A oltre 1200 giorni dall’inizio dell’invasione su larga scala, la guerra in Ucraina mostra un’escalation su più fronti: da un lato le truppe russe avanzano nelle regioni orientali e settentrionali, dall’altro l’Ucraina ristruttura il vertice politico in un momento di forte pressione militare e diplomatica. Nel mezzo, l’impegno incerto delle potenze occidentali, con gli Stati Uniti che promettono nuovi armamenti ma impongono un ultimatum di 50 giorni a Mosca per negoziare la pace. Le forze armate russe hanno intensificato la loro offensiva estiva, registrando 138 scontri armati nelle ultime 24 ore e rivendicando la conquista di Pokrovsk, Myrne, Voskresenka e Petrivka, località strategiche nella regione orientale di Donetsk e nell’area di Sumy, al confine con la Russia. Da marzo, Mosca ha già preso il controllo della città di Kostiantynivka, posizionandosi a meno di 30 km da Sumy. L’esercito ucraino, nonostante le perdite, continua a resistere: nella sola giornata del 15 luglio, le autorità ucraine hanno riferito di 1.230 soldati russi uccisi o feriti in 185 scontri lungo la linea del fronte. La Russia ha inoltre lanciato una nuova offensiva aerea, con 4 missili e ben 136 droni kamikaze, colpendo diverse città, tra cui Kharkiv, Zaporizhzhia e Sumy. Le difese antiaeree ucraine sono riuscite a intercettare gran parte dei velivoli, ma alcuni hanno centrato obiettivi civili: una università è stata distrutta a Kharkiv, mentre a Zaporizhzhia sono stati colpiti un ospedale e una stazione elettrica. Il bilancio attuale parla di almeno 5 morti e oltre 50 feriti.
In un clima di fortissima tensione, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato un rimpasto totale del governo. Yulia Svyrydenko, 39 anni, economista ed ex ministro dell’Economia, è stata proposta come nuova Primo Ministro, sostituendo Denys Shmyhal, che passa al ruolo di ministro della Difesa. Il cambiamento, secondo fonti presidenziali, è finalizzato a «rafforzare l’efficienza interna e il coordinamento con gli alleati occidentali». La scelta di Svyrydenko – figura pragmatica e favorevole a una semplificazione del sistema statale – deve ora essere ratificata dal Parlamento. «Incrementare la produzione bellica in Ucraina» sarà una delle priorità strategiche del nuovo esecutivo che prenderà forma a seguito del rimpasto annunciato ieri dal presidente Volodymyr Zelensky che poi ha proseguito: «Incontro con Yulia Svyrydenko e Mykhailo Fedorov. Stiamo pianificando le prime azioni del nuovo governo. Abbiamo stabilito gli obiettivi per i prossimi sei mesi», si legge nella nota diffusa da Zelensky.Tra le priorità delineate: «Aumentare la produzione di armamenti sul territorio nazionale, assicurare il pieno approvvigionamento di droni di ogni tipo destinati alle Forze di Difesa ucraine, attuare un’importante semplificazione normativa e liberare il potenziale economico interno del Paese. Al tempo stesso, garantire la piena operatività dei programmi di assistenza sociale rivolti alla popolazione».Il presidente ha infine sottolineato che sono già stati definiti i risultati concreti che l’esecutivo dovrà raggiungere nel primo semestre di mandato.
