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Domenico Arcuri, che sbaglia e raddoppia gli incarichi

Domenico Arcuri, che sbaglia e raddoppia gli incarichi

L’editoriale del direttore

Anziché essere mandato a casa, il commissario straordinario all’emergenza viene premiato.


In qualsiasi Paese normale, Domenico Arcuri sarebbe stato mandato a casa. In qualsiasi Paese normale, infatti, chi avesse promesso le mascherine a 50 centesimi, facendole sparire dai banchi delle farmacie in piena pandemia, sarebbe stato chiamato a pagare per il proprio errore e per i disagi causati ai cittadini. Ma invece di essere accompagnato verso l’uscita, il commissario straordinario all’emergenza è stato premiato con nuovi incarichi e maggiori responsabilità.

A lui è stato assegnato il compito di reperire i nuovi banchi scolastici, ossia i famosi tavoli con le rotelle che, secondo alcuni burocrati senza rotelle, da soli avrebbero dovuto garantire il distanziamento sociale nelle aule. L’arredamento scolastico avrebbe dovuto essere pronto e consegnato per il suono della campanella, cioè a settembre. Invece, ad agosto ancora c’era incertezza su chi avrebbe dovuto produrlo, al punto che una delle ditte vincitrici dell’appalto si scoprì avere un solo dipendente e pure quello in cassa integrazione: difficile, dunque, che una siffatta falegnameria fosse in grado di sfornare in poche settimane 450.000 banchi. Le fotografie con gli alunni curvi su se stessi, che prendono appunti in ginocchio, appoggiando il quaderno su una sedia, hanno fatto il giro del mondo.

Tuttavia, neppure questa vergogna è stata ritenuta sufficiente per far sloggiare Arcuri, il quale ha continuato, conferenza stampa dopo conferenza stampa, a fare danni. Così i bandi di gara per le forniture sono stati indetti in un giorno inesistente e la presentazione delle offerte per le nuove attrezzature è stata fissata alla fine di novembre, però la consegna delle dotazioni è stata spalmata in anni. Ma l’amministratore delegato di Invitalia designato nel ruolo di commissario non avrebbe dovuto far fronte all’emergenza? Sì, ma si tratta di capire quanto è urgente un’emergenza. Dalla flemma che il manager pubblico incaricato di risollevare il Sud ostenta, si direbbe che nulla, neppure il Covid, sia in grado di scuoterlo.

Memorabile è una sua intervista al Corriere della Sera di qualche settimana fa. Al giornalista che lo interrogava sul numero di posti letto nelle terapie intensive, Arcuri ha risposto che i respiratori erano stati acquistati e consegnati. Embè, ha chiesto il giornalista, e adesso dove sono? L’uomo dai super poteri, a quel punto, ha confessato di non saperlo, dicendo di aver chiesto lumi alle Regioni a cui i macchinari erano stati consegnati. E che cosa hanno risposto? Lo ha incalzato quell’altro, desideroso di capire di chi fosse la responsabilità dei ritardi. Alla domanda, Arcuri, che è persona che non si spiega e neppure si spezza, non ha avuto esitazioni, ribattendo di essere in attesa della risposta. Sì, l’uomo delle urgenze è un tipo che non mostra di avere urgenza e perciò neppure una pandemia è in grado di scuotere.

Gli interrogativi dei cronisti gli scivolano addosso come gocce d’acqua, senza lasciare traccia. In una conferenza stampa, a un collega che gli chiedeva notizie sulla cresta che sarebbe stata fatta su una partita di mascherine in arrivo dalla Cina – una sessantina di milioni, non spiccioli – Arcuri ha replicato di aver già querelato coloro che ne avevano parlato. Che ci sia un’inchiesta della magistratura, con diversi indagati e sequestri, per l’uomo smascherato (il settimanale Oggi lo ha ritratto per le vie di Roma senza protezioni) non pare cosa che necessiti di un chiarimento, ma si possa liquidare con un’oscura minaccia nei confronti di chiunque abbia intenzione di approfondire.

In qualsiasi altro Paese, dicevamo, chiunque avrebbe dovuto fare le valigie, invitato in fretta a occuparsi d’altro. Chiunque, ma non Domenico Arcuri, che anzi pare destinato a essere premiato. Già, perché dopo aver collezionato una serie di fallimenti, al commissario alle emergenze è stato affidato il compito di distribuire i vaccini. Sarà lui a comprarli e ad assegnarli alle diverse Regioni. Che nel frattempo non si sia premurato di assicurarsi i frigoriferi per la conservazione delle dosi, né le siringhe necessarie a vaccinare le persone come invece è stato fatto in altri Paesi, non pare d’ostacolo.

A chi ha osato chiedere se non ci fosse pericolo di trovarsi nelle prossime settimane senza il materiale indispensabile per inoculare il farmaco, Arcuri, che è al servizio di un ministro della Salute che ha il destino nel cognome, ha replicato dicendo di sperare di no. Come disse Mario Missiroli, direttore del Corriere della Sera rivolto al presidente della Repubblica: «Siamo nelle sue mani». Poi, voltatosi verso chi lo accompagnava, mormorò: «Oddio, in che mani siamo».

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