Penso sarebbe meglio evitare di fingersi Alice nel paese delle meraviglie Se decidi di rinunciare al gasolio russo, che fino all’altro ieri rappresentava il 50 per cento delle importazioni, il minimo che ti possa accadere è di pagare molto di più per i rifornimenti.
«Preferite la pace o stare tranquilli con l’aria condizionata accesa tutta l’estate?». Era il 7 aprile dello scorso anno quando Mario Draghi pronunciò questa frase. Il senso delle sue parole era chiaro: se vogliamo difendere il principio che un Paese non può invaderne un altro, e non si instaura con le armi una dittatura al posto di una repubblica democratica, dobbiamo essere pronti a qualche sacrificio, come rinunciare all’aria condizionata. In questo modo, l’ex presidente del Consiglio giustificò l’aumento delle bollette dell’energia e del gas, ma anche il rincaro del prezzo della benzina. E i suoi atti sono stati conseguenti. Infatti, da premier Draghi ha sempre insistito sull’embargo europeo nei confronti dei prodotti petroliferi russi, sostenendo che per fermare Putin e costringerlo alla resa bisognava interrompere il fiume di denaro con cui, acquistando petrolio e gas, l’Occidente finanziava la guerra. Come è noto, sul greggio la Ue ha deciso quasi subito, imponendo già a maggio scorso un blocco alle importazioni, anche se l’entrata in vigore della misura è stata posticipata alla fine dell’anno. Mentre sul metano le cose sono andate un po’ per le lunghe, in quanto alcuni Paesi, spaventati dalle conseguenze, hanno rinviato la decisione, per arrivare poi a un «accordicchio» che lascia il tempo che trova.
Ho ricordato ciò che è accaduto lo scorso anno perché se non si hanno presenti le scelte fatte dai governi europei, non si capisce ciò che sta succedendo ora. Mi riferisco in particolare alla questione del prezzo della benzina e del gasolio, che dal primo dell’anno è andato alle stelle, arrivando a sfiorare i due euro e in qualche caso, per esempio nelle pompe lungo le autostrade, addirittura a superarli. Ora, in molti si stupiscono e criticano l’esecutivo per non aver fatto nulla. Tuttavia, non solo era a tutti noto che – per dirla con Draghi – se preferisci la pace devi essere pronto a pagarne il prezzo, ma tutti sapevano che, avendo destinato i soldi dell’extra-gettito delle compagnie petrolifere alla riduzione delle bollette, i soldi per continuare a mantenere uno sconto su benzina e gasolio non c’erano. Infatti, anche se in tanti fanno finta di non ricordarsene, nel 2022, a fronte di un forte aumento dei listini alla pompa, Draghi mise sul piatto un miliardo al mese, rinunciando a incassare parte delle accise. Nonostante ciò, il pieno ha continuato a rappresentare un salasso per gli automobilisti, in quanto i listini sono oscillati fra 1,8 e 1,9 euro al litro.
Negli ultimi mesi dell’anno i prezzi erano un po’ scesi, per questioni stagionali ma anche perché alcune scorte avevano consentito di calmierare il costo. Tuttavia, venuto meno lo sconto siamo tornati a quota 1,8-1,9, con qualche eccesso per i rifornimenti in autostrada. Il governo ha parlato di speculazioni, ma io credo che in questa faccenda i furbi c’entrino poco. O meglio: gli imbroglioni ci sono, ma si tratta di coloro che fingono di dimenticare le parole di Draghi. «Preferite la pace o l’aria condizionata?». La domanda potrebbe essere declinata anche in altro modo: «Volete la guerra o la benzina a 2 euro?». «Intendete chinare il capo davanti a Mosca o siete pronti a pagare due euro per il gasolio?». Ecco, io penso che sarebbe meglio evitare di fingersi Alice nel paese delle meraviglie, ovvero di scoprire a gennaio 2023 che fare il pieno svuota il portafogli. Lo sapevano tutti che sarebbe finita così, non solo perché era evidente che l’Italia, con i vincoli di bilancio che sono imposti dall’alto debito, non poteva permettersi a lungo di pagare un miliardo al mese per tenere bassi i prezzi alla pompa. Ma anche perché se decidi di rinunciare al gasolio russo, che fino all’altro ieri rappresentava il 50 per cento delle importazioni, il minimo che ti possa accadere è di pagare molto di più per i tuoi rifornimenti.
Nel numero 10 di Panorama uscito il 2 marzo dello scorso anno il titolo era chiarissimo: «Quanto ci costa la guerra». La copertina non lasciava spazio ad alcun dubbio su che cosa ci aspettava, infatti si parlava dei contraccolpi economici, citando i prezzi dell’energia fuori controllo e un’inflazione record per i consumatori. È esattamente ciò che è successo. Le bollette hanno prosciugato nel corso del 2022 i risparmi delle famiglie, mentre benzina e gasolio hanno fatto il resto, per non parlare poi dell’inflazione. In una trasmissione tv di alcuni mesi fa, mentre mostravo il vecchio numero di Panorama che prevedeva le conseguenze delle nostre scelte, un giornalista, con una certa supponenza, commentava: «Non mi ero accorto che Panorama fosse in grado di anticipare cose che nessuno in Europa aveva immaginato». Il problema non è che cosa il nostro settimanale aveva descritto con precisione. Il problema è ciò che altri organi di informazione hanno scelto di nascondere all’opinione pubblica, per conformismo o codardia.