Sul fronte internazionale, l’annuncio più rilevante arriva da Washington. Il presidente Donald Trump ha confermato l’invio di sistemi di difesa aerea Patriot, armi a lungo raggio e droni avanzati forniti anche da partner NATO. Tuttavia, ha lanciato un ultimatum di 50 giorni a Mosca: se il Cremlino non accetterà di negoziare la pace entro questo termine, scatteranno nuove tariffe del 100% su tutte le esportazioni russe verso gli Stati Uniti. Kiev ha accolto con favore il nuovo pacchetto di aiuti, ma ha espresso perplessità sulla finestra temporale concessa alla Russia: «Cinquant’anni di guerra non si risolvono con 50 giorni di attesa – ha commentato un funzionario della presidenza ucraina – questo periodo potrebbe offrire a Mosca il tempo necessario per riorganizzarsi e rafforzare le posizioni occupate». Donald Trump, avrebbe esortato in via riservata l’Ucraina ad aumentare la pressione militare sul territorio russo, spingendosi fino a ipotizzare attacchi diretti contro Mosca e San Pietroburgo nel caso in cui Washington fornisse armamenti a lungo raggio a Kiev. Lo riporta il Financial Times, citando fonti a conoscenza della conversazione tra Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Secondo quanto riferito da due persone informate sui contenuti della telefonata avvenuta il 4 luglio, Trump avrebbe chiesto esplicitamente: «Volodymyr, puoi colpire Mosca? Puoi colpire anche San Pietroburgo?». Zelensky, sempre stando alle stesse fonti, avrebbe risposto con prontezza: «Assolutamente. Possiamo farlo se ci fornite le armi». Secondo quanto riportato dal Washington Post, Donald Trump starebbe prendendo in considerazione la possibilità di fornire a Kiev missili da crociera Tomahawk, in grado di colpire obiettivi strategici nelle profondità del territorio russo, inclusi Mosca e San Pietroburgo. I Tomahawk, al momento, non fanno parte degli attuali programmi di assistenza militare, ma potrebbero essere inseriti in una fase successiva, qualora l’ex presidente decidesse di intensificare la pressione sul Cremlino. Il quotidiano statunitense riferisce inoltre che l’amministrazione americana potrebbe autorizzare l’Ucraina a impiegare i 18 missili a lungo raggio ATACMS già presenti sul territorio ucraino sfruttandone l’intera gittata di 300 chilometri. Questa mossa permetterebbe a Kiev di colpire aeroporti, basi militari e magazzini di munizioni in profondità nella Federazione Russa. Il nuovo pacchetto d’aiuti, sempre secondo il Washington Post, potrebbe includere anche ulteriori esemplari di ATACMS.
Il Cremlino si è detto disposto ad avviare negoziati con l’Ucraina, pur precisando di aver bisogno di tempo per valutare le dichiarazioni «di estrema rilevanza» rilasciate dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il leader americano ha infatti concesso alla Russia un ultimatum di 50 giorni per porre fine alla guerra, annunciando al contempo nuove forniture militari a Kiev. «Le parole del presidente Trump sono molto importanti. Naturalmente ci occorre del tempo per analizzarle attentamente e, se o quando il presidente Putin lo riterrà opportuno, esprimerà la sua posizione», ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, parlando con i giornalisti. Ha poi ribadito che Mosca resta «disponibile» al dialogo con l’Ucraina. Nel frattempo, da parte russa è arrivata una dura reazione all’annuncio di ulteriori invii di armamenti a Kiev. «La decisione di trasferire armi attraverso la NATO dimostra chiaramente che l’Alleanza non è interessata a una soluzione pacifica del conflitto», ha dichiarato il vice ministro degli Esteri, Aleksander Grushko. Tutto accade mentre si continua a lavorare alla costituzione di una “coalizione dei volenterosi”, un gruppo di oltre 30 Paesi – tra cui Regno Unito, Francia, Polonia, Paesi Baltici – che stanno valutando l’invio di forze di peacekeeping e la creazione di uno scudo aereo europeo permanente per difendere l’Ucraina da missili e droni russi. Il progetto, noto informalmente come “European Sky Shield for Ukraine”, è ancora in fase embrionale ma ha ricevuto un primo via libera politico in sede NATO. Infine, al giorno 1238 del conflitto, le stime più attendibili parlano di oltre 790.000 tra morti e feriti nelle file russe, a fronte di circa 400.000 tra militari ucraini uccisi o feriti. Le vittime civili ucraine superano ormai quota 13.400, mentre oltre 8 milioni di cittadini sono ancora sfollati o rifugiati all’estero.
