La mafia dei pascoli che per anni è stata denunciata dagli agricoltori abruzzesi esiste.
A dimostrarlo è stata l’operazione “Transumanza” messa a segno dalla Guardia di Finanza di Pescara, diretta e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura dell’Aquila. Sono 75 le persone coinvolte con 25 misure cautelari personali, 16 perquisizioni e sequestri preventivi in esecuzione, in tutta Italia, tra Abruzzo, Puglia, Trentino Alto Adige, Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Lazio e Campania che hanno visto il coinvolgimento di alcune delle società finite nelle interdittive antimafia emesse dalla prefettura di Pescara tra cui la società agricola il “Frassino” riconducibile alla famiglia Berasi ed in particolar modo ai fratelli Armando e Mariano. Nello specifico la ricostruzione dell’attività d’indagine si legge nel decreto di sequestro preventivo fa emergere: «L’esistenza di un sodalizio criminale coordinato da Armando Berasi e legato al clan Foggiano Li Bergolis che, con artefizi e raggiri sfruttando la possibilità di taluni soggetti -rivelatesi prestanomi-di ottenere in assegnazione i titoli Pac dalla riserva naturale dei titoli Agea ha percepito indebitamente contributi per circa 6 milioni di euro”
Chi sono i Berasi? Si tratta di due fratelli citati più volte in passato in varie indagini per reati che vanno dall’associazione a delinquere e alla truffa.
Un’operazione che attraverso indagini mirate per la prima volta in Abruzzo ha scoperchiato un sistema con il quale la mafia foggiana, e le organizzazioni criminali del Gargano hanno incassato milioni di fondi europei. Truffe di cui abbiamo ampiamente scritto raccontando un sistema con il quale sono stati depredati gli agricoltori vittime della criminalità organizzata e dove purtroppo restano ancora delle zone d’ombra riguardo aggressioni e morti sospette come il caso dell’allevatore Emiliano Palmieri. Il giovane che fu ritrovato impiccato ad un albero dopo essere rimasto vittima di una serie di incidenti.
Il sistema
I titoli Pac (Politica Agricola Comune), che rappresentano il valore in base al quale si ha il diritto di avere i contributi comunitari a sostegno dell’agricoltura, vengono attribuiti gratuitamente a ogni ettaro di superficie: per ogni titolo l’azienda deve avere la disponibilità di un ettaro di terreno. In questo caso è stata riscontrata una rete che ha visto il coinvolgimento fraudolento di società o cooperative agricole che facevano incetta di titoli; d’imprese agricole appositamente costituite per la truffa; di cooperative reali legate al sodalizio criminale ed infine di centri di assistenza agricola (CAA) (compiacenti).
Frodi in tutta Italia
Ma l’inchiesta di Pescara avviata nel 2019 e conclusasi
è solo la punta di un iceberg di una serie di operazioni condotte a tappeto in tutta Italia dalle Fiamme Gialle con Agea e la procura Europea EPPO, dove sono stati scoperti centinaia di milioni di euro in frodi, come nel caso di Padova dove è stata avviata un’indagine ancora in corso
coordinata dalla Procura di Padova a carico di due imprenditori ritenuti indebitamente destinatari di fondi europei, messi a disposizione nell’ambito della Politica Agricola Comune.
In particolare, l’inchiesta anche in questo caso ha consentito di ipotizzare una frode al bilancio dell’Unione europea attuata tramite l’interposizione di due “giovani agricoltori”, considerati dei prestanome, per ottenere indebiti pagamenti diretti dal Fondo Europeo Agricolo di Garanzia (noto come FEAGA) nelle province di Padova, L’Aquila, Perugia e Trento, di ottenere gratuitamente diritti all’aiuto e di percepire successivamente, dal 2016 al 2020, fondi per una somma che dovrebbe aggirarsi intorno ai 37 milioni di euro.
Intervista al Colonnello Antonio Caputo, Comandante Provnciale della Guardia di Finanza di Pescara

«La maxi operazione “Transumanza” è il risultato di due anni di indagini, intercettazioni di oltre 100mila conversazioni, 8mila interrogazioni alle banche dati ed accertamenti bancari su più di 270 conti correnti»-ci spiega il Colonnello t.ST Antonio Caputo, Comandante Provinciale Pescara Guardia di Finanza
Cosa può dirci del coinvolgimento della criminalità organizzata?
«Il sospetto è che sugli affari ci sia anche la mano della “mafia foggiana”. Ciò confermerebbe come la provincia di Pescara, importante snodo commerciale del corridoio adriatico, sia sulla rotta delle influenze delle organizzazioni criminali confinanti, come abbiamo anche postulato nella recente inchiesta “Do ut des”, su un sistema usuraio gestito dalla malavita garganica direttamente nel pescarese. Nei tre anni di servizio che ho svolto allo S.C.I.C.O., il Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di Finanza, ho avuto l’opportunità di approfondire il nuovo profilo borghese delle associazioni mafiose, sempre più holding criminali capaci di stringere accordi diretti con i cartelli con imprenditori e liberi professionisti, contaminando appalti e fondi pubblici».
Com’è la situazione nel resto del Paese?
«Ultimamente, anche l’Agenzia UE per la lotta alle frodi ha ravvisato come l’Italia sia seconda solo all’Ungheria nei giri di affari illeciti che costano ai programmi europei circa 426 milioni di euro. La Guardia di Finanza, come polizia della spesa pubblica, riveste un ruolo centrale nella tutela degli interessi finanziari comunitari. Noi Fiamme Gialle svolgiamo specifiche attività di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni che possono colpire i flussi monetari, sia sul versante delle entrate che quello delle uscite. Lo Stato significa Noi. Per questo, cooperiamo quotidianamente per la lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecita nonché alla prevenzione e repressione di gravi comportamenti irregolari di personale che, a qualsiasi titolo, svolge la propria attività in seno a Organi, Organismi e Istituzioni dell’Unione europea».
Solitamente questi fondi vengono recuperati almeno in parte?
«Ci sono due modi. Si procede con il sequestro dei titoli che legittimamente davano diritto all’erogazione dei fondi e che erano ancora in possesso dei soggetti interessati. Mentre riguardo ai fondi già precipiti abbiamo fatto un sequestro equivalente ai beni aggredibili di questi soggetti soprattutto beni liquidi. Nel caso non arrivino a coprire quanto percepito indebitamente si procede con il sequestro di immobili o auto».
