Con i mirabili codici miniati gli artisti italiani hanno «illuminato» libri d’ore e opere letterarie. Stili e bellezza che si sono incrociati da Nord a Sud, raggiungendo vertici assoluti tra XV e XVI secolo. Un libro ora ne fa una superba sintesi. Con qualche giudizio discutibile.
Tra le ore più felici che un uomo può trascorrere ci sono quelle che si passano con un libro. Dalla lettura escono fantasie e sogni, ma essi possono avere confini definiti quando il libro è un «libro d’ore», da cui viene un doppio piacere: quello del leggere o pregare, e quello del vedere.
Cos’è un «libro d’ore»? Hanno questo nome alcune raccolte di preghiere utili ai fedeli: prima della stampa manoscritti, e quasi sempre adorni di miniature, furono elaborati soprattutto in Francia. Dopo l’invenzione della stampa vi fu una fioritura di volumi preziosi, prima in Italia (Officium beatae Mariae virginis), poi in Francia (livres d’heures). E nessuna delizia è paragonabile a tenere fra le mani pagine che splendono. Dante Alighieri scrive: «”Oh!” diss’io lui, “non se’ tu Oderisi, / l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte / ch’alluminar chiamata è in Parisi?” / “Frate” diss’elli “più ridon le carte/ che pennelleggia Franco bolognese: / l’onore è tutto or suo, e mio in parte”».
Si parla di miniature e Dante traduce dal francese «alluminare». Perciò, contrariamente a quanto si potrebbe intuire, alluminare o illuminare non significa propriamente «dare lume», ma dipingere con lacche alluminate. Dunque il procedimento del miniatore è quello di illuminare, di dare luce. E già nel Trecento quell’arte, nata in Francia, ha gli esempi più luminosi in Oderisi da Gubbio e in Franco Bolognese: «Più ridon le carte che pennelleggia Franco Bolognese».
Un primato che, al di là dei grandi risultati della miniatura francese, è confermato oggi dal prodigioso libro di Jonathan J.G. Alexander, La miniatura italiana del Rinascimento 1450-1600 (Einaudi). Un libro che consacra la tradizione italiana dei codici miniati del secolo d’oro in una superba sintesi dove ogni scuola è rappresentata. Ogni area d’Italia è indagata; ogni codice miniato, da Firenze a Roma, da Urbino a Napoli alla Sicilia, da Perugia a Pesaro, da Ferrara a Padova, da Verona a Mantova, da Bologna a Parma da Piacenza a Cremona, nel Quattrocento e nel Cinquecento, viene illustrato e descritto.
Il grosso ed esaustivo volume tradotto da Laura Zamparo, ci dice che una grande scuola italiana di ricerca, da Mirella Levi D’Ancona a Giordana Mariani Canova, ha lasciato il passo a un metodico studioso americano che organizza e sistema il vario materiale, con un monumentale apparato di note e una sterminata bibliografia.
Di stupore in stupore vediamo le miniature di Attavante Attavanti per il messale di Thomas James, vescovo di Dol-de-Bretagne, dopo aver lavorato alla Bibbia di Federico da Montefeltro. Si tratta di esiti sofisticatissimi della scuola fiorentina fra i quali splendono le miniature di Monte di Giovanni di Miniato.
A Siena, in assenza di un commercio librario impreziosito da miniatori professionisti attivi in città, la decorazione dei corali, almeno nelle iniziali istoriate principali, dovette essere affidata a miniatori chiamati da altre parti d’Italia, non solo da Firenze ma anche da Lombardia e Veneto. I corali della Libreria Piccolomini nel duomo di Siena hanno i due miniatori principali in Liberale da Verona e Gerolamo da Cremona, tra 1467 e 1474. Qui si trova la celebre miniatura con il Vento del Nord di Liberale da Verona, mentre Gerolamo si arrovella in fantasiosi esercizi con intrecci originalissimi, nella Adorazione dei Magi. Tutta l’arte del Rinascimento, nella sua dimensione più surreale, si manifesta in questi due artisti.
Anche a Roma ritroviamo maestri padani di inarrivabile fantasia. Scrive Alexander: «È significativo come dagli anni Novanta il mecenatismo curiale di Roma fosse diventato una calamita per i miniatori, alcuni dei quali sembrano giungere con il preciso intento di decorare eccezionali libri liturgici, senza la volontà di stabilirsi in città per un periodo prolungato; ne sono esempi Giovan Pietro Birago, Francesco di Bettino e Francesco Marmitta. Emerge una categoria di miniatori talentuosi provenienti dal Nord Italia venuti in cerca di committenza oppure specificatamente chiamati a Roma dai mecenati».
