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Eurocrazia deluxe

Eurocrazia deluxe

Nonostante i disastri del Covid in economia e la frenata della ripresa, le risorse destinate alle istituzioni dell’Unione sono in crescita. Per il 2022 +402 milioni di euro, per un bilancio di previsione di 10,4 miliardi. E al di là delle spese legittime, nel corposo documento si scoprono anche «voci» che instillano un dubbio: se nelle sedi del potere continentale sia nota l’espressione «spending review»…


Quattrocentodue milioni di euro. Una cifra che fa impressione, non c’è dubbio. Specie se si considera che non parliamo del costo di una delle istituzioni che compongono il magico mondo dell’Unione europea, ma «solo» la differenza tra le uscite del 2021 e quelle del 2022. Impossibile? Non per l’Ue. Panorama ha consultato i dettagliati bilanci di previsione per quest’anno. Le cifre sono da capogiro: alla voce «pubblica amministrazione europea» si stimano spese per 10.845.262.174 – rispetto, appunto, ai 10,4 miliardi del 2021 – tra il Parlamento (2,1 miliardi), la Commissione presieduta da Ursula von der Leyen (3,8 miliardi), il Consiglio europeo (615 milioni), la Corte di giustizia (464 milioni), la Corte dei conti Ue (161) e via via tutti gli altri istituti come il Comitato europeo delle regioni, il Mediatore europeo, e via burocratizzando. Certo, parliamo di organismi centrali per la vita comunitaria ma che anche in tempo di Covid-19 non hanno ritenuto opportuno stringere la cinghia.

Prendiamo il Parlamento europeo. Non passa inosservata la spesa per il personale (l’organico comprende 6.773 unità): tra funzionari, consulenti, collaboratori e ovviamente i 705 deputati occorreranno 1,1 miliardi di euro. Per le sole indennità dei nostri eurorappresentanti nel 2022 verranno spesi 79,4 milioni (l’anno scorso erano 76,7), cui si aggiungono i costi per i viaggi e altre indennità «di spese generali». Per l’esattezza sono 39,6 milioni per coprire quelle «connesse alle attività parlamentari dei deputati», che si aggiungono a loro volta ai 215 milioni di euro messi a disposizione da Bruxelles per gli assistenti parlamentari.

Non è finita qui. Sono previsti anche 750 mila euro per «corsi di lingua e di informatica» destinati ai meno preparati. Ancora, spuntano 265 mila euro affinché eletti, assistenti e personale in genere possano rafforzare i legami tra loro. Lo stanziamento, recita puntigliosa la voce di bilancio, è «destinato a incoraggiare e sostenere finanziariamente ogni iniziativa destinata a promuovere le relazioni sociali tra gli agenti di provenienza diversa, come sovvenzioni ai club e circoli sportivi e culturali del personale, nonché a contribuire al costo di una struttura permanente d’incontro (per attività culturali, sportive, ricreative, di ristorazione) da utilizzare nel tempo libero».

L’Europarlamento, però, non abbandona gli eletti neppure dopo la fine dell’esperienza sugli scranni. Ecco così le «indennità transitorie» (nel 2022 verranno accantonati 1,1 milioni), destinate – si legge nel corposo documento contabile – a coprire le esigenze di «fine mandato di un deputato». Anche quando non si è più europarlamentare, nessuna paura: Bruxelles stanzia 260 mila euro per l’Associazione degli ex deputati.

Basta? No. C’è una spesa che rimanda alla oggi poco sostenibile frammentazione dei vari luoghi dell’Unione. Per «missioni e spostamenti del personale tra i tre luoghi di lavoro», e dunque Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo, sono state previsti infatti 24,4 milioni di euro. Già, gli immobili. Il solo mantenimento delle varie sedi pesa per 233 milioni di euro, cui si aggiungono altri 25 per saldare affitti vari, che lasciano interdetti considerando che il patrimonio immobiliare del solo Parlamento ammonta a 780 milioni di euro. In ogni caso, oggi l’istituzione comunitaria che gestisce il potere legislativo dell’Europa si accomoda in ben 18 indirizzi: 12 a Bruxelles, 5 a Strasburgo e una in Lussemburgo (e ulteriori dieci, minori, in giro per l’Europa).

