Dopo Luigi Brugnaro è la volta di Renato Boraso. Al centro del dibattito c’è sempre lei, la Giuditta II di Gustav Klimt. E, soprattutto, la sua vendita.
Il dipinto, famoso a livello mondiale, è – a quanto pare – non troppo gelosamente custodito a Ca’ Pesaro dove rimane a oggi una delle opere più importanti dell’esposizione permanente del museo. Ma quelle decine di milioni che potrebbe fruttare, fanno gola alle amministrazioni che ultimamente si ritrovano a corto di risorse per costruire imponenti opere pubbliche.
Nel dettaglio, parliamo del cosiddetto Bosco dello Sport, un massiccio progetto dal valore di 308 milioni di euro promosso dall’assessore Boraso e che prevede la costruzione di uno stadio e di un’arena in un’area verde. Il tutto, doveva avvenire attraverso fondi pubblici ma, ahi noi, il Pnrr fallace ha colpito dritto dritto nelle tasche di Boraso che si è ritrovato di punto in bianco a dover fare i conti… senza i soldi promessi. Da qui, la contestata idea: vendiamo Giuditta.
Non è la prima volta che l’idea balena nelle menti degli amministratori veneti. Prima di lui, l’ex sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, circa otto anni fa, aveva stimato una forbice di guadagno compresa tra i 70 e i 90 milioni di euro. «Ora varrà sicuramente di più» ha commentato Boraso.
A intervenire sulla questione, interpellato da Panorama.it, anche Vittorio Sgarbi che definisce la manovra «un’insensatezza». Per Sgarbi, infatti, la provocazione lanciata da Brugnaro e la proposta di Boraso viaggiano su due binari ben differenti. «La battuta che fece ai tempi Brugnaro di vendere un Klimt e uno Chagall, che con la storia veneziana non hanno nulla a che vedere se non indirettamente ed erano solo una presenza alla Biennale, era ben diversa» spiega «ai tempi si parlava di deficit e io gli diedi ragione perché si parlava di un paradosso ma legato a una logica di sopravvivenza rispetto a una situazione debitoria che si sarebbe risanata molto più rapidamente». «L’idea invece di utilizzare Klimt per finanziare una cosa nuova che può essere tranquillamente costruita con i fondi del Pnrr, significa non capire che Klimt è più importante di qualsiasi altra cosa» spiega Sgarbi «e che mentre la provocazione di Brugnaro era un investimento riuscito che consentiva di abbattere un debito, qui l’idea di un parco sportivo in cambio di Klimt significa non aver capito che Klimt è un valore sostanziale e stabile e il parco è una cosa di cui si può fare a meno perché si può trovare anche a Padova o Mestre non è una cosa necessaria per la città, è solo una delle tante superflue invenzioni che sembrano corrispondere a un’esigenza dei cittadini che sono vissuti per secoli senza campo giochi e campo sport e non si capisce che bisogno ne abbiano oggi».
«Non è che si può contrabbandare un Klimt per uno stadio» conclude Sgarbi «Da questo punto di vista, la provocazione di Brugnaro che aveva un’intelligenza e una logica qui è invece solo un’insensatezza».
