L’evento-simbolo che ha segnato la storia italiana nel Novecento. Panorama ne fa una rilettura esclusiva, senza pregiudizi ideologici. Dalla prima stagione «movimentista» del Fascismo, nel 1919, fino al governo del Paese. Con un protagonista assoluto: Benito Mussolini.
La ricorrenza – compiutamente «tonda» – favorisce il dibattito culturale e incoraggia le speculazioni intellettuali oggi come non mai. Il 28 ottobre 1922, cent’anni fa per l’appunto, la storia voltò pagina proponendo schemi di lettura e categorie di pensiero che, a quel momento, risultavano del tutto inedite. La Marcia su Roma spazzò via un mondo che non riusciva a staccarsi dalle oligarchie di potere e da visioni ancora ottocentesche. Il fascismo che s’impose in quel momento seppellì costumi politici e atteggiamenti sociali che, altrimenti, si sarebbero perpetuati ancora per decenni.
Come non indagare sugli avvenimenti e sui contesti che favorirono uno strappo storico del genere? Al punto che gli stessi studiosi faticano a definirlo, ondeggiando fra definizioni che stanno fra il «rivoluzionario», e l’«insurrezionale». Qualcuno – azzardando – trova argomenti per sostenere che si trattò solo di una sceneggiata, come se la marcia si fosse risolta in una passeggiata e l’assalto a Roma potesse ridursi al pretesto per una gita. E qualcun altro, invece, sostiene che il fascismo attraversa ancora l’anima contemporanea. Nell’ultima campagna elettorale è stata la parola – pure indirettamente – più utilizzata nei comizi, nei dibattiti e nei commenti social.
Non inutile quindi ritornare alla storia per verificare opinioni e suggestioni. Certo, al momento di assumere l’incarico di presidente del Consiglio, Benito Mussolini mostrò un volto che non era esattamente il suo e presentò un fascismo che non era nemmeno parente dei propositi annunciati al momento della fondazione. Lui era un personaggio abituato ad atteggiarsi secondo le circostanze e a indossare «costumi» utili per la recita del momento. Agli esordi in politica dette a vedere di essere risolutamente pacifista anche se le sue idee le propagandava a schiaffi e randellate. Poi, con un’inversione di 180 gradi, si trovò nelle trincee del Carso a combattere nella Prima guerra mondiale. Una volta congedato, immaginò di dare voce ai reduci, alle loro speranze tradite e ai desideri tumefatti come lo erano state le loro carni nei combattimenti contro gli austriaci. Ma quel fascismo – il primo – fu più velleitario che propositivo. Era animato da idealisti con buoni studi alle spalle e ambizioni anche oneste ma sventolando pagine di autori classici, quale prospettiva politica poteva rimanere? E che ambizioni era in grado di assicurare?
Quel fascismo degli esordi venne abbandonato, anche qui con una conversione piuttosto rapida e cinicamente sfrontata. Un’iniezione di uomini nuovi venne dai proprietari terrieri che scelsero il fascismo per trasformarlo nella loro «guardia bianca». I sostenitori della prima ora del movimento si trovarono in compagnia con uomini del tutto diversi da loro e, soprattutto, con intenzioni quasi diametralmente opposte. Se i «neri» della fondazione trovavano ispirazione nel radicalismo di sinistra e, addirittura, nell’anarchia, questi nuovi mostravano aspirazioni che li collocavano nel recinto politico che si definirebbe di destra. Erano padroni, decisi a consolidare il potere economico che la ricchezza gli offriva, bisognosi di gente manesca che li assecondasse e intenzionati a spazzare via ogni ostacolo capace di rallentarne la scalata verso i vertici sociali.
Il libro che queste settimana troverete in edicola con Panorama e La Verità in occasione del centenario della Marcia su Roma si propone di raccontare il fascismo (e Mussolini) in quella manciata di mesi che stanno tra la fondazione del movimento (in piazza San Sepolcro a Milano) e l’esplosione del 28 ottobre 1922 che portò al ribaltone parlamentare. Le pagine raccontano episodi animati da personaggi di spicco ma anche da caricature, da intellettuali onesti che si proponevano di favorire un autentico progresso sociale e da rubagalline, intenzionati ad approfittare di quell’opportunità, come avrebbero sfruttato qualunque altra occasione analoga.
Dunque, chi erano gli uomini di cui Mussolini si fidava? E chi strumentalizzò per raggiungere gli obiettivi che si era prefisso? Chi i «duri» della prima ora? E chi i quelli che cercavano un dialogo? Nei due anni dal 1919 al 1922 la storia non ebbe un andamento lineare. Si intrecciarono i dispetti e le antipatie dei liberali, la rigidità dei socialisti e l’ambizione dei comunisti. Ebbero un peso le paure e la vigliaccheria di tanti cui non riuscirono a offrire un orizzonte accettabile la lungimiranza e il coraggio di pochi. Leggere le vicende della Marcia su Roma è un tuffo nella storia. Meglio conoscerla.
