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E in Italia c’è chi simpatizza con Hamas. Sui social.

E in Italia c’è chi simpatizza con Hamas. Sui social.

Da TikTok a Telegram, a Facebook: sui social network nostrani si moltiplicano i simpatizzanti della causa palestinese che incitano all’odio e invocano Hamas e l’Iran. In mezzo a molte fake news.


C’è un mondo che si muove sottotraccia e spalleggia, con atteggiamenti chiaramente antisionisti, i terroristi di Hamas. È un mondo che si muove su chat chiuse e canali Telegram, profili TikTok e gruppi Facebook, e si declina fra organizzazioni, centri sociali e semplici cittadini che sperano che il mondo arabo, quello più estremo, possa unirsi e respingere l’avanzata israeliana. Su Telegram, per esempio, in un canale cui si accede solo attraverso invito, ci si ritrova in un flusso inarrestabile e senza censura di post, foto e video (ne riportiamo alcune schermate in queste pagine) in cui vengono mostrate le atrocità del conflitto in corso in Medio Oriente. «Il lurido e squallido sionismo» scrive per esempio Adri Goxha «è un crimine contro l’umanità». «Solo l’Iran può fare qualcosa» replica Simone «la storia glielo chiede e lo farà per l’eternità».

L’antifona è chiara: Israele, finta democrazia e vera dittatura, sta compiendo un massacro. Questo pensiero viene esplicato più e più volte, come nel gruppo Giubbe Rosse, tanto che si arriva anche a pubblicare la foto di un terrorista di Hamas e un commento: «Speriamo che (gli israeliani, ndr) ne incontrino tanti di questi». Ed è proprio dall’autore di tali commenti che ci facciamo spiegare la situazione: «Voi giornalisti non capite» ci spiega in chat. «Anche gli atti terroristici, che per carità noi condanniamo, hanno sempre cause scatenanti: Gaza è una prigione a cielo aperto da anni per colpa delle politiche di Israele. E allora mi chiedo: siamo sicuri che i morti dei kibbutz debbano essere imputati ai terroristi di Hamas e non alle scelte razziste di Israele stessa?».

Un ragionamento contorto, secondo molti, che tuttavia trova libero sfogo sui social e, dunque, nei cortei che hanno riempito nei giorni scorsi tante città italiane. Perché il meccanismo, secondo quanto affiora frequentando questo mondo nascosto, è pressoché lo stesso: ci si ritrova online, si condivide lo stesso spirito antisionista, poi ci si ritrova in piazza. Con una differenza, però, sostanziale. Se in pubblico ci si spinge a sbandierare striscioni con la scritta «Free Palestine», sui social si va molto oltre, gridando il proprio odio nei confronti di Israele e finendo, così, con giustificare anche Hamas. Nell’occhio del ciclone sono finiti personaggi più o meno noti, da Patrick Zaki fino alla pornostar Mia Khalifa, che il 7 ottobre, proprio nel giorno dei bombardamenti di Hamas su Israele, aveva scritto un controverso post su X (dove è seguita da 5,7 milioni di follower) in cui inneggiava ai «combattenti per la libertà in Palestina» invitandoli a «girare i propri smartphone per filmare orizzontalmente».

È il rischio che, secondo alcuni, ha corso anche l’attivista italo-palestinese Karem Rohana che, con i suoi video soprattutto su TikTok, ha raccontato il conflitto («Hamas è nata in risposta a Israele […] È stata alimentata di odio da Israele» ha detto in un video postato sui social, commentato da una schiera di sostenitori). Pochi giorni fa il suo profilo social è stato cancellato, a dimostrazione che la risposta di X, Meta e TikTok, per quanto sovente tardiva, punti a contrastare fake news e notizie che potenzialmente concorrono ad alimentare l’odio.

Eppure gruppi, chat, canali si moltiplicano. Vengono oscurati e rinascono. E non ci vuole molto per imbattersi in commenti privi di fondamento. Rosa su Facebook denuncia: «Israele ha permesso che l’attentato avvenisse per poi reagire». MB86 su Telegram rilancia con «Israele ha messo in scena immagini di bambini morti uccisi da Hamas». In un crescendo vertiginoso addirittura spunta la tesi secondo la quale l’Ucraina avrebbe venduto armi ad Hamas. Così, i sostenitori di Hamas su Telegram registrano un’impennata di seguaci.

Un account appartenente alle Brigate al-Qassam, il braccio armato del movimento terroristico, ha visto il suo seguito triplicarsi, ed è stato decuplicato il numero di visualizzazioni di video e altri contenuti pubblicati. A farcelo notare è proprio un utente che rintracciamo su Telegram: «Certo, lì ci sono messaggi e video propagandistici, ma anche racconti di quello che realmente sta succedendo a Gaza. E quando leggi quei racconti è difficile dar torto a chi decide di imbracciare un mitra» sostiene. Sono i numeri, d’altronde, a mostrare questo inquietante exploit: secondo un’analisi del Digital Forensic Research Lab ripresa dalla Cnn, il canale Telegram delle Brigate al-Qassam aveva circa 200 mila follower al momento dell’attacco, oggi sfiora i 600 mila; prima dell’attacco i post del canale venivano visualizzati in media circa 25 mila volte, ora vengono caricati più di 300 mila volte. E tra utenti e follower spiccano migliaia e migliaia di italiani.

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