Un Ritratto di Paolo III che è stato acquistato dal comune siciliano di Troina. Vittorio Sgarbi però ne è sicuro: in questo dipinto non si riconosce la mano del grande artista veneto del Cinquecento.
Bella la città di Troina. Andai qualche anno fa a vedere i suoi monumenti, tra i quali spiccano la Cattedrale di Maria Santissima Annunziata, palinsesto di architetture dal normanno al barocco, la torre Capitania e i suggestivi ruderi del monastero basiliano di San Michele Arcangelo.
Mi accorgo ora delle affinità elettive con questa città perfetta (non so se finalmente emendata dai brutti corpi illuminanti) se, tra le ipotesi sulle origini del suo nome, dal greco «tragina», c’è il riferimento etimologico a «tragos», capra, allevamento di capre: Traina, poi Troina. E non avrei immaginato di dovermene occupare per l’incidente, e forse l’ingenuità, di un appassionato sindaco che ha pensato di arricchire la sua città con iniziative culturali che ne potenziassero l’attrazione turistica.
Lo schema ripete quello da me felicemente sperimentato a Salemi, dove fui sindaco realizzando musei (il museo della Mafia, il museo del Paesaggio, il museo dell’Arte Sacra, il museo del Risorgimento), e mostre. Così arrivarono a Salemi, tra il 2008 e il 2011, autentici capolavori: Lorenzo Lotto, Caravaggio e Rubens, mettendo a confronto le due Natività, dell’uno e dell’altro, entrambe del 1609, di Messina e di Fermo, la seconda autorevolmente riferita a Rubens da Roberto Longhi. E poi ancora, Cézanne, Picasso, Pirandello, Modigliani, Ferroni. Fu una stagione fertile, e finì con me. Troina ha tentato lo stesso percorso.
Il sindaco si è illuso di fare la prima mostra di Rubens, e non era vero; e poi ebbe un’idea ancora più felice: acquistare un’opera importante per potenziare le collezioni. E quale migliore opportunità di un Tiziano? Si poteva sperare in una donazione? E invece il sindaco di Troina ha preferito spendere 56 mila euro, un po’ nel buio, in verità, e certamente in buona fede, ma raggirato. Una cifra anomala, troppo piccola per un capolavoro, soprattutto di Tiziano; troppo grande per una donazione. E così come Rubens non era stato una primizia, il suo compiacimento di avere a Troina l’unica opera di Tiziano sotto Napoli era comunque un’illusione. E anche se il Tiziano non fosse una copia, perché, proprio in Sicilia, c’è un capolavoro maturo di Tiziano, L’estasi di San Francesco, nel museo Pepoli di Trapani.
Com’è potuto accadere? E come l’entusiasmo si può trasformare in delusione? Quando si ci affida alle persone sbagliate, senza competenza ed esperienza, se non generica. Non è certo un esperto, né tanto meno di pittura veneta del Cinquecento, la persona che ha condotto in questo abisso il sindaco volenteroso e disperato, che difficilmente uscirà da questa situazione imbarazzante, e forse dovrà rendere conto di una nobile scelta politica alla magistratura giustificando le sue scelte e la sua imprudenza, senz’altro dolo spero, se non la leggerezza. Non sarà facile uscirne.
Non risulta invece che rappresenti nulla, e tanto meno una pubblica istituzione, Paolo Giansiracusa, al quale si deve una discutibile operazione commerciale ai danni del Comune di Troina.
Indipendentemente dal giudizio storico-artistico su una materia che è di mia stretta competenza, come il Rinascimento veneto, appare evidente che un dipinto autentico di Tiziano non può valere 56 mila euro. Chiunque considererebbe tale valutazione una bufala, anche facendola passare, a danno dell’acquirente, che acquista una crosta, come «prezzo simbolico».
Giansiracusa ha deliberatamente, o per manifesta incompetenza, ingannato il Comune di Troina, fornendo, come unico appoggio, la expertise priva di valore scientifico, di uno studioso, guarda caso, di Caravaggio e di Seicento, ma non di Rinascimento, come Maurizio Marini, a me ben noto, e di tale Gaetano Miano, pittore, che non è in alcun modo riconosciuto come esperto di Tiziano. La spericolata operazione dovrà essere verificata per riconoscerne il carattere ingannevole a danno della cittadinanza di Troina cui è stato fatto credere di essere di fronte a un’opera di Tiziano, con l’unica riserva della formula «attribuito» a Tiziano, per prevenire eventuali contestazioni.
La pubblicità ingannevole si ripercuote nella comunicazione sui giornali e sui social, dove si legge: «mostra di Tiziano», «omaggio a Tiziano» e, ancor più (Giornale di Sicilia): il Comune di Troina acquisisce un’opera di Tiziano, con il compiacimento del sindaco che mostra di non avere dubbi: «È un grande motivo di orgoglio per Troina essere l’unica città a sud di Napoli a possedere un’opera di Tiziano». Affermazione spericolata rispetto all’attribuzione, e sbagliata rispetto alla presenza del già ricordato capolavoro di Tiziano in Sicilia.
