Home » Attualità » Opinioni » Il pericolo dei nuovi sonnambuli

Il pericolo dei nuovi sonnambuli

Il pericolo dei nuovi sonnambuli

L’editoriale del direttore

Ho ripreso in mano un saggio di Christopher Clark dal titolo I sonnambuli. Non parla di disturbi del sonno, ma di come si arrivò alla Grande guerra. «Chi aveva le leve del potere era cieco di fronte alla realtà dell’orrore che stava per portare nel mondo». In merito all’espansionismo della Cina e alla guerra di Putin altro da aggiungere non c’è.


Nel numero in edicola di Panorama trovate due articoli sulla Cina. Il primo è di Maurizio Tortorella e passa in rassegna lo stato dell’economia del Dragone, vale a dire il Pil che cala, la disoccupazione che cresce, l’edilizia che fa sboom e la popolazione che diminuisce. Il secondo servizio, a firma di Fausto Biloslavo, si occupa invece dell’espansione in Africa che rischia di diventare un boomerang per Pechino. Se il Paese asiatico è ormai presente in tutto il continente nero, il bilancio della penetrazione è in profondo rosso, perché i cinesi sono cresciuti, ma a suon di prestiti, cioè diventando creditori degli Stati africani per una somma che ormai supera i cento miliardi di dollari, gran parte dei quali inesigibili, perché i Paesi che hanno ricevuto i soldi sono tra i più poveri del mondo e quel denaro non sono in grado di restituirlo. Leggendo gli articoli dei due colleghi, istintivamente ho pensato che i guai di Xi Jinping fossero una buona notizia per noi, in quanto se la Cina arranca fa meno paura.

In realtà, le cose non sono come sembrano. O meglio: le difficoltà del Dragone sono esattamente come le descrive Tortorella. Molte aziende straniere, spaventate dall’aggressività cinese, ma anche dalle sanzioni americane, stanno dirottando altrove le proprie produzioni e questo contribuisce a rallentare l’economia nazionale, prova ne sia che crescono le persone senza un lavoro e si moltiplicano quelle che non ricevono lo stipendio. In molte regioni dilagano gli scioperi, ma quello che non riescono a fare le imprese che fanno i bagagli lo completano la crisi edilizia, che ha visto crollare alcuni grandi gruppi, e il calo della popolazione che fa temere per la tenuta del sistema previdenziale. E allo stesso tempo, i miliardi di dollari che Pechino ha speso in Africa e in molti altri Paesi per costruire la Nuova Via della seta, ossia creare un mercato sotto il dominio di Xi Jinping, non soltanto non è detto che fruttino come si immaginava, ma probabilmente non torneranno indietro, in quanto sui percettori dei prestiti incombe l’incubo del default.

Dunque, non dobbiamo più temere la minaccia del Dragone dal punto di vista economico e commerciale? Sì, ma purtroppo ne incombe un’altra forse ancor più grave. Infatti, al tentativo americano di indebolirla, la Cina potrebbe reagire militarmente. Non penso solo al rischio di un’invasione di Taiwan, pericolo che sembra sempre più concreto e che è difficile contrastare in quanto l’isola non sarebbe in grado di resistere a lungo a un bombardamento di Pechino. No, penso alle mosse che Xi Jinping potrebbe fare se si sentisse messo alle strette, opzioni di cui l’isola di Formosa fa parte, ma non è la sola. Da quando i carri armati di Putin hanno varcato il confine puntando su Kiev, il comportamento cinese è sempre stato ambiguo.

Ufficialmente, Pechino ha preso le distanze, ma nei fatti non ha mai votato alcuna risoluzione contro la Russia, tenendosi le mani libere per poter continuare i propri giochi. In apparenza la Cina non ha fornito materiale bellico a Mosca, però ha comprato dalle aziende vicine al Cremlino gas e petrolio, contribuendo dunque a sorreggere l’economia di guerra. A un certo punto, quasi a voler sottolineare il proprio ruolo super partes, Xi Jinping si è pure trasformato in uomo di pace, vestendo i panni del mediatore e spedendo i suoi tirapiedi a Mosca e a Kiev per parlare di tregua. In realtà, i cinesi hanno continuato a fare i loro affari, salvo poi annunciare, forse perché nessuno credeva più alla farsa di un Paese che non si schierava né con l’Ucraina né con la Russia, «un salto di qualità nelle relazioni con il Cremlino». Secondo le fonti, la collaborazione fra le due nazioni starebbe procedendo verso un nuovo livello. Forse non si tratta di un’entrata in guerra di Pechino al fianco di Mosca, perché al Paese asiatico ancora non conviene iniziare un conflitto con chi compra i suoi prodotti, ma poco ci manca.

Per quanto non ci piaccia, sia la Russia sia la Cina sono superpotenze. La prima oggi è acciaccata dalle sanzioni, ma la seconda no. Insieme rappresentano per popolazione più di un sesto del mondo, ma se uniamo gli abitanti di altri Paesi che gravitano nell’orbita di Mosca e Pechino, si arriva agevolmente a un terzo della popolazione globale. Possiamo iniziare un conflitto di queste dimensioni? Gli esiti, a prescindere da chi vinca e da chi perda, potrebbero essere catastrofici. Non so perché, ma mentre Volodymyr Zelensky dice che il conflitto finirà quest’anno e l’Ucraina si riprenderà tutti i territori occupati, e mentre i leader europei dicono che sosterranno Kiev fino alla vittoria, ho ripreso in mano un saggio di Christopher Clark dal titolo I sonnambuli. Non parla di disturbi del sonno, ma di come si arrivò alla Grande guerra. «Re, imperatori, ministri, ambasciatori, generali: chi aveva le leve del potere era come un sonnambulo, apparentemente vigile ma non in grado di vedere, tormentato dagli incubi ma cieco di fronte alla realtà dell’orrore che stava per portare nel mondo». Ecco, altro da aggiungere non c’è.

© Riproduzione Riservata