Prima o poi, ci sarà da fare una riflessione sulla cosiddetta stampa indipendente e sulla quantità di balle che viene propinata all’opinione pubblica, a partire dalla malattia dello zar del Cremlino per finire alla bancarotta della Russia
Più che il consenso bulgaro ottenuto da Putin alle recenti elezioni, mi hanno colpito le immagini del presidente russo. Le percentuali le davo per scontate. Lo zar del Cremlino avrebbe potuto essere confermato con il 70 o l’80 per cento, ma sarebbe stata la stessa cosa: comunque avrebbe continuato a comandare lui, anche se avesse ottenuto meno voti. La sua vittoria era ampiamente prevista: dunque dov’è la novità? Piuttosto nessuno immaginava che Putin si sarebbe concesso un bagno di folla e che avrebbe fatto campagna elettorale comparendo qua e là fra la gente e addirittura partecipando a eventi pubblici e concerti. Perché mi sorprendo nel vedere le fotografie che lo ritraggono al mercato o durante una manifestazione? La spiegazione è semplice: fino all’altro ieri il presidente russo era dato per morto, oppure gravemente malato.
Ricordo come alcuni giornali indugiassero sulle fotografie per descrivere l’evidenza di non ricordo quale patologia e in tv o sui siti online si riproducessero filmati per cercare di interpretare segni o gesti che rivelassero gravi malattie. Be’, a guardare gli ultimi scatti pubblicati durante i giorni di campagna elettorale, non solo non si intravedono segnali particolari che rivelino lo stato di salute di Putin, ma nessuno dei giornali così prodighi di informazioni sulla sua cartella clinica si è lasciato andare a commenti di alcun tipo su quella che, se fossero state vere le notizie dei due anni precedenti, dovrebbe essere considerata una specie di resurrezione.
Ovviamente, parlo di tutto ciò non perché io sia interessato alle condizioni del presidente russo, ma perché i molti articoli dedicati alla salute dell’uomo che da due anni tiene il mondo con il fiato sospeso, minacciando l’uso di bombe nucleari per risolvere il conflitto in Ucraina, mostrano semmai le condizioni e la qualità del nostro sistema di informazione. Dal 2022 a oggi, stampa e tv, invece di fare il loro mestiere, che come recitava un vecchio motto di Panorama, imporrebbe di separare i fatti dalle opinioni, si sono fatte influenzare dalle proprie passioni. Immaginare che Putin sarebbe stato sconfitto non dalle truppe ucraine o dalla potenza dei Paesi occidentali ma da una malattia, non è un modo serio di affrontare la prima vera guerra nel cuore dell’Europa dopo la sconfitta della Germania di Hitler: è semplicemente una scorciatoia per esorcizzare un pericolo. Un po’ come nei sogni, quando all’improvviso il risveglio o un angelo caduto dal cielo ci salva, in molti hanno sperato che un cancro si portasse via il problema, seppellendo Putin e insieme a lui le ambizioni di far rivivere la Grande madre Russia.
Purtroppo, i sogni muoiono all’alba, come diceva Indro Montanelli, e infatti la speranza che con il presidente russo finisse anche la guerra non mi pare che abbia alcuna possibilità di realizzarsi, per lo meno a breve tempo. Insieme a questa illusione, che però a lungo dal 2022 a oggi ha occupato parecchie pagine e numerosi siti, credo che ne siano svanite anche molte altre, la prima delle quali era la bancarotta della Russia a seguito delle sanzioni occidentali. Non sto a entrare nel merito, perché ce ne siamo occupati diverse volte su Panorama, ma oggi l’economia di Mosca cresce molto più di quella dell’Europa. Ci si consola dicendo che Putin ha riconvertito le proprie fabbriche producendo armi: e chi se ne importa. Il risultato è che a differenza di quanto previsto, e di ciò che è stato raccontato per mesi, il collasso atteso non c’è stato, anzi. Gli scaffali dei supermercati non sono desolatamente vuoti come alcuni giornali pronosticavano. Né si può sognare che a levare le castagne dal fuoco ci pensi il tribunale penale internazionale, con l’idea di arrestare Putin e processarlo per crimini di guerra.
La realtà è che la Russia non è sconfitta e anzi, sulla distanza, può vincere, come già sta vincendo in alcuni villaggi ucraini. Ed è con questo scenario che dobbiamo confrontarci, senza illuderci che basti inviare qualche migliaia di soldati europei, come dice Emmanuel Macron, per aiutare Kiev a non soccombere. In Ucraina stiamo giocando alla Terza guerra mondiale e neppure ce ne rendiamo conto, perché nelle trincee del Donbass si continua a morire e noi continuiamo a discutere come se il conflitto ci riguardasse sì, ma appena appena. O come se un evento soprannaturale ci togliesse quella spina nel fianco che si chiama Vladimir Putin. Ciò detto, prima o poi, oltre a un sano bagno nella realtà di un mondo che sta scivolando non soltanto verso la guerra ma anche verso i Paesi illiberali, ci sarà da fare una riflessione sulla cosiddetta stampa indipendente e sulla quantità di balle che viene propinata all’opinione pubblica, a partire dalla malattia dello zar del Cremlino per finire alla bancarotta della Russia. Senza dimenticare che la crisi dell’Europa, dovuta allo stop al gas a basso costo comprato da Mosca, era immaginabile sin dal marzo di due anni fa. Prova ne sia che Panorama dedicò all’argomento una serie di copertine. Ricordo una trasmissione tv, in cui mesi dopo mostrai le edizioni passate del nostro settimanale per spiegare come mai la bolletta degli italiani fosse aumentata. E un vicedirettore del Corriere della Sera, con una certa sufficienza, commentò: la prossima volta leggeremo Panorama. Beh sì, forse invece di alcuni inutili editoriali, sarebbe preferibile seguire chi non ha peli sulla lingua ma soprattutto chi non è condizionato da orientamenti politicamente corretti.
