Oggi li chiamano i «negozi di vicinato». Snobbati dalla moderna urbanistica, sono ciò che resta del cuore antico dei Comuni. E quando chiudono, finisce un mondo fatto di socialità e umanità.
Cosa sono e cosa rappresentano quelli che oggi vengono chiamati negozi di vicinato e una volta si chiamavano botteghe? Fanno parte della struttura di fondo, se fosse un’auto diremmo della «scocca», cioè l’assetto portante, ma in questo caso riguarda i comuni, le città, i centri abitati che si nutrono anche di commercio; e qui non centra il capitalismo selvaggio, l’uomo fatto di consumi, una prospettiva della città vista solo in termini economici. Tutte idee sbagliate, visioni miopi. Le nostre città hanno una tradizione forte, incarnata nelle loro mura perché discende da una visione degli abitanti che possano avere a portata di mano tutto ciò che serve per vivere e vivere bene. È a questo livello, alto, molto alto, che si colloca il significato delle botteghe oggi dette «negozi di vicinato».
Li hanno chiamati così perché bottega ha il sapore di un termine medioevale e non abbastanza moderno per una cultura che ha orrore il termine antico. Quando, poco dopo l’anno Mille, in Italia fu inventato il Comune, fu disegnato in modo che i cittadini potessero disporre delle funzioni essenziali «a portata di mano»: perché essere cittadini, in quell’epoca, da parte di chi lo pensò e lo realizzò, significava che la città dovesse rispondere, anche nella conformazione urbanistica, a tutte le esigenze di chi la abitava. Per questo nacquero le botteghe, il municipio, la piazza dentro e intorno alla quale si svolgeva la vita sociale e commerciale, la chiesa, gli altri palazzi del potere, e poi, via via, gli ospedali, i monasteri…
Cos’è una bottega? È un esercizio commerciale, generalmente piccolo, affacciato sulle vie o sulle piazze, spesso con annesso il laboratorio artigianale dove si lavorano le merci che poi vengono vendute. È in quei retrobottega che sono nati coloro i quali, una volta invecchiati i fondatori o i proprietari della bottega, e avendo imparato il mestiere, li sostituivano. E così, di generazione in generazione. Il cliente, ricco o povero che fosse, nel passare dei secoli fino a buona parte del Novecento (diciamo fino agli anni Ottanta), aveva un rapporto personale con il proprietario e con i lavoratori della bottega. Per chi non aveva soldi si concedeva il credito sulla base della conoscenza, perché il termine credito viene dal latino creditum che ha la radice nel verbo credere: la conoscenza era sufficiente per sviluppare un rapporto di fiducia tra chi vendeva e chi comprava e faceva debito perché non aveva in quel momento abbastanza per pagare.
Purtroppo, a volte, chi non conosce la storia non può capire nulla del presente, è ignorante nel senso che ignora, non conosce, non sa. Purtroppo, molti di quelli che hanno deciso come sviluppare le città dopo le loro stagioni d’oro (appunto fino al Novecento inoltrato), le hanno ridisegnate per fare affari o non avendo idea di cosa significava realizzare un comune italiano che, come concetto e come realtà, è nato in Italia. È come se chi ha inventato un’opera d’arte poi la deformasse fino a renderla irriconoscibile.
Qui non c’entrano i centri commerciali – o almeno non solo quelli – bensì le politiche urbanistiche folli, ignoranti, prive di cultura storica che hanno dominato in Italia dagli anni Settanta in poi lasciando, in alcuni casi, i centri storici com’erano ma privandoli delle botteghe, e costruendo le periferie dormitorio nelle quali la vecchia eco della bottega e del comune medioevali rivive perché la gente che vi abita crea – senza nessun aiuto da parte dei pubblici poteri – una comunità fatta di amicizie, organizzazioni di volontariato, bocciofile e quant’altro.
In altre parole, ciò che non hanno saputo fare alcuni urbanisti cialtroni e affaristi prova a farlo la gente perché attraverso loro l’umanità e la socialità, alla base del Comune, riaffiora come nei fiumi carsici, che sembra a un certo punto che muoiano e poi rispuntano più vivi di quando si sono interrotti. La storia è popolata da fiumi carsici e purtroppo le botteghe stanno entrando nel fiume carsico, ma nella parte sotterranea. E non è questione di mercato, è questione di chi, non avendo cognizione della storia economica, sociale, culturale, urbanistica e commerciale dell’Italia, non capisce nulla di cosa significhi una bottega che chiude i battenti. n
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