Aumentano i casi di Procreazione medicalmente assistita, che non segue le procedure ufficiali. Con una legge che risale al 2004 e va aggiornata, madre e nascituro sono esposti a rischi medici. E si aprono importanti questioni etiche.
«Avevo bisogno di un donatore di seme. Avevo provato a seguire la procedura ufficiale, quella della Pma (Procreazione medicalmente assistita, ndr) in centri accreditati, ma il primo appuntamento disponibile era quasi dopo un anno. E io avevo compiuto già 40 anni… I soldi a disposizione non erano molti e sapevamo che il problema era la “motilità” dello sperma di mio marito, quindi ho scelto la strada più breve: ho cercato online». Parla così Chiara V., 44 anni, emiliana. Lei – che chiede l’anonimato perché sa «di aver fatto una cosa contro la legge» – se tornasse indietro non cambierebbe strategia. «In un forum belga ho trovato il contatto di un donatore che, in cambio di tremila euro in contanti, sarebbe venuto in Italia per il “procedimento”. In una clinica spagnola, la più economica in assoluto, ci avevano chiesto il triplo, e così abbiamo tentato…».
Quello che accade dopo – l’imbarazzo dell’incontro all’aeroporto, il trasferimento a casa della coppia, la donazione che si conclude nel bagno e l’inseminazione casalinga che viene praticata con una siringa dal marito di lei – porta al lieto fine: «Quando ho visto il test e ho scoperto di essere incinta ho pensato che i miracoli accadono». Poco importa che Chiara descriva quell’uomo, il padre biologico di suo figlio – come «moro, alto, un po’ sovrappeso e con un bel sorriso» – ma non sappia praticamente nulla di lui, a cominciare dal punto di vista sanitario.
La sua storia è simile a quella di molte altre italiane che – per motivi pratici, di budget o di condizioni drammatiche – rinunciano ai protocolli istituzionali per ricorrere al web e a forum specifici con sede soprattutto all’estero, e così acquistare sperma dai donatori. Senza controlli e intermediari. «Si tratta di pratiche “anomale”, e di certo contrarie alla legge» riflette Vito Trojano, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), che ha di recente fatto parte di una Commissione del ministero della Sanità sulla Pma e le modalità di donazione. «Tutti i donatori di gameti, infatti, devono sottoporsi a rigorosi controlli medici approfonditi per garantire la propria salute e minimizzare il rischio di trasmissione di malattie genetiche o infettive. Inoltre, nelle cliniche, è suggerita la consulenza psicologica, tanto per affrontare difficoltà emotive quanto dubbi etici su questo atto che si presume volontario. Niente di tutto ciò avviene quando ci si trova in situazioni organizzate in completa autonomia e contro la normativa».
Ma cosa prescrive esattamente la legge? Nel nostro Paese tutto si basa sulla «40/2004» che sancisce come solo le coppie eterosessuali che rispettino i criteri previsti possano accedere a seme donatore attraverso centri autorizzati, che collaborano con «banche» che si trovano in Italia o in altri Stati dell’Unione europea, e che operano secondo criteri medici e legali verificati. «Al momento nel nostro Paese» puntualizza Trojano «le selezioni sono molto precise. Si tratta di uomini fra i 18 e i 35 anni che si sono sottoposti ad anamnesi per malattie ereditarie e hanno eseguito test genetici per per eventuali alterazioni. Da noi la donazione dovrebbe rimanere sempre un atto volontario, solidale e altruista. Eppure alcuni centri privati ritengono di corrispondere dai 30 a 50 euro a procedura, per un totale di 25 donazioni nel tempo per l’impegno».
Sono cifre che lievitano all’estero, dove si arriva anche a 300-500 euro a sostegno – più o meno volontario – nelle donazioni seriali, ma anche ai “servizi a domicilio” e ai “viaggi della fertilità” in Paesi quali Danimarca, Spagna e Belgio. Un esempio? La European Sperm Bank a Copenhagen permette di acquistare campioni a partire da circa 685 euro e fornisce anche opzioni di stoccaggio e spedizione internazionale (ma non ovviamente in Italia), suggerendo anche incontri con i loro specialisti da tenere online. Del donatore si può selezionare tutto – dal colore degli occhi alla tonalità della pelle -, e da poco è possibile anche caricare una propria foto per trovare un una persona che somigli al potenziale genitore. Un «servizio» consentito dall’Intelligenza artificiale che s’incarica disvolgere una ricerca approfondita nel grande database dell’azienda. «A selezionare questa opzione» spiega a Panorama un «insider» del settore, «sono soprattutto le coppie lesbiche ed eterosessuali. In questo modo hanno la possibilità di avere un figlio che si avvicini nell’aspetto a entrambi i futuri genitori. Le single invece, almeno secondo la mia esperienza, preferiscono scegliere partner con caratteristiche opposte alle proprie».
