Il «registro pubblico delle opposizioni» alle telefonate spam è un’occasione persa. L’unica legge da fare a tutela del consumatore è quella che prevede il divieto di stipulare un contratto con la chiamata di un call center.
Come credo molti di voi, per anni sono stato vittima delle cosiddette «telefonate spam», ovvero di quelle chiamate da parte dei call center che, nei momenti più inopportuni, cioè nella pausa pranzo, la sera o il sabato mattina, cercano di convincerti a cambiare gestore telefonico, a provare la nuova offerta «studiata apposta per te» di gas e luce e così via. Quasi sempre ho opposto un cortese rifiuto, usando la formula «mi scusi, ma sono in riunione». Il telefonista, che credo abbia una qualche forma di incentivo legata ai successi conseguiti o per lo meno ai minuti che l’utente dedica alla proposta, spesso rilancia, chiedendo a quale ora può richiamare e a questo punto non si ha scampo: o si dice chiaro e tondo che della super offerta non ci importa niente o si invita a chiamare a un orario improbabile. Per farla breve, liberarsi degli scocciatori dell’offerta non è facile. Intendiamoci: non ce l’ho con chi chiama, il quale quasi sempre svolge un lavoro poco gratificante e mal pagato. Me la prendo con gli uffici marketing che stanno alle spalle di un fenomeno che per anni ci ha perseguitato.
Vista la premessa, ho accolto con molto entusiasmo la notizia dell’istituzione di un nuovo registro pubblico per le opposizioni, ovvero di una specie di servizio che avrebbe dovuto porre fine alle telefonate selvagge dei call center (ne abbiamo parlato su Panorama n. 32 del 3 agosto scorso). Neanche il tempo di rallegrarmi che ho capito come la soluzione messa a punto dal ministero dello Sviluppo economico fosse complicata, perché la legge, invece di stabilire che le telefonate sul numero di casa o di cellulare per proporre offerte commerciali sono proibite punto e basta, chiede all’utente di registrarsi tramite modulo o chiamata a un numero verde. In pratica, l’ufficio complicazione affari semplici ha colpito un’altra volta e al contrario di scrivere una legge composta da una sola riga, dal 27 luglio ha istituito un registro che rimanda a una fondazione che dovrà gestire l’elenco di chi rifiuta il telemarketing.
Fin qui la notizia, ma adesso vi spiego la mia personale esperienza e perché penso che il consumatore non debba essere contattato telefonicamente e costretto ad ascoltare proposte che, sempre, non è in grado di valutare a pieno e alle quali magari sotto pressione dà il proprio consenso. Ore 12 di metà agosto, una cortese signorina mi chiama presentandosi come dipendente Telepass, ovvero della società che gestisce i pagamenti al casello. Sono un utente di lunga data, mi spiega, e dunque hanno deciso di premiarmi regalandomi una polizza di assicurazione. È gentile, suadente, ha i miei dati e la mia mail, in pratica sa tutto di me: niente a che fare dunque con quelle operatrici che chiamano dall’estero e a malapena parlano l’italiano. Così, invece di liquidarla in fretta come faccio di solito, la sto a sentire per capire che cosa ha da propormi. La cosa sembra interessante: una polizza che copre tutto, infortuni e incidenti, come premio fedeltà. Che si vuole di più dalla vita?
Non so se sono io che non capisco o se è lei che si dimentica di metterlo in chiaro, ma il generoso regalo dura appena un mese, poi diventa a pagamento. Lo scoprirò più tardi, quando, la signorina dovrà registrare – perché registra – la mia accettazione dell’offerta. Già, il premio consiste in un contratto, che dietro il pagamento di una cifra mensile mi garantirà la protezione assicurativa. La somma la vedrò addebitata sul conto corrente. Che la polizza non sia gratis lo apprendo cogliendo brandelli di frasi che l’addetta alla stipula legge a una velocità impressionante, roba da far impallidire Enrico Mentana, il cui soprannome un tempo era «Mitraglia». Come faccia a recitare così rapidamente è cosa che mi stupisce. E dopo ogni clausola, per ottenere il mio assenso, scandisce con perentorietà: conferma? La mia iscrizione nel registro dei beneficiari dell’assicurazione-regalo dura una decina di minuti e, nonostante abbia da fare, la lascio dire, riservandomi di farle rileggere una clausola che le ho sentito declamare in rapida successione insieme ad altri cavilli, cioè come effettuare la disdetta ed entro quanti giorni. Ma la mia via d’uscita dal contratto non ottiene il successo sperato. Infatti, appena mi comunica che ha concluso, prima che riesca a chiederle come fare per rinunciare all’offerta, la gentilissima signorina mi ha già salutato e riappeso, pronta ad accalappiare un altro cliente.
Ovviamente non ho nulla da recriminare. Lei non si è imposta con la forza, né è stata sgradevole, io sono stato a sentirla, anche perché, a differenza delle operatrici delle società di gas e luce che mi proponevano di passare ad altra società, rappresentava un’azienda della quale io sono già cliente e Telepass non mi aveva mai fatto offerte telefoniche. Tuttavia, mi domando: quanto può capire un normale utente di ciò che sta per sottoscrivere di fronte a un simile profluvio di parole? Come si può difendere da un’offerta che non ha sollecitato e che forse nemmeno gli serve? Aggiungo di più: nel tourbillon che ha risucchiato la mia capacità di reazione, mi ero aggrappato all’informazione che comunque il contratto mi sarebbe stato spedito via mail. Il giorno dopo in effetti mi è giunta una comunicazione della società: tre righe per informarmi che il team Telepass aveva ricevuto la «mia» richiesta di aderire al prodotto assicurativo offerto da MetLife. Poi una seconda mail con sei allegati, uno dei quali composto di ben 22 pagine e mi sono chiesto chi mai potrebbe, al telefono, valutare un contratto e tutte le sue clausole? L’Ivass, istituto che regola le compagnie di assicurazioni, non ha nulla da dire? Io sì, sono sempre più convinto che il «registro pubblico delle opposizioni» alle telefonate spam sia un’occasione persa. L’unica legge da fare a tutela del consumatore è quella che prevede il divieto di stipulare un contratto con la chiamata di un call center. Stop.
