Il rapporto Aifa parla chiaro: in Italia, su oltre 84 milioni di dosi anti-Covid somministrate, le reazioni avverse accertate sono lo 0,12 per cento, di cui l’85 per cento non gravi. E non proteggersi, confermano gli esperti, è assai più pericoloso.
Mentre la campagna vaccinale italiana corre verso il 90 per cento di adesione, sette milioni di persone restano a rischio di contrarre il Covid in forma severa, e di mandare in crisi la tenuta delle terapie intensive perché non protetti nemmeno con la prima dose. Non sono solo no-vax «ideologici» che credono ai complotti di Big Pharma, ma anche tante persone che hanno dubbi e timori sulla loro sicurezza. Soprattutto di fronte all’elenco dei numerosi «sospetti eventi avversi» riportati sul sito Eudravigilance dell’Ema, il sistema di sorveglianza dell’Agenzia europea del farmaco, che riunisce tutte le segnalazioni sugli effetti collaterali e sullo stato di salute dopo la vaccinazione anti-Covid.
Dati che però vanno correttamente interpretati: «Non c’è alcun dubbio sul fatto che i sistemi di segnalazione di eventi post-vaccino di Aifa ed Ema siano strumenti preziosi e utilissimi» spiega Mario Clerici, docente di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore scientifico dell’Irccs di Milano Fondazione Don Gnocchi. «Ma hanno un lato debole: chiunque, pure in maniera anonima e senza la “garanzia” del medico curante o del vaccinatore, può inserire una segnalazione di evento avverso, anche grave o gravissimo. E questo può essere fuorviante e molto pericoloso».
Anche perché tante di queste segnalazioni, magari del tutto benigne, o semplicemente concomitanti al vaccino (escludendo che ce ne siano in malafede), finiscono per ingrossare le fila degli eventi avversi: «Facciamo un esempio» continua Clerici. «Un linfonodo gonfio sotto l’ascella dopo l’iniezione è la conferma indiretta che il sistema immunitario si è attivato, quindi che il vaccino sta facendo il proprio dovere. Però questa reazione magari viene inserita tra quelle “gravi” a carico del sistema linfatico. E se una settimana dopo il vaccino a quel paziente, per esempio durante uno screening, viene diagnosticato un cancro al seno o al colon, ecco che il caso finisce nelle segnalazioni».
Solo successivamente, incrociando questi dati con gli ingressi negli ospedali o nei pronto soccorso, o confrontando l’incidenza di determinate patologie avvenute nell’«anno dei vaccini» rispetto al periodo precedente, le segnalazioni vengono confermate oppure confutate: sostenere, prima di questi accertamenti, che il colpevole è l’iniezione anti-Covid sarebbe come dare dell’omicida a un semplice indagato.
Certo, i vaccini non sono privi di effetti collaterali, spesso lievi e transitori, a volte seri o gravi (come dimostra il caso delle rare trombosi venose profonde causate dal siero di Astrazeneca, soprattutto in giovani donne). «Nessun farmaco, inclusi i vaccini, ha un profilo totalmente esente da effetti collaterali» dice Gennaro Ciliberto, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma e professore di Biologia molecolare all’Università di Catanzaro. «Ma viene immesso e mantenuto sul mercato soltanto se il rapporto tra il beneficio e il rischio è elevato. L’ultimo report dell’Aifa, per esempio, dimostra che tra il 27 dicembre 2020 e il 26 settembre 2021, su più di 84 milioni di dosi di vaccino Covid-19 somministrate in Italia, le reazioni avverse sono state 101.110, ossia lo 0,12 per cento, di cui 86 mila, l’85 per cento, classificate come non gravi. Esistono effetti che compaiono a breve distanza dalla somministrazione – e sono detti acuti – e una certa percentuale di questi, estremamente bassa rispetto al totale, è grave. Ma succede con moltissimi farmaci di uso comune: gli effetti collaterali accertati, di una certa numerosità e gravità, comportano l’aggiunta di un “label” nel foglietto illustrativo del prodotto».
Del resto, se si considera che secondo i dati dell’Ema, nei dodici mesi tra l’aprile 2020 e l’aprile 2021 ci sono stati in Europa 275 decessi a causa di assunzione di paracetamolo (con 4.500 segnalazioni solo in Italia), 92 vittime a seguito di assunzione di ibuprofene (con 4.367 segnalazioni solo in Italia) e 297 a seguito di assunzione di acido acetilsalicilico, è chiaro come non ci si possa stupire di fronte a segnalazioni su effetti collaterali, per la maggior parte lievi, per un vaccino che a oggi è stato somministrato in 7 miliardi e 166 milioni di dosi nel mondo (mentre i morti totali per Covid ha superato a oggi i 5 milioni, e il dato è facilmente sottostimato).
A tenere lontano gli indecisi dagli hub vaccinali sono anche i timori di eventuali conseguenze nel tempo, magari dopo anni di distanza dalla puntura: ipotesi come quelle dell’mRNA che modifica il genoma, provoca tumori o fa «impazzire» il sistema immunitario vengono però smentite dalla scienza.
«Sui presunti effetti a lungo termine che colpirebbero gli immunizzati, è bene fare chiarezza» afferma il virologo Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche. «I danni a lungo termine ci sono nelle persone che hanno fatto la malattia, non in quelle vaccinate. L’mRNA o il DNA del vettore adenovirale contenuti nei vaccini vengono eliminati dal nostro organismo nel giro di pochi giorni. Ciò che resta sono solo le cellule del sistema immunitario che hanno imparato a riconoscere il coronavirus. Che è esattamente il motivo per cui ci vacciniamo. Quando ci si infetta, invece, oltre a queste cellule rimangono anche i danni che il virus ha fatto ai vari organi del corpo, ai polmoni, al cuore, al cervello. Che possono essere, questi sì, molto gravi e invalidanti».
Tra le preoccupazioni c’è poi quella di incorrere in una «recrudescenza» di particolari patologie autoimmuni, magari sopite: «Nessuno studio eseguito in “real world”, cioè non in fase di sperimentazione ma sui grandi numeri dei vaccinati nel mondo reale, mostra un peggioramento delle malattie autoimmuni in soggetti predisposti» aggiunge Ciliberto. «Nonostante si sia portati a pensare che, siccome il vaccino induce una risposta immunitaria “non-self” contro un agente estraneo, potrebbe risvegliare anche una reazione immunitaria generica rivolta contro se stesso, e quindi “self”, non abbiamo dati che confermano questo fenomeno: ci sono solo racconti ed episodi che possiamo definire “aneddotici”, non confortati da numeri. Il racconto aneddotico, fatto dalla singola persona che può aver riscontrato effetti su di sé, non è un metodo scientifico. E senza metodo scientifico non c’è notizia».
Infine, la grande paura che riguarda il rischio di miocarditi (ossia l’infiammazione del muscolo cardiaco) conseguenti alla vaccinazione: «Le miocarditi post-vaccino sono state riscontrate in determinate categorie, come quella dei giovani maschi» spiega Maga. «Nella maggior parte dei casi si risolvono facilmente e in breve tempo. È un evento raro, esiste ma la loro incidenza è davvero minima, qualcosa come 2 casi su 100 mila: un numero estremamente inferiore rispetto al rischio di miocardite causata dal Covid».
