Crescono le tensioni tra Stati Uniti e Israele. Lunedì, Donald Trump ha riferito che Washington sta “esaminando” se lo Stato ebraico abbia violato il cessate il fuoco a Gaza con il recente attacco che ha portato alla morte del comandante di Hamas, Raed Saad. Poco prima, Axios aveva riportato che la Casa Bianca avrebbe inviato un duro messaggio privato al premier israeliano. “Il messaggio della Casa Bianca a Netanyahu era: ‘Se vuoi rovinarti la reputazione e dimostrare che non rispetti gli accordi, accomodati pure, ma non ti permetteremo di rovinare la reputazione del presidente Trump dopo che ha mediato l’accordo a Gaza’”, aveva riferito alla testata un funzionario americano. Gerusalemme, dal canto suo, sarebbe irritata per le trattative in corso tra Washington e Doha sulla possibile vendita di caccia F-35 al Qatar. Non solo. Secondo il Times of Israel, lo Stato ebraico starebbe monitorando con preoccupazione i crescenti legami di Washington nel settore della Difesa con Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Turchia.
Ma non è tutto. Israele non vede neanche di buon occhio il sostegno che Trump sta fornendo all’attuale regime di Damasco. “Il nuovo leader è una persona forte, ed è ciò di cui abbiamo bisogno. Questa è una parte difficile del mondo, ed è incredibile ciò che è successo in Siria”, ha affermato lunedì l’inquilino della Casa Bianca, riferendosi al presidente siriano, Ahmad al-Sharaa. Ricordiamo che quest’ultimo è storicamente spalleggiato dalla Turchia e che, un anno fa, ha abbattuto un regime, quello di Bashar al Assad, assai vicino alla Russia. Non a caso, Mosca, negli ultimi dodici mesi, ha perso notevolmente influenza sulla Siria a netto vantaggio di Ankara. Ebbene, sarà un caso, ma, ultimamente, Vladimir Putin si è avvicinato a Netanyahu, i cui rapporti tanto con la Siria quanto con la Turchia non sono esattamente idilliaci.
La settimana scorsa, il governo israeliano ha convocato l’ambasciatore ucraino, per rimproverarlo delle critiche che aveva mosso allo stesso Netanyahu, quando quest’ultimo aveva parlato alla Knesset del suo “rapporto personale” con il presidente russo. Non bisogna trascurare che, negli scorsi mesi, Trump si è avvicinato alla Turchia per mettere sotto pressione lo zar e spingerlo ad ammorbidire le sue posizioni sull’Ucraina. Il presidente americano sa bene che Putin non solo ha bisogno di recuperare terreno in Siria ma che vuole anche ritagliarsi il ruolo di mediatore tra Washington e Teheran sul nucleare. Mosca spera inoltre di non essere tagliata fuori dalla ricostruzione di Gaza e dall’eventuale rilancio degli Accordi di Abramo. È quindi per ridurre questa sua vulnerabilità che il capo del Cremlino sta provando a giocare di sponda con Netanyahu, notando le fibrillazioni che, al momento, caratterizzano i rapporti tra Washington e Gerusalemme.
Tuttavia Putin non può neanche permettersi di guastare i propri rapporti con Ankara. E lo stesso vale per gli Stati Uniti. Deve fare quindi attenzione, soprattutto alla luce del fatto che, dopo la caduta di Assad e l’indebolimento dell’Iran, i suoi margini di manovra in Medio Oriente si sono ridotti. Trump, per parte sua, deve muoversi per cercare di ridurre le tensioni tra Damasco e Gerusalemme, oltre che per promuovere una rapida normalizzazione dei rapporti tra Israele e l’Arabia Saudita. Ne va del futuro degli Accordi di Abramo.
