Gli arrivi si moltiplicano, sperare nell’Europa è vano, i business illegali fioriscono. Ma in un’Italia sfibrata, la misura dell’accoglienza è colma.
Il sindaco di Rocca Canavese, in provincia di Torino, se li è visti scaricare lì, nel territorio del suo Comune, senza che nessuno prima si prendesse la briga di avvertirlo. Un pullman in arrivo dalla Sicilia, dopo aver attraversato l’Italia, ha aperto le porte, ha fatto scendere 30 immigrati in mezzo alla strada e poi se n’è andato via. «Ero nel mio ufficio e mi hanno chiamato alcuni commercianti», racconta il primo cittadino, Alessandro Lajolo. «Mi hanno segnalato la presenza degli immigrati, alcuni scalzi, altri in ciabatte, molti con borsoni. Nessuno di loro sapeva dove andare». In pochi minuti il sindaco è arrivato sul posto. Ha distribuito bottigliette d’acqua. Ha prestato la prima assistenza. E poi ha organizzato il trasporto verso i centri di Torino e di Susa, dove in effetti quei 30 immigrati erano diretti.
Tutto risolto? In questo caso sì. Ma le immagini degli immigrati scaricati in mezzo alla strada, con il sindaco che si affanna ad aiutarli e a capire come ciò sia possibile, sono la dimostrazione più evidente di un sistema d’accoglienza ormai in ginocchio. Sono molte infatti le tensioni su tutto il territorio nazionale: nel piccolo comune di Gromo, in provincia di Bergamo, 26 immigrati sono stati sistemati in un hotel, senza che il sindaco fosse avvertito. In provincia di Belluno si sono levate proteste in diversi Comuni, da Limana a Pieve di Cadore. In provincia di Parma pure. A Serra de Conti (Ancona) il sindaco ha contestato l’ipotesi di creare in tutta fretta un altro centro di accoglienza in un ex albergo, accanto ai due già esistenti in città. «L’accoglienza non si può improvvisare in questo modo…», ha detto.
Sembra di rivedere un film già visto. «Migranti, accoglienza al limite» titola a tutta pagina Repubblica. I prefetti lanciano l’allarme: «Non ce la facciamo». I centri esistenti stanno scoppiando, si cercano nuove strutture. Si pensa agli hotel. Ma anche alle case sfitte. Due ipotesi che non possono non allarmare: gli hotel, in un Paese come l’Italia, dovrebbero servire a ospitare turisti non profughi. Non è difficile capire, infatti, che un hotel che ospita turisti produce reddito nazionale, un hotel che ospita profughi a spese dello Stato consuma reddito nazionale. E per quanto riguarda le case sfitte, beh, anche il solo annuncio fa paura in un Paese in cui i proprietari immobiliari vengono costantemente bastonati e maltrattati, privati di ogni diritto, a cominciare da quello di riavere la propria abitazione quando viene occupata…
Quello che sorprende è la capacità dell’Italia di farsi trovare impreparata di fronte alla nuova ondata di sbarchi. Proprio come è successo sette o otto anni fa. Possibile che l’esperienza non abbia insegnato nulla? È vero che nei primi tre mesi dell’anno sono arrivati 27 mila immigrati, il 400 per cento in più dello stesso periodo dell’anno scorso e dell’anno prima. È vero che i centri di accoglienza non registravano tante presenze (112 mila persone) dal 2019. Ed è vero che, come al solito, l’Europa nella gestione degli immigrati ci aiuta tanto quanto un riccio nelle mutande aiuta il benessere psicofisico (sia sufficiente considerare il penoso esito della visita del commissario Ue Paolo Gentiloni in Tunisia). Ma noi non impariamo proprio niente? Non impariamo mai?
Basta vedere chi gestisce il business dei centri di accoglienza. A Roma il 63 per cento degli immigrati è nelle mani di una cooperativa già implicata in diversi procedimenti e nota ai tempi di Mafia Capitale (ricordate? «Gli immigrati rendono più della droga»). In Veneto è rispuntata, con nuovo nome, la coop che fa capo alla famiglia di Simone Borile, l’ex ras dei rifiuti sotto processo per la gestione disastrosa del maxi centro di Conetta (dove, fra sprechi e maltrattamenti, ci scappò anche il morto). A Milano, Prefettura e Comune affidano 8 milioni di euro a un finto frate cacciato dai francescani dopo che dai conti, gestiti da lui, erano spariti 23 milioni di euro…
Continua tutto come prima, non cambia mai nulla. Si ripresentano l’emergenza e gli errori. Compreso quello, fatale, di scaricare gli immigrati ai sindaci di piccoli comuni senza nemmeno avvertirli. Con un aggravante rispetto alla passata emergenza: in questi anni, infatti, i sindaci hanno tagliato tutto il tagliabile (e i loro cittadini pure). Hanno tirato la cinghia. Hanno spento lampioni e limitato i servizi sociali. Se già prima non avevano mezzi, soldi e strutture per gestire l’accoglienza, ora proprio non possono farlo. Risultato? Se il peso dell’immigrazione graverà di nuovo tutto sulle loro spalle, sarà inevitabile rivedere qualche protesta e magari anche qualche rivolta. E se succede, poi, non dite che gli italiani sono razzisti…
