È un bisogno – frustrato – di sacro. E se la Chiesa continua a occuparsi più di clima che di Dio, gli adepti delle «buone vibrazioni» aumenteranno.
Perché cinquemila persone accorrono ad ascoltare un guru ignorante? Perché sono disposte a pagare fino a 900 euro per sentire le sue banalissime meditazioni («dovete migliorarvi», «dovete combattere le malattie mentali», «dovete usare la vita come trampolino»)? Forse perché a queste persone manca qualcosa. Qualcosa che non trovano più in una società sempre più secolarizzata. E in una Chiesa cattolica che sembra annunciare più la transizione ecologica che la resurrezione di Gesù Cristo. Che ha fatto passare la speranza della vita eterna in secondo piano rispetto alla necessità di ridurre i combustibili fossili. Pensateci: il bisogno di sacro, di eterno, di un Dio, comunque lo si voglia chiamare, è connaturato all’uomo. L’uomo non può fare a meno di farsi le domande essenziali sul senso della vita. E se non trova risposte le va a cercare. anche in un guru ignorante.
Sarebbe fin troppo facile ridicolizzare Sadhguru, il guru dei vip, quello che piace a Leo DiCaprio, quello che ha riempito il palazzetto di Milano con le sue cinque ore di meditazione, le sue vibrazioni e i suoi album di foto al modico prezzo di 72 euro l’uno. Si può ridere fin che si vuole sul successo di uno che dichiaratamente non sa nulla e non è capace di far nulla, che ama farsi ritrarre in moto e mentre gioca a golf, ex studente di letteratura, una moglie vittima di una misteriosa «morte mistica» e pochissime esperienze lavorative alle spalle, una delle quali in un’industria di polli. Il posto giusto, si capisce, per imparare come si riempiono i palazzetti. Si potrebbe ironizzare all’infinito sul guru dei vip e sui polli. Ma forse rischieremmo di farci sfuggire qualcosa di essenziale.
Mi ha colpito molto il risultato di un’indagine pubblicata pochi giorni dopo la visita a Milano del guru. Realizzata dall’Università di Milano in collaborazione con la rivista dei dehoniani Il Regno, rivela che ormai un italiano su due non crede più e che la percentuale di chi va a messa la domenica è scesa al 18 per cento. Mi ha colpito perché anch’io faccio parte di quel 18 per cento. E anch’io mi sento sempre più disorientato. Mi sento disorientato, per esempio, a leggere l’ultimo documento del Papa, l’esortazione ecologica Laudate Deum, una sorta di manifesto green che sembra ispirato da Greta Thunberg o dal geologo Mario Tozzi. Si parla di gas serra, Cop25, Cop26, Cop27, litio, silicio, combustibili fossili, acidificazione dei mari. Sarebbe difficile distinguerlo da un documento di Legambiente.
Ora io lo so che il Papa non sbaglia mai, e dunque sbaglio io. Ma mi hanno insegnato a cercare in chiesa le risposte fondamentali alle domande su vita e morte, su gioia e dolore, sul senso di esistere. Adesso quelle risposte faccio fatica a trovarle dentro una chiesa che predica la transizione ecologica e la liberazione dai gas serra. Faccio fatica a trovarle recitando «credo nel cambiamento climatico, creato dall’uomo prima di tutti i secoli». Faccio fatica a trovarle nelle parrocchie dove si parla più dell’acqua che rischia l’acidificazione di quella che viene trasformata in vino a Cana. Faccio fatica. Anzi, proprio non ci riesco. Ma sicuramente sbaglio io perché il Papa non sbaglia mai.
Sbaglio io, e sbagliano i fedeli, i preti, i cardinali che hanno dubbi. Sbaglia chi si stupisce che a fianco del Papa nella nuova versione green ci sia il premio Nobel Giorgio Parisi, quello che, insieme ad altri 66 professori, firmò per cacciare un altro Papa dall’Università la Sapienza. Sbaglia chi si stupisce che a fianco del Papa, tra gli invitati d’onore al Sinodo dei vescovi, ci sia Luca Casarini, ex leader delle tute bianche che dichiarò guerra al G8 di Genova, l’uomo dei centri sociali e dell’osteria «Allo sbirro morto», l’uomo che ora si occupa di migranti e conclude affari sulla loro pelle dicendo al telefono «Con i soldi dei profughi festeggiamo a champagne». Io sono sempre andato a messa e mai all’osteria «Allo sbirro morto», e perciò ora sono un po’ disorientato. Ma se il Papa l’ha invitato ha fatto bene, perché il Papa non sbaglia mai.
Sbaglio io, evidentemente, e sbagliano tutti quelli che sono un po’ disorientati anche di fronte al Papa che va nella camera ardente laica del laico Napolitano e laicamente evita di farsi il segno della croce. Sbagliamo a credere che il segno della croce sia la testimonianza della nostra fede, del Signore risorto, di quella certezza nella vita eterna che da credenti vogliamo annunciare proprio davanti alla morte. Siccome il Papa non sbaglia mai, sbagliamo noi a continuare a cercare dentro le nostre chiese le risposte alle domande profonde, al bisogno di sacro, alla inevitabile sete di eterno. E a forza si sbagliare chissà che un giorno o l’altro ci troveremo anche noi a far la fila per assistere alle meditazioni di qualche guru ignorante.
