Home » Attualità » Politica » «Fare figli oggi? Manca lo spirito di sacrificio. E il problema dei nonni…»

«Fare figli oggi? Manca lo spirito di sacrificio. E il problema dei nonni…»

«Fare figli oggi? Manca lo spirito di sacrificio. E il problema dei nonni…»

Parla Simonetta Matone, da sempre vicina alle tematiche della famiglia. «Crearsi una famiglia oggi è un lusso, non solo economico ma anche di tempo, che molti non possono permettersi»

«Le donne di oggi? Troppe non vogliono figli». E non perché il loro mantenimento comporta l’utilizzo di un sacco di soldi ma perché in un certo qual modo si è innestato un nuovo meccanismo, nella società moderna, per cui un figlio – per quanto possa essere una gioia immensa – riscrive la propria vita. Chiude un capitolo e ne apre un altro, senza chiedere permesso. E senza darti la possibilità di tornare indietro.

«Gli uomini di oggi? Troppi non vogliono figli». E non perché il loro mantenimento comporta l’utilizzo di un sacco di soldi ma perché in un certo qual modo si è innestato un nuovo meccanismo, nella società moderna, per cui un figlio – per quanto possa essere una gioia immensa – riscrive la propria vita. Chiude un capitolo e ne apre un altro, senza chiedere permesso. E senza darti la possibilità di tornare indietro.

Le due frasi sono identiche, così come lo è il concetto, nonostante le differenze di sesso. Non fare figli oggi, in Italia, non è solo una questione economica. È un qualcosa radicato nel profondo e chiaramente ricollegabile al fatto che, le nuove generazioni, non godono più di quei, chiamiamoli lussi, che invece avevano i nostri genitori. Uno su tutti? I nonni. «In un Paese in cui si diventa genitori in età sempre più adulta» commenta l’onorevole Simonetta Matone, membro della Camera dei deputati della Repubblica Italiana dal 2022 tra le fila della Lega «i futuri genitori si trovano spesso a dover fare i conti con nonni che non riescono a prendersi cura dei bambini al posto loro a causa dell’età. E questo comporta un ulteriore svantaggio per chi lavora e non può permettersi asili o il lusso di una babysitter».

A mancare è anche di quello, come lo definisce l’onorevole Matone, «spirito di sacrificio nel fare figli che da qualche anno a questa parte è venuto a mancare sempre di più». Avere un figlio significa, in molti casi e per chi non ha aiuti da nonni o parenti, un sacrificio del proprio tempo e di una vita che diventa in funzione “dell’altro”.

Non negando un problema di natura puramente economica, c’è qualcosa di più che spinge il “partito dei non genitori” a crescere in modo esponenziale di anno in anno. «Negli altri Paesi esiste una rete di protezione sociale per le famiglie che qui stenta ancora a decollare» ha spiegato Simonetta Matone che da anni si occupa di tematiche legate alla famiglia e all’occupazione femminile; «Per esempio» ha continuato «in Francia abbiamo il modello delle babysitter condominiali, del babysitteraggio diffuso, dei nidi…che qui faticano a prendere piede». Parlando proprio di nidi e di asili, il tema è bollente secondo l’onorevole Matone. «Ci ritroviamo a parlare di un tema che è affidato ai singoli comuni che spesso non riescono a gestire questo aspetto». Matone scende nel personale: «Io ho quattro nipoti» ci spiega «e tutti loro sono andati in asili privati. Perché? Non per scelta. Ma perché negli asili pubblici non vi era alcuna possibilità».

Un caso fortunato, soprattutto considerati i costi legati alla retta di queste strutture che non sono mai inferiori ai 500-600 euro per bambino per chi cerca un orario pieno dalle 8 alle 16. «Impossibile» per giovani coppie, genitori con problemi a trovare lavoro, che sopravvivono con stipendi ridotti all’osso e spesso solo ed esclusivamente grazie a lavori saltuari. «Questa è una tematica che si incastra tra gli altri problemi, come quello dei nonni di cui parlavamo prima, e che scoraggiano le coppie»

Che esista un problema, dunque, è innegabile. Così come per Matone è innegabile che, una rete di aiuti, possa convincere in qualche modo chi dei figli li vuole, ma non si sente di metterli al mondo perché spaventato di non poter offrire loro una vita facile, senza pensieri. Sì, dunque, agli incentivi economici. Ma non casuali. «Serve una soluzione che permetta a chi mette al mondo un figlio di sapere che quando si ritornerà al lavoro dopo la gravidanza, quando il bambino avrà un anno, si può avere la sicurezza di avere chi se ne occupa, chi lo cura e che non si vivrà una vita correndo contro il tempo».

«È un gatto che si morde la coda» ha concludo l’onorevole della Lega «se non si studia una rete, un sistema di aiuto e protezione delle donne che fanno figli – considerato che a oggi la ripartizione del lavoro domestico e della cura dei figli all’interno della famiglia purtroppo per la struttura italiana grava ancora sulle donne, il risultato è questo. E se a questo aggiungiamo che le donne hanno anche la cura dei genitori anziani, la cosa si complica ancora di più. È un mix pauroso, pericoloso e difficilmente gestibile».

© Riproduzione Riservata