Il sospetto sull’operazione guidata da Paolo Giansiracusa, nominato consulente del Comune di Troina, è alimentato nella comunità locale, dal consigliere comunale di Troina, Maria Fascetto Sivillo, che mi invia una lettera per informarmi della inquietante situazione su un dipinto non certamente di Tiziano.
Aggiungo che nell’archivio fotografico di Federico Zeri l’opera è senza incertezza attribuita ad anonimo come copia da Tiziano per la quale 56 mila euro sono dieci volte il valore reale.
All’amministrazione comunale di Troina è stato fatto credere che il ritratto di Tiziano fosse «documentato». Ma non è così. La perizia del pittore proprietario del quadro non è un documento se non per segnalare la moderna provenienza, non più indietro del XX secolo. L’expertise (questo è il termine tecnico) di Maurizio Marini non è altro che una perizia di parte, prezzolata, come d’abitudine, per chi ne ha scritte tante, senza arrivare a una pubblicazione che andasse oltre il rapporto privato con il proprietario, e comunque esprimendo un’opinione personale legata al gusto e alla sensibilità dell’estensore, in questo caso Maurizio Marini. In ogni caso la sua parola vale la mia, che non mi sono dichiarato disponibile a un’analisi del dipinto. Per questo mi auguro che un tribunale si pronunci.
Quanto alla richiesta del sindaco, che mi chiama autenticatore di opere false, capisco perché mi chieda di autenticare la sua, senza pregiudizi. Devo però rinunciare, e rimandare a un altro esperto di sicura competenza nell’arte veneta del Cinquecento, e specialista di Tiziano, quale non era, per stessa ammissione del sindaco il mio amico Maurizio Marini, noto per la generosità delle sue attribuzioni. In ogni caso il dipinto non è documentato e non se ne conosce la provenienza, se non dal proprietario, sconosciuto pittore del Novecento, che potrebbe averlo dipinto. Lo stato di crosta dell’opera è la sola evidenza. Una sòla da 56 mila euro. Come potrebbe un vero Tiziano valere quella cifra? Ma per una copia è un furto. E grave responsabilità del sindaco è non aver chiesto una perizia di parte, a difesa del Comune, fidandosi ciecamente di un’expertise offerta dal proprietario del quadro, e di un non esperto di Tiziano chiamato come consulente. Crosta con truffa.
Qual è, dunque, la storia vera? Il Ritratto di Paolo III Farnese è uno dei soggetti più intensi affrontati da Tiziano ritrattista. La versione a capo scoperto senza il «camauro», il copricapo di velluto rosso bordato di ermellino, è conservata al Museo di Capodimonte a Napoli, ed è documentata al 1543, al tempo dell’incontro del Papa con Carlo V, a Busseto.
Si tratta di un dipinto di grande forza nelle mani e nelle guance scavate, nella vibrante barba bianca: un capolavoro di pittura viva cui seguirà il celebre ritratto dello stesso Papa con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese, drammatico e non finito, concepito tra il 1545 e il 1546, una delle opere più potenti della maturità di Tiziano.
Del Papa esiste anche una versione con il camauro di bottega, sempre a Capodimonte, da cui deriva la copia di Troina, che era già apparsa sul mercato nel dicembre del 2015 presso la Eco gallery in Ticino, in collaborazione con Aion Art private service, dove fu vista, e giudicata copia da Andrea Donati che rimanda alla foto presso Federico Zeri, con la scritta sul retro (autografa del grande critico): «copia da Tiziano».
Durante l’esposizione dell’opera a Troina, il dipinto è stato sottoposto al giudizio della Fondazione centro studi di Tiziano e Cadore, nel cui comitato scientifico figura Augusto Gentili, autore di importanti pubblicazioni sul pittore. E la risposta avrebbe dovuto suggerire prudenza: «Per quanto riguarda la questione delle copie, si tratta di un nodo importante quanto complesso della vicenda tizianesca, dal momento che Tiziano è stato molto copiato, perfino quando era ancora in vita. In merito all’opera esposta nella mostra di Troina, basterebbe precisare che essa non viene presa in considerazione dal nostro centro studi». Più di così! Altro che «documentata»! E altro che perizia di Marini!
Ironia della sorte vuole che, in tempi recenti, sia apparsa in un’importante collezione parigina, un’intensa versione del Ritratto di Paolo III con il camauro, la cui esecuzione è pittoricamente molto vibrante e trasparente. Resta comunque nell’ambito della bottega. Nondimeno il confronto con la versione di Troina è impietoso. Dalle mani legnose al volto inespressivo, alla mozzetta rigida e cartacea: nulla di Tiziano, sempre più lontano da Troina. Ai troinesi non restano che la piciocia (la locale polenta) la ‘ntuttera (l’agnello ripieno) magari la vastedda cu sammucu (la focaccia coi fiori di sambuco). E così sia.
