Il fondatore dei 5 Stelle, che teorizza la politica in piazza e la democrazia della rete, è il leader meno trasparente che ci sia. E ora detta la linea su comunicazione digitale e banda larga.
Basta digitare «Grillo» seguito da «spacca» e «computer» e sul video appaiono i filmati di 20 anni fa, quando il fondatore dei 5 Stelle, durante i suoi spettacoli, distruggeva i pc. All’epoca, il comico sosteneva che la tecnologia digitale era la più pesante che ci fosse e opponeva i libri del Cinquecento ai floppy disk, assicurando che i primi sarebbero resistiti ai secondi. Agli spettatori plaudenti si diceva convinto di aver commesso un errore a credere a Nicholas Negroponte, il guru dell’informatica celebre per i sistemi di interfaccia tra l’uomo e la macchina.
Certo, ne è passata di acqua sotto i ponti da quegli spettacoli. Beppe Grillo, allora, non aveva ancora incontrato Gianroberto Casaleggio e conosciuto le sue teorie sulla partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica tramite il web. Ora, 20 anni dopo aver preso a martellate i computer sul palco, invitando il pubblico a usare la mazza su tastiere e hard disk, il fondatore dei 5 Stelle detta la linea sulla comunicazione digitale e sulla banda larga.
Sì, dal suo blog, il comico sprona il governo a creare una rete unica in mano pubblica e a sottrarla a chi ce l’ha, ovvero Tim. Quella Tim che a suo dire, appena pochi anni fa era destinata al fallimento. Si chiamava ancora Telecom e per Grillo non aveva alcun futuro, al punto che secondo lui era meglio venderla al più presto agli spagnoli di Telefonica. «Telecom è morta, ma si possono espiantare i suoi organi e salvare l’occupazione ancora rimasta vendendola a qualche gruppo internazionale prima che gli attuali azionisti ne spolpino anche le ossa».
Erano i tempi in cui il fondatore dei 5 Stelle partecipava alle assemblee degli azionisti con una fascia nera al braccio, in segno di lutto. «La ex prima azienda tecnologica del Paese è finita, ogni anno, da 10 anni, diventa più piccola, più marginale nel contesto internazionale». «Restituite la dorsale allo Stato e dopo andate a casa» intimava ai vertici dell’azienda. Appena tre anni dopo, nel 2013, aveva però di nuovo cambiato idea, ritenendo che Telecom nel frattempo fosse diventata una risorsa imprescindibile per il Paese, al punto che il governo Letta doveva usare i miliardi di euro destinati alla Tav per bloccare la vendita agli spagnoli ed evitare che un altro asset strategico finisse in mani estere. «Le telecomunicazioni diventano spagnole. Un disastro annunciato da un saccheggio continuato, pianificato e portato a termine con cinismo, di quella che era tra le più potenti, innovative e floride società italiane».
Sì, le idee del comico genovese non sono sempre state le stesse. Però adesso dal suo blog posta video in cui detta la linea al Movimento in materia di rete. Lui ne vorrebbe una sola e in mano pubblica. Per questo spinge perché sia sottratta a Tim che pure ne è proprietaria per almeno un pezzo e si appresta con un partner americano a sviluppare il resto. Per Grillo il sistema su cui viaggiano i dati informatici dev’essere controllato dallo Stato e dunque ritiene che l’azione del governo sia al momento troppo fiacca. «È un buon inizio» ha commentato dopo aver saputo dell’accordo tra Tim e Cassa depositi e prestiti, il braccio finanziario di Palazzo Chigi.
E però al capo dei 5 Stelle non piace che l’intesa viaggi a passo di lumaca. «Non si parla di cose essenziali, come il diritto all’accesso, la velocità con cui accedo ai dati…» ha spiegato. «Eravamo lì, a un passo, per unificare tutta la rete, tutte le tecnologie, in un’autostrada pubblica, con tutto il cda di Cdp. Eravamo lì a un passo per farlo, ed è rimasto un po’ così, in bilico. Bastava uno sforzino in più».
Che Grillo abbia fatto l’ennesima giravolta certo è curioso. Ma ancora di più lo è l’interesse per la materia. Il comico non interviene su temi apparentemente essenziali, come la situazione economica del Paese o sull’emergenza sanitaria causata dal Covid, sull’immigrazione o sull’Europa. E però la sua voce su ciò che ruota intorno agli strumenti che vent’anni fa prendeva a martellate, ovvero i sistemi di interfaccia tra uomo e macchina, ora non la fa mancare mai. Certo, la banda larga per la trasmissione di dati informatici con connessione internet veloce è fondamentale per lo sviluppo del Paese.
Tuttavia è anche una questione che sta a cuore a chi, in Italia, vuole aprirsi la Via della seta per conquistare l’Europa, ossia alla Cina, un partner che non rientra tra quelli a cui tradizionalmente il nostro Paese è legato. America e Pechino proprio sui temi del controllo del traffico informatico sono ai ferri corti, in quanto gli Usa accusano gli uomini di Xi Jinping di spionaggio, pronti a una guerra più pericolosa di quella fredda.
Ma Grillo di tutto ciò sembra non curarsi, coltivando rapporti poco chiari con un regime che non è certo noto per il rispetto dei diritti umani, e sottraendosi alle domande ogni volta che incontra l’ambasciatore cinese. Già, l’uomo che teorizza la politica in piazza, la democrazia della rete, lo streaming durante le trattative politiche, in realtà è il leader meno trasparente che ci sia: in questo momento il più influente, ma anche il più misterioso con cui gli italiani hanno a che fare. I computer presi a martellate, insomma, non sono la sua unica contraddizione con cui ci tocca fare i conti.