Alla luce dei dati sulla crescente infertilità, si registra un forte aumento negli accessi monitorati e si stima che, in parallelo, il sommerso sia consistente. «Uno dei problemi urgenti è proprio la normativa, che va tassativamente aggiornata. La Procreazione medicalmente assistita secondo gli ultimi dati del Sistema sanitario nazionale è aumentata di quasi due volte, dai 63.585 trattamenti del 2005 a un totale di 109.755 del 2022 e la percentuale dei neonati in seguito a questa tecnica nello stesso anno è arrivata al 4,25 per cento» conclude Trojano. A offrire uno spaccato sulle donazioni senza controlli sono vari documentari, quale Baby God (andato in onda sul canale HBO nel 2020), incentrato sul medico della fertilità Quincy Fortier che ha utilizzato il proprio seme con pazienti senza il loro consenso, oppure Our Father (su Netflix nel 2022), che racconta di un caso analogo con protagonista il ginecologo Donald Cline. La storia più allarmante, però, è quella di Jonathan Jacob Meijer, un 42enne olandese che ha iniziato a donare seme nel 2007, all’età di 25 anni, spinto dal desiderio di aiutare le famiglie in difficoltà a concepire e che – secondo quanto ricostruito da The Man with 1000 Kids (sempre su Netflix) – ha continuato a farlo con l’ambizione di diventare «l’uomo con più figli al mondo»
Secondo alcune testimonianze, per il suo obiettivo Meijer avrebbe messo in piedi una sorta di gara tra altri donatori utilizzando il sito Longing for a Child, ovvero «desiderio di un figlio». Nonostante sia stato denunciato nel 2017 dalla Società olandese di ostetricia e ginecologia, solo il Tribunale internazionale dell’Aia nel 2023 – cui si erano rivolte 50 famiglie direttamente coinvolte – è riuscito a vietargli ulteriori donazioni. Almeno sulla carta – stando alle voci dei familiari coinvolti. Di certo come spiega Anouk Verbeek, la madre che ha concepito suo figlio con il seme di Meijer, la situazione è molto complessa: «Siamo preoccupati che i nostri figli possano, inconsapevolmente, avere rapporti incestuose con i loro fratellastri. Se avessi saputo che quell’uomo aveva già messo al mondo di cento bambini, non lo avrei mai scelto».
Al di là dello shock – scoprire di avere centinaia di fratelli di sangue, ma anche di essere solo un dettaglio di un piano inquietante del donatore – pone ulteriori interrogativi. «Il principale riguarda il futuro di questi bambini» dice Maurizio Balistreri, professore associato di Filosofia morale e Bioetica all’Università della Tuscia. «La possibilità che persone nate dallo stesso donatore possano incontrarsi e, senza sapere di essere fratello e sorella, intrecciare delle relazioni. E mi preoccupa che queste due persone possano scegliere di avere un figlio. L’affinità genetica può comportare gravi rischi per il nascituro. Il giudizio sui donatori, dal mio punto di vista, è legato alle loro motivazioni: si tratta di vero altruismo o, come nel caso di quelli seriali, esercizio della propria personalità narcisistica?».
Di sicuro la questione sottolinea ancora una volta l’importanza e (la potenza) della Rete. «I social network sono nati per connettere le persone», commenta Riccardo Pirrone, esperto di social media. «Nell’ambito delle donazioni permette incontri fra persone, ma crea anche reti. Nel caso di Jonathan Jacob Meijer, hanno messo in contatto i suoi figli, aiutandoli a riconoscersi tra di loro e a tutelarsi, affrontando questioni etiche e genetiche. Nel caso di Dylan Stone-Miller, che è stato donatore per sei anni a partire dal 2011, i social gli hanno dato la possibilità di entrare in contatto con i figli biologici, raccontare la sua storia e raccogliere offere per viaggiare e poter conoscere i suoi 97 discendenti sparsi per gli Stati Uniti». Come sempre il problema non sono le nuove possibilità messe a disposizione dal progresso, ma il modo in cui vengono utilizzate.