Anche per questa intensiva presenza spiace leggere, arrivati a Ferrara, dove il duca Borso D’Este commissiona una Bibbia in due volumi con mille miniature – senza contare le innumerevoli vignette con i bordi decorati con gli stemmi e le insegne ducali tra animali, uccelli e teste umane – affidandone l’esecuzione ai miniatori Taddeo Clivelli e Franco De Russi, con i quali collaborarono Giorgio d’Alemagna, Gerolamo da Cremona, Guglielmo Girardi e altri, una valutazione riduttiva dell’Alexander.
Agli inizi del secolo l’impresa voluta da Borso era stata studiata da Hermann Julius Hermann. Nessun dubbio che la Bibbia, conservata alla Biblioteca di Modena, sia il manoscritto rinascimentale più ricco d’Italia; nondimeno Alexander scrive: «In parte a motivo della magistrale pubblicazione di Hermann, quella ferrarese è spesso presentata nella letteratura posteriore come la principale scuola della miniatura rinascimentale italiana, tuttavia ritengo che la sua importanza tenda a essere enfatizzata eccessivamente rispetto ad altre aree».
L’affermazione è poi smentita dall’apparato di immagini della miniature ferraresi, quelle di Taddeo Crivelli per la Bibbia e quelle di Cosmè Tura, erratiche da antifonari e da altri corali, come la Natività della Vergine, ora a Berlino, l’Assunzione e tutti i Santi al Metropolitan di New York, o i fogli di Jacopo Filippo Medici detto «l’Argenta». È vero che resta superbo, e tra i più alti maestri, sempre Gerolamo da Cremona, cui è consacrata la copertina del libro di Alexander, con l’iniziale «M» con la Disputa di Santa Giustina da Padova, ora al Victoria & Albert Museum di Londra, mirabile teorema prospettico surreale.
Notevoli centri per la miniatura sono anche Venezia e Padova, dove la presenza di Francesco Squarcione e Andrea Mantegna e, con lui, del suocero Jacopo Bellini, favorisce l’esecuzione di manoscritti di qualità eccezionalmente elevata. Il mondo mantegnesco si ritrova anche nelle miniature del manoscritto del Canzoniere e dei Trionfi di Francesco Petrarca, ed è un richiamo al mondo classico, in perfetta sintonia con gli interessi archeologici prevalenti, in quegli anni, a Padova.
Nello stesso clima mantegnesco, che unisce Venezia, Padova e Ferrara, nascono le illustrazioni attribuite a Marco Zoppo per le Georgiche di Virgilio alla Biblioteque national di Francia. Zoppo miniatore ha la stessa urgenza sperimentale di Zoppo pittore. Ancora miniatori e pittori ritroviamo nella terra di Liberale, Verona, con le pagine miniate, ritagliate, di Francesco dai Libri e di Gerolamo dai Libri.
A Milano le precoci testimonianze di due geni del Gotico internazionale, come Giovannino De’ Grassi e Michelino da Besozzo, già documentato nel 1388 e ancora attivo nel 1445, hanno una tale forza inventiva da oscurare le più scolastiche prove dei miniatori attivi sul finire del secolo, come Giovanni Pietro Birago o il maestro delle Ore Andriani. A Parma, con le grandi committenze di Bernardo e Pier Maria De Rossi e della Badessa di San Quintino Susanna Sanvitale, matura un grande maestro, Francesco Marmitta, del quale si conservano tre manoscritti con decorazioni vertiginose nelle quali si incrociano memorie di Mantegna, di Ercole De’ Roberti, inarrivabili ferraresi, con elaborate cornici decorative di sofisticato gusto archeologico.
Da Cremona parte il sommo Gerolamo, cui si affiancano Antonio Cicognara, anch’egli trascinato dal vento ferrarese, Baldassarre Coldiradi e Alessandro Pampurino. Fu attivo a Cremona anche il notevole e prolifico pittore Giovanni Pietro da Cemmo, i cui tipi stilistici si ritrovano in alcuni antifonari dell’Archivio storico diocesano della città. Mi fermo qui, riservandomi di trattare, in un secondo intervento, le miniature del Ciquecento, in cui sopravvive l’estro della primitiva tradizione manoscritta anche quando tutti i codici sono a stampa. La festa continua.
