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Giuseppi e Boccia pasticciano pure sui sessi

Giuseppi e Boccia pasticciano pure sui sessi

L’Italia è davvero uno strano Paese. Mentre l’economia va a rotoli, con una caduta del Pil che non ha precedenti se non durante la guerra e con un’ascesa dei disoccupati mascherata solo dal blocco dei licenziamenti, il Parlamento discute della doppia preferenza di genere. Sì, al Senato, prima delle vacanze, l’argomento del giorno non sono stati gli incentivi per far ripartire i consumi o le misure per assicurare il contenimento dell’epidemia, ma come fare in modo che alle prossime elezioni regionali sia garantita una eguale presenza di maschi e femmine in lizza.

L’Italia è davvero uno strano Paese. Mentre l’economia va a rotoli, con una caduta del Pil che non ha precedenti se non durante la guerra e con un’ascesa dei disoccupati mascherata solo dal blocco dei licenziamenti, il Parlamento discute della doppia preferenza di genere. Sì, al Senato, prima delle vacanze, l’argomento del giorno non sono stati gli incentivi per far ripartire i consumi o le misure per assicurare il contenimento dell’epidemia, ma come fare in modo che alle prossime elezioni regionali sia garantita una eguale presenza di maschi e femmine in lizza. In pratica, ogni candidato uomo dovrà essere controbilanciato per legge da una candidata donna. La questione delle cosiddette quote rosa nelle liste è un pallino della sinistra ed è considerata talmente importante che il governo ha deciso di correggere per decreto la disparità elettorale, introducendo una norma che avrà valore su tutto il territorio nazionale. Giuseppe Conte, a cui non fanno difetto l’arte retorica e anche una certa comicità, ha parlato di un «imperativo morale, politico e perfino giuridico», aggiungendo, senza che gli scappasse da ridere, che con il provvedimento del suo governo sulla parità di genere «è stata scritta una pagina della storia italiana dei diritti politici».

Ovvio, è giusto che anche le donne siano rappresentate alle Camere, nei Consigli regionali e pure in quelli rionali. Ci sarebbe però da discutere se un obbligo del genere non rischi di essere discriminatorio, perché invece di eleggere i migliori, maschi o femmine che siano, alla fine si costringeranno gli italiani a scegliere i consiglieri in base al sesso, ovvero con una rigida ripartizione tra i candidati in gonnella e quelli con i pantaloni, a prescindere dalla qualità delle persone. Già questo appare piuttosto assurdo, perché invece di riconoscere anche in politica parità di diritti fra uomini e donne, si crea una specie di riserva indiana per i soli maschi e un’altra per sole femmine, stabilendo per decreto quanti dei primi e quante delle seconde possano entrare a far parte del Parlamento o in Regione. Francesco Boccia, il ministro gaffeur di cui ci siamo occupati giorni fa, cioè colui che in pieno lockdown si era inventato la guardia nazionale del bagnasciuga, allo scopo di vigilare sull’uso delle mascherine, per sostenere il decreto sulla doppia preferenza di genere ha addirittura scomodato la «Dichiarazione dei diritti dell’uomo», giungendo a sostenere che la doppia preferenza, uomo-donna, appartiene appunto alla categoria dei diritti universali.

Ovviamente non ci permetteremo di contraddire due padri «ricostituenti» del calibro di Giuseppe Conte e Francesco Boccia. Se loro dicono che la decisione sulla preferenza di genere passerà alla storia gli crediamo sulla parola. Tuttavia ci domandiamo se l’introduzione della doppia preferenza di genere non contrasti con un’altra iniziativa legislativa voluta dalla maggioranza arcobaleno. Ci riferiamo al famoso disegno di legge Zan, ossia di una modifica al codice penale che introdurrebbe il reato di omofobia. In base alla norma che piace molto al Pd, gli italiani potrebbero essere puniti con condanne pesanti e anche col carcere nel caso facciano discorsi discriminatori nei confronti di qualcuno per le proprie tendenze sessuali. Secondo la nuova legge, le persone lgbtq, ossia lesbiche, gay bisex, transex e anche queer (che cioè non hanno ancora capito da che parte stare in materia sessuale) dovranno essere considerate vulnerabili, cioè da tutelare. Dunque, ogni discriminazione contro persone appartenenti all’universo lgbtq dovrà essere punita. Di più, il 17 maggio dovrà essere dichiarata giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia (la queerfobia al momento non è prevista), per la promozione della cultura del rispetto e dell’inclusione, allo scopo di contrastare i pregiudizi.

L’articolo 6 del disegno di legge Zan prevede anche una parità di trattamento a prescindere dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. Ma se questo sciagurato ddl voluto dalla lobby Lgbtq diventasse legge, che ne sarà del decreto di Conte che istituisce la doppia preferenza di genere? Candidare alle elezioni solo uomini e donne non sarebbe forse discriminatorio e punibile in virtù di un codice penale che vigila contro ogni discriminazione? Arriveremo perciò a una quadrupla, quintupla o sestupla preferenza di genere? Con candidati rigorosamente scelti non in base al sesso, ma alle tendenze sessuali. Insomma, ci toccheranno pure le liste di soli uomini, sole donne, soli gay, sole lesbiche, soli trans e soli queer? Vero che Conte e Boccia, con le loro iperboli, hanno già superato il senso del ridicolo, ma presto, grazie all’omotransfobia, potrebbero raggiungere nuove vette. Attendiamo impazienti le nuove citazioni della dichiarazione universale dei diritti omo, lesbo, bisex e transex. Alla fine, invece che le elezioni, avremo il gay pride.

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