È forse la settimana decisiva per il futuro dell’ex Ilva di Taranto. Alle ore 18 è iniziato l’incontro al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) tra governo, sindacati ed enti locali sull’Accordo di Programma per la decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa.
L’incontro pomeridiano è stato convocato dal ministro Adolfo Urso, su richiesta delle organizzazioni sindacali nazionali e di categoria. Si tratta di un appuntamento preliminare al tavolo cruciale che si terrà domani, 15 luglio, dove sarà resa nota la posizione degli enti locali sul progetto di posizionamento di una nave rigassificatrice per fornire energia agli altiforni.
Il confronto avviene in un momento estremamente delicato per l’acciaieria pugliese, che sta vivendo una delle fasi più critiche della sua travagliata storia recente. L’obiettivo immediato è definire un accordo di programma che possa sbloccare il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia), utile ad evitare la chiusura degli impianti.
Il 17 luglio, infatti, dovrebbe esserci il “via libera” all’accordo di programma con gli enti locali per l’ok alla nuova Aia. In questa settimana densa di appuntamenti dovrà essere inserito anche il lancio di una nuova gara per gli asset ex Ilva. «Occorre adeguare tempestivamente la gara attualmente in corso alle nuove condizioni, già entro la fine di luglio – ha dichiarato Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, in un’intervista a Il Messaggero –. È quindi fondamentale che la situazione sia definita con chiarezza nei prossimi giorni. La presenza, a Taranto, anche degli impianti per la produzione di ferro preridotto (DRI) rappresenta infatti un importante fattore di attrattività per gli investitori».
Il progetto del governo consegnato ai sindacati
Poco prima dell’inizio della riunione, il governo ha presentato ai sindacati il suo piano di decarbonizzazione per l’ex Ilva. Esso prevede la costruzione di tre forni elettrici a Taranto e uno a Genova, con una capacità produttiva complessiva di otto milioni di tonnellate annue.
I forni saranno alimentati da impianti DRI (Direct Reduced Iron), fino a un massimo di quattro, che permetteranno di ridurre l’impatto ambientale rispetto all’uso tradizionale del carbone. Il progetto mira a garantire la continuità produttiva, la salvaguardia occupazionale e il soddisfacimento della domanda nazionale ed europea.
Due sono gli scenari ipotizzati: uno con impianti DRI installati direttamente a Taranto, alimentati anche da una nave rigassificatrice, e l’altro con la produzione di preridotto affidata a Dri Italia in aree con migliore accesso al gas. Il governo ribadisce che Taranto rimane la priorità strategica. È previsto anche il dissequestro dell’Altoforno 1, posto sotto sequestro dopo l’incendio dello scorso 7 maggio, con data prefissata al 15 settembre e rientro in esercizio entro marzo 2026.
Le Posizioni dei Sindacati
Le organizzazioni sindacali hanno mantenuto una posizione ferma sui nodi cruciali della vertenza. Secondo Cgil e Fiom Cgil, «i nodi da sciogliere sono tanti: salute, ambiente, lavoro non possono essere interscambiabili tra loro». La Fiom, attraverso il coordinatore nazionale siderurgia Loris Scarpa, ha affermato che «le risorse messe a disposizione nell’ultimo decreto in fase di conversione, di 200 milioni di euro, sono l’ennesimo intervento spot non sufficiente a garantire le manutenzioni degli impianti e la continuità produttiva».
Il quadro occupazionale dell’ex Ilva presenta numeri drammatici. Attualmente, i lavoratori in cassa integrazione sono saliti a quasi 4.000, di cui 3538 a Taranto, 178 a Genova, 165 a Novi Ligure e 45 a Racconigi. Questo aumento è stato causato principalmente dall’incendio dell’Altoforno 1, avvenuto lo scorso del 7 maggio, che ha compromesso definitivamente l’impianto.
I Nodi Irrisolti
Il principale problema riguarda la nave rigassificatrice. Il governo la considera indispensabile per alimentare gli impianti di preriduzione Dri, fatto fortemente contestato dal sindaco di Taranto, Piero Bitetti, che ha dichiarato: «la nave rigassificatrice nel porto certamente non si può fare», proponendo invece il posizionamento a dodici miglia dalla costa.
Un altro elemento controverso è l’impianto di desalinizzazione necessario per fornire acqua agli impianti. L’accordo di programma prevede la realizzazione di un desalinizzatore su piattaforma galleggiante in mare aperto, soluzione, anche questa, che incontra l’opposizione degli enti locali.
La posta in gioco è altissima: senza un accordo condiviso, l’ex Ilva rischia la chiusura definitiva a causa della mancanza dell’Aia necessaria per continuare l’attività produttiva. Il ministro del Mimit, Adolfo Urso, ha chiarito che «la prima scelta spetta a Taranto», precisando inoltre che ciascuna ipotesi comporterà ricadute occupazionali molto diverse.
Sullo sfondo rimane la trattativa con il consorzio azero Baku Steel, che aveva presentato l’offerta migliore per l’acquisizione dell’ex Ilva. Tuttavia, le resistenze territoriali sulla nave rigassificatrice e l’incendio dell’Altoforno 1 sembrano aver complicato significativamente le negoziazioni.
