il governo Meloni punta a incentivare la sottoscrizione di polizze contro i disastri naturali e ha inserito nel disegno di legge catastrofi, firmato dal ministro per la protezione civile Nello Musumeci, una norma che garantisca a coloro che si assicurano contro questi rischi di ottenere in tempi rapidi i rimborsi. La sfida è convincere gli italiani che nessuno può prevedere il futuro, ma comunque conviene proteggerlo.

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