Queste cose, mi dico per farmi forza, non torneranno più. I figli ti rubano il tempo e ti sottraggono un pezzo di immaginazione, anche solo la libertà di sognare un futuro diverso da quello da impiegati dell’informazione ed estensori di notizie inutili cui gli editori, tutti gli editori, ci hanno piegati. C’è bisogno di soldi, mi dico, per tirar su una famiglia. Mica si può mollare tutto.
Si diventa vecchi. E loro, Leon e Matilda, crescono, con una rapidità che è lo specchio della rapidità della tua necrosi. Poi mi guardo in giro. E vedo quegli amici che, queste cose, possono ancora farle, o potrebbero. Dormire otto ore per notte. Non guardare l’orologio. Sognare senza dover sognare in tre o in quattro. Bello, bellissimo, ma non li invidio. La mia vita, questa vita, è la miglior vita che un uomo possa desiderare. I figli, credessi, sono doni di Dio. O comunque sono la cosa migliore che ti possa capitare. Che mi invidino, per una volta gli altri, quelli che ancora possono dormire sette ore per notte.