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Le parole di una Signora

Le parole di una Signora

Maria Piera, 83 anni, mi ha scritto una lettera arrabbiata e struggente. Leggerla ha dato un senso ancora più forte al mestiere che faccio: battermi per aiutare chi non ha voce.


«Sono contenta di essere anziana, di non avere più molti anni da vivere, perché non sopporto più lo sfacelo in cui hanno buttato l’Italia (che io amo tantissimo). Questa Italia così bella, ricca di storia e di cultura, così superba nella sua magnificenza e intelligenza. Spero che lei mi possa leggere, le porgo tutti i miei più cordiali saluti. Maria Piera». Questa settimana l’articolo di Panorama che sto scrivendo è dedicato alla Signora Maria Piera, e scrivo Signora con la S maiuscola perché questa è l’impressione che ho ricevuto dalla lettera, che provenga da una vera signora.

La Signora vive alle porte di Torino e quando aveva due anni è scoppiata la guerra e «ho passato tutti gli anni del conflitto sotto i bombardamenti e con la fame perché non c’era nulla da mangiare. Benché io fossi così piccola mi ricordo tutto perfettamente. Ora con questo Covid sono arrivata al punto di non reggere più l’isolamento. Le faccio un esempio: riesco a piangere anche se vedo un film di Don Camillo e Peppone». I lettori capiranno benissimo che innanzi a queste parole non potevo non sentire il dovere morale di rispondere. Non perché io pensi di avere una particolare autorevolezza morale, che non ho, più semplicemente per il senso di umanità e partecipazione alla vita altrui che devo totalmente ai miei genitori.

Non è una sprovveduta che abbaia alla luna; vede cose che non vanno e se ne lamenta. Per esempio scrive che «non sarebbe un dovere dello Stato provvedere alla disinfestazione delle strade, dei mezzi di trasporto e altro?». O ancora: «Come mai questi signori onorevoli possono andare al ristorante Buvette anche di sera, sedersi ai tavoli per un caffè, mentre noi se desideriamo prendere un caffè in un bar dobbiamo stare con un bicchiere di carta in mezzo a una strada?».

Come darle torto quando sappiamo benissimo, con certezza, che il trasporto pubblico è stato uno dei maggiori luoghi di contagio e quello che è stato fatto è stato fatto scarsamente, nella migliore delle ipotesi, o per nulla per un lungo lasso di tempo? Poi, cosa non secondaria, che si è solo attenuata con l’avvento di Mario Draghi: perché le istituzioni hanno comunicato oltre ogni misura e in modo contraddittorio, generando un’ansia per il presente e per il futuro difficilmente sopportabile? Se questo è insopportabile per una qualsiasi persona, quanto può esserlo per una donna di 83 anni che vive da sola e non ha neanche potuto vedere il figlio che abita e lavora in Lombardia?

Cara Maria Piera, la sua lettera mi ha ferito il cuore perché l’ho immaginata con gli occhi rossi o il volto rigato dalle lacrime e a 83 anni è una scena intollerabile, soprattutto se non dipende da una malattia ma dalla situazione che ci circonda e che potrebbe, anzi dovrebbe, essere diversa. Mi creda, mamma Maria (mi permetterà di chiamarla così perché se mia madre oggi fosse viva avrebbe pochi anni più di lei) facendo il mio lavoro ne ho ascoltate e viste di tutti i colori, ma mai mi era capitato di imbattermi in una Signora come lei che mi dice di essere contenta di aver pochi anni di vita davanti a sé. Sarebbe come se me lo avesse detto mia mamma. È qualcosa che mi suscita sentimenti di vario tipo che non riesco a distinguere e mi permetta di comunicarglieli.

Anzitutto una grande, immensa tenerezza. La vorrei abbracciare. Lei è una donna forte e probabilmente non piangerebbe, io certamente sì. Poi un sentimento di vicinanza, come se invece che scrivermi mi avesse detto quello che ha scritto a voce, qui davanti a me, bevendo un caffè che lei certamente mi avrebbe preparato con amore e magari con la vecchia moka.

Le scrivevo che la sua lettera mi ha ferito, ma non se ne deve fare una colpa perché mi ha anche dato una motivazione in più per svolgere al meglio il mio lavoro; per battermi e rendermi utile, dare una mano per quello che posso e come posso, a favore di coloro che non hanno voce perché nessuno gliela dà, perché nessuno ritiene di ascoltarle e farsene carico. L’ho sempre fatto con convinzione ma da oggi sarà diverso, ci sarà mamma Maria Piera a darmi una mano. Mi creda, è più grande la mano che lei ha dato a me di quella che io possa dare a lei. Un abbraccio. Grazie Signora Maria Piera.

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