Troppi fanno come il mitico personaggio di Happy Days, che non poteva riconoscere i propri sbagli. Ecco, un bel ntuffo nell’umiltà gioverebbe.
E chiedere scusa? Ho come l’impressione che non lo faccia più nessuno. Che si sia perduta l’antica arte del domandare perdono. Soprattutto quando qualcuno ottiene un piccolo potere, una poltroncina comoda, ecco che gli si inceppa la lingua come Fonzie in Happy Days. Il quale, poveretto, non è che non voleva: proprio non ci riusciva. Non gli usciva la parola. E pensare che c’è stato un tempo in cui Tante scuse era il titolo di un varietà di grande successo. E le mamme e le nonne insegnavano ai bimbi a chiedere scusa, prima di ogni altra considerazione, valutazione, spiegazione o giustificazione. Se sbagliavi, non c’era scampo: «Intanto chiedi scusa». Intanto chiedi scusa, appunto. Il resto si vedrà.
Adesso non lo fa più nessuno. Prendete Beniamino Lo Presti, presidente della società che gestisce le tangenziali di Milano e l’autostrada A7. Sfreccia al volante della sua Porsche ai 150 km all’ora, cioè ben oltre il limite consentito, e poi non contento pubblica pure i video sui social commentando tutto soddisfatto «un leggero momento di entusiasmo in auto». Un entusiasmo che, per la verità, va a cozzare contro tutti gli appelli alla prudenza e contro le campagne per la guida sicura, l’ultima delle quali lanciata in agosto proprio dalla sua società (ovviamente con i soldi lasciati dagli automobilisti al casello). Eppure, intervistato dal Corriere della Sera, Lo Presti dice che la sua è stata «una leggerezza, un atto goliardico» e che non si sente di chiedere scusa perché «ci si scusa per un comportamento che ha procurato un danno a qualcuno. E questo non è il caso».
Non è il caso? Davvero? Davvero il presidente che gestisce il traffico di autostrade e tangenziali pensa che per chiedere scusa doveva schiantarsi contro un’altra auto? Davvero pensa che per chiedere scusa è necessario ammazzare qualcuno? Non basta, per chiedere scusa, il cattivo esempio di chi predica prudenza al volante e razzola a 150 km all’ora, fuori da ogni regola? Come fa a essere alla guida di una società così importante e non capire che filmarsi mentre si corre a 150 km all’ora non è una mossa intelligente? E come possiamo fidarci a mettere le nostre strade, e dunque le nostre vite, nelle mani di una persona che non capisce nemmeno una cosa così semplice? E questo non è forse un danno procurato a tutti noi? Qualcosa per cui bisogna chiedere scusa?
Prendete il sindaco di Portofino Matteo Viacava. Sarà pure bravissimo, il migliore che ci sia, sarà stato efficiente nel rimettere in piedi la città dopo Covid e mareggiata, come dicono, però il Fatto Quotidiano ha scoperto che nel suo negozio si vendono borse griffate contraffatte. Non un bell’esempio per il made in Italy, che un sindaco, tanto più a Portofino, dovrebbe avere a cuore. Se la potrebbe cavare dicendo «Scusate, ho sbagliato». Può succedere. A tutti. Anche a quelli bravi. E invece si arrampica sugli specchi di mille spiegazioni: «Il negozio non lo gestisco io, ci passo solo due minuti al mattino, forse qualcuno ce l’ha con me, si vuol sollevare un polverone, non ho tempo neanche per respirare…». Possibile che non si renda conto che se uno ha una carica pubblica, ha anche il dovere di dare il buon esempio? E se capita di non darlo è necessario chiedere scusa?
Niente, è più forte di loro. Stessa storia anche per il sindaco di Santa Marinella, Piero Tidei, già noto per aver aperto la convention di Matteo Renzi e poi beccato a compiere atti sessuali con due amanti dentro le sedi istituzionali del comune. Chiedere scusa? Macché. Per altro era stato lui stesso a chiedere le telecamere per incastrare alcuni corrotti. Ma poi se ne è dimenticato. Così, anziché andare in uno squallido motel, ha consumato le sue relazioni hot nella sala del Consiglio. I video hanno cominciato e girare e lui è stato costretto a denunciare il tutto, rendendo pubblica la vicenda. Una serie di errori che sporcano le immagini delle istituzioni che rappresenta e tradiscono (oltre alla moglie) anche la fiducia di chi l’ha messo lì. Però, anziché chiedere scusa, se la prende con le «vendette politiche» e dice che «sono fatti minimi». Fatti minimi? Davvero? Il sesso nella sala consiliare è un fatto minimo?
È ovvio che per ognuna di queste vicende ci sono mille spiegazioni e valutazioni da fare. Ma resta che alla base c’è un errore. È un errore che il presidente delle tangenziali si filmi mentre corre a 150 km all’ora; è un errore che nel negozio del sindaco si vendano borse contraffatte; ed è un errore consumare il rapporto con l’amante nelle stanze del Comune. E quando c’è un errore, la prima cosa da fare è riconoscere con umiltà che lo si è commesso e che così facendo si è tradita la fiducia degli altri. «Intanto chiedi scusa», proprio come dicevano le mamme e le nonne. Possibile che nessuno sia più capace di farlo? Siamo diventati tutti Fonzie?