Non che le altre istituzioni siano da meno. La Commissione, che detiene il potere esecutivo, conta 34 sedi a Bruxelles più 5 a Strasburgo, e 14 disseminate in varie città europee. Anche in questo caso i conti colpiscono: al cospetto di un patrimonio immobiliare che si aggira sugli 1,3 miliardi di euro, per il 2022 sono stati stanziati per «immobili in locazione» oltre 333 milioni.

Una cifra giustificata dal personale che lavora all’interno degli organismi. Si tratta, in totale, di 23.469 dipendenti tra «posti permanenti» e «posti temporanei». La domanda, a questo punto, sorge spontanea: qual è la spesa sostenuta per i nostri vertici, ovvero i 27 commissari? Si scorre dunque il bilancio alla voce «Stipendi, indennità e assegni fissi legati agli stipendi dei membri dell’istituzione»: 10.612.000 euro.

Se volessimo, per semplificazione, dividere questa cifra per 27 parliamo di una media di 393 mila euro a testa. Non male considerando, per dire, che in Italia chi lavora nel pubblico non può superare oggi i 240 mila euro annui (anche se dal 2023 il tetto salterà poiché i dirigenti pubblici godranno di adeguamenti annuali in relazione a specifiche percentuali Istat e agli «incrementi medi» conseguiti dai dipendenti pubblici. Una norma, introdotta a fine dicembre scorso, che per l’anno prossimo farà salire la soglia massima a 249 mila euro).

C’è però una spiegazione: la spesa dei dirigenti apicali dell’Europa comprenderà ogni necessità, anche la più remota. Nella documentazione ufficiale, c’è scritto che la voce di spesa coprirà oltre a «gli stipendi base dei membri della Commissione», «le indennità di residenza dei membri», «gli assegni di famiglia», «l’assegno per figlio a carico», «l’indennità scolastica». E già che ci siamo, pure un’ulteriore rimborso «di rappresentanza» e un eventuale contributo «per la nascita di un figlio». Esattamente come il Parlamento, anche la Commissione pensa ai suoi ex: potranno comunque attingere alla generosa una tantum di 2,8 milioni stanziati quest’anno per le «indennità transitorie».

C’è un’ulteriore nota dolente (per le tasche dei cittadini europei, più che ottima per chi ne beneficia): gli euro-vitalizi. La prima cosa da sottolineare è che, a dispetto degli odiatissimi assegni d’oro di casa nostra, quelli comunitari sono praticamente top secret. Impossibile sapere quanto oggi percepisca ogni singolo ex eurodeputato o commissario. Ma sappiamo, conti alla mano, quanto costa l’intera fetta delle pensioni: 2,3 miliardi di euro. Nel computo, ovviamente, rientrano non solo ex politici, ma anche funzionari, dirigenti e personale in genere. Se volessimo circoscrivere ai soli eletti, la cifra resta comunque ragguardevole: nel 2022 i vitalizi agli ex europarlamentari costeranno 11,3 milioni (nel 2021 10,7).

Curioso è pure il caso del Consiglio europeo: considerando che esso è formato dai vari capi di Stato e di governo dei Paesi membri, bisogna versare pensione solo agli ex presidenti ed ex segretari generali: 730 mila euro quest’anno. Per gli ex commissari, invece, è prevista una spesa di 7,3 milioni. L’attuale presidente Charles Michel, già premier belga fino al 2019, potrà ringraziare. Compulsando ancora le cifre, si scopre che 5,6 milioni vanno per gli ex membri della Corte dei conti. Infine, la sorpresa: l’esborso maggiore per i «vitalizi» non è per i parlamentari, bensì per i giudici. Le pensioni degli ex membri della Corte di giustizia europea il prossimo anno varranno 12,9 milioni di euro. No, la crisi sicuramente non tocca questa solenne quanto remunerata istituzione continentale.

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