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La famiglia italiana si è ristretta

La famiglia italiana si è ristretta

In Italia aumenta il numero dei nuclei, ma questi diventano più piccoli perché crescono quelli che hanno una sola persona. E così il nostro futuro appare sempre più incerto.


Cresce il numero delle famiglie in Italia ma diventano sempre più piccole. Ce lo dice l’Istat in un rapporto che riguarda il 2019. E vedremo i vuoti scavati nella popolazione italiana dalla pandemia con, fino a oggi, circa 156.000 morti. È difficile dire ora quanto questo avrà inciso sulle famiglie, sul loro numero, sulla loro consistenza numerica, anche se – come capiremo tra poco – qualche dato e qualche previsione possiamo già farla.

Secondo l’Istat, nel periodo 2011/2019 c’è stata una crescita del 5% dei nuclei familiari. In sostanza il 99,4% della popolazione residente (59.641.488 cittadini) vive in una famiglia mentre la parte restante (382.067), cioè lo 0,6%, abita in istituti di assistenza e di cura.

È utile ricordare che – in termini economici e anche demoscopici – per famiglia si intende anche quella formata da una sola persona, un dato da tenere a mente perché spiega molte cose e in particolare una: aumentando, per vari motivi, i nuclei familiari composti da una sola persona – come mai è avvenuto nella configurazione delle famiglie italiane tradizionali – diminuisce sensibilmente da un punto di vista statistico il numero dei componenti di una famiglia media, che si assesta a 2,29 membri attuali dai 3,35 del 1971. Evidentemente, non occorre essere esperti di detta statistica per capirlo: si tratta di una caduta verticale.

Se si va a vedere nello specifico quali siano i comuni in cui le famiglie contano un solo componente superiore alla media, nientepopodimeno che il 42,6%, due sono nel Centro, Firenze e Roma, uno è nel Sud, Cagliari, e tre al Nord: Torino, Milano, Brescia, Genova, Verona, Venezia, Padova, Trieste, Bologna. Da notare che non si tratta assolutamente di città che nel panorama nazionale possano essere catalogate tra quelle più povere. Anzi, semmai il contrario.

I motivi di tutto ciò sono vari e ognuno di essi pone dei problemi. Il primo è il passaggio, ormai compiuto nella maggioranza dei casi, dalla famiglia lunga o allargata, che andava dai nonni ai figli, e magari comprendeva anche qualche altro parente, a quella corta o ristretta: papà, mamma e figli quando papà e mamma sono ancora insieme. Questo significa, com’è noto, una mancanza di rapporto tra figli e nonni che ha conseguenze negative sull’educazione degli stessi ragazzi.

Il secondo problema riguarda il fatto che non nascono figli in numero sufficiente, tanto da evitare lo sbilanciamento generazionale a favore degli anziani. Non nascono perché le condizioni in cui una famiglia si trova a vivere sono più sfavorevoli rispetto a quelle di altri Paesi europei, a partire dalla Francia.

Il terzo dipende certamente dalla durata sempre più breve delle coppie di persone sposate o conviventi. Su questo, come accennavamo prima, il Covid ha avuto un influenza che misureremo bene solo nei prossimi anni: si è calcolato che dall’inizio della pandemia sono aumentati i divorzi di circa il 50%. Comunque, virus o non virus, la questione c’è: l’istituzione famiglia da anni attraversa una crisi profondissima.

Il quarto riguarda l’aumento delle unioni civili di persone dello stesso sesso che non possono avere figli e non hanno intenzione di adottarne. Non si tratta ancora di percentuali particolarmente rilevanti, ma è certo un fenomeno in crescita e non in declino. Anche questo fa numero e spiega le percentuali basse della media dei componenti di una famiglia.

Tutti questi fenomeni, che portano a una diminuzione del numero di componenti di una famiglia, non possono essere considerati positivi per il nostro Paese. Non lo sono non perché la Costituzione afferma che la famiglia sia la cellula fondamentale della società (ciò rimane terribilmente vero) ma perché, appunto, socialmente e culturalmente rappresenta un fatto negativo.

Le famiglie sono «la culla del futuro» di un Paese, se queste culle diminuiscono o sono vuote il Paese ha certamente meno futuro. Con le famiglie corte o ristrette è più difficile trasmettere i valori e la cultura di un popolo, quel formidabile passaggio di memoria, di usi e di costumi, di sensibilità che è costituita dal rapporto nonni-nipoti. Tutto questo, soprattutto nella società virtuale, sarebbe invece quanto mai necessario per arginare la propensione dei giovani a rifugiarsi in un orizzonte virtuale, che in quanto tale è fragile, debole e soggetto ai venti che cambiano.

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