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Migranti: la statistica che smaschera l’ideologia

Migranti: la statistica che smaschera l’ideologia

L’editoriale del direttore

Davvero si può continuare a credere che saranno i migranti a salvarci? Più che aiutarci a pagare le pensioni c’è il concreto rischio che saremo noi a pagare a molti stranieri il sussidio. Lo dicono i numeri.


Mi capita spesso di partecipare a dibattiti televisivi in cui, con assoluta sicurezza, qualcuno certifica che gli stranieri rappresentino l’unica soluzione per far crescere il nostro Pil e pagare le pensioni degli italiani. L’ultima occasione è stata una puntata di Stasera Italia, il programma condotto su Rete 4 da Barbara Palombelli. Antonio Caprarica, giornalista passato direttamente dal Sessantotto a sua Maestà la regina Elisabetta, sostenuto dalla professoressa Veronica De Romanis, autrice di un indimenticabile libro dal titolo L’austerità fa crescere, è l’ultimo esempio. Secondo lui (e secondo De Romanis) se vogliamo salvarci dobbiamo sperare che nel nostro Paese arrivino altri migranti. Diversamente, non risolveremo il calo demografico e l’Inps non avrà soldi per pagare gli assegni previdenziali.

La narrazione, tuttavia, si scontra con i numeri. Basta infatti prendere il rapporto elaborato a metà febbraio dall’Osservatorio sull’immigrazione per rendersi conto che le cose non stanno come vengono presentate dai vari Caprarica. Già il titolo dello studio dice tutto: L’impoverimento delle famiglie immigrate segna la chiusura di un ciclo. Ma ancor di più dicono le condizioni di lavoro dei cittadini stranieri. Natale Forlani, autore della ricerca, spiega che nel 2021 la popolazione immigrata in età da lavoro risultava di poco inferiore ai 3,8 milioni, ma di questi solo 2,2 milioni apparivano occupati e mentre 379 stranieri dichiaravano di essere in cerca di lavoro, 1,2 milioni erano classificati fra gli inattivi, vale a dire che non cercavano un contratto.

Si può immaginare che una buona quota di quel milione e 200 mila persone risultasse inattiva in quanto retribuita senza alcun inquadramento e dunque pagata in nero, ma certo l’appartenenza al mondo del sommerso non potrà in alcun modo contribuire alla crescita auspicata da Caprarica e De Romanis. L’aspetto curioso è che mentre si sostiene che gli stranieri contribuiranno a pagare le nostre pensioni, dall’altro si scopre che il tasso di occupazione fra gli immigrati regolarmente in Italia è inferiore a quello degli italiani. Infatti, mentre gli autoctoni hanno una bassissima media (rispetto a quella del resto d’Europa) che è pari al 58,3 per cento, i cittadini stranieri che lavorano sono ancor meno: appena il 57,8 per cento.

Non è tutto: chi si illude che saranno gli extracomunitari a salvare il nostro assegno previdenziale, forse non sa che i contratti di lavoro degli stranieri riguardano spessissimo qualifiche medio-basse. Infatti, se l’occupazione nelle fasce inferiori del mercato per gli italiani si ferma intorno al 30 per cento, nel caso degli immigrati si arriva al 75 per cento e per di più in settori di attività caratterizzati da un’intensa mobilità e dal lavoro sommerso. Da qui ne consegue che le retribuzioni sono minime. Infatti, secondo l’Osservatorio dell’Inps, i redditi annui lordi dei lavoratori dipendenti extracomunitari si fermano a 14.616 euro, il 33 per cento meno di quelli dei dipendenti italiani. Qualcuno potrebbe pensare a uno sfruttamento degli stranieri, ma la realtà è che la retribuzione è bassa perché le qualifiche, come detto, sono medio-basse.

Tuttavia, è interessante guardare com’è composto quel reddito medio che non arriva a 15 mila euro lordi l’anno. Il 42 per cento degli stranieri non percepisce più di 10 mila euro e solo il 6,4 per cento supera i 30 mila euro. Le retribuzioni dei 287 mila braccianti agricoli di origine straniera si assestano a 8.647 euro, di poco inferiori agli 8.496 euro dei 578 mila lavoratori domestici immigrati. In altre parole, circa due terzi degli occupati giunti nel nostro Paese, percepisce salari inferiori alla no tax area e la quota ulteriore, al netto delle detrazioni fiscali, genera introiti per l’erario inferiori ai 400 euro l’anno. Insomma, l’aiuto al nostro Pil e alle nostre pensioni al momento sembra molto fiacco, per non dire ininfluente.

Anzi, esiste il rischio che sia il nostro Paese a dover aiutare loro. Secondo l’indagine Istat 2021 sulla povertà dei nuclei familiari e delle persone, è in povertà assoluta il 30,6 per cento delle famiglie composte da stranieri, contro il 5,7 di quelle italiane. Nel rapporto dell’Osservatorio sull’immigrazione ci sono dati che dovrebbero far riflettere. «Complessivamente, le famiglie povere composte da immigrati sono il 31,3 per cento del totale, con un aumento di 7 punti rispetto all’indagine 2014». In pratica, su 5,6 milioni di poveri segnalati dall’Istat, 1,6 sono extracomunitari e negli ultimi dieci anni si è registrato un progressivo impoverimento dei redditi delle famiglie di immigrati regolari. Davvero si può continuare a credere che saranno loro a salvarci? Più che aiutarci a pagare le pensioni c’è il concreto rischio che saremo noi a pagare a molti stranieri il sussidio.

Di immigrazione scrive anche Mario Giordano nella sua rubrica Il grillo parlante a pagina 98.

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