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Le (possibili) ombre turche sul golpe in Mali

Le (possibili) ombre turche sul golpe in Mali

Il colpo di Stato nel Paese del Sahel ha rappresentato un duro colpo all’influenza francese sul Sahel. Ankara invece potrebbe beneficiarne.


Il 3 giugno la Francia ha reso noto che sospenderà le operazioni militari congiunte con le forze del Mali: una decisione arrivata dopo il secondo colpo di Stato avvenuto nel Paese africano nell’arco di appena nove mesi. In particolare, Parigi ha fatto sapere che la situazione resterà bloccata fino a quando non verranno fornite «garanzie» per il ritorno al potere dei civili. Dopo l’annuncio francese, l’Unione Africana e la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale hanno stabilito di sospendere a loro volta il Mali.

Insomma, il recente golpe rischia di assestare un duro colpo all’influenza francese sul Sahel. Un’influenza già di per sé abbastanza traballante: già all’indomani del colpo di Stato dello scorso agosto, la Cnn aveva messo in evidenza i problemi di quella situazione per il presidente francese.

È quindi chiaro come la turbolenza politico-militare del Mali sia (almeno parzialmente) diretta proprio contro Parigi. È allora lecito interrogarsi su chi possa celarsi dietro tale turbolenza. Sotto questo aspetto è bene ricordare che, appena pochi giorni prima dell’annuncio della sospensione delle operazioni militari, Emmanuel Macron – in un’intervista al Journal du Dimanche – aveva minacciato il ritiro delle truppe francesi, qualora il Mali si fosse spostato verso l’«islamismo radicale». Un’affermazione significativa che, forse, avrebbe potuto rappresentare una stoccata alla Turchia.

Non dimentichiamo che, ormai da alcuni anni, Recep Tayyip Erdogan, sta cercando di incrementare la propria influenza sul Sahel a spese della Francia. È pur vero che nel 2018 il Sultano promise di finanziare la G5 Sahel Joint Force contro i jihadisti. Ma è altrettanto vero che il presidente turco intrattiene ambigui legami con alcune galassie islamiste. Senza poi contare che, lo scorso autunno, proprio sull’islamismo Macron ed Erdogan arrivarono pesantemente ai ferri corti.

Ora, non è dato sapere con certezza se dietro gli ultimi due colpi di Stato maliani si celi la Turchia. Vanno però registrati due elementi interconnessi. Il primo è che l’instabilità locale indebolisce Parigi e favorisce indirettamente Erdogan. Il secondo è che, a settembre scorso, appena pochi giorni dopo il primo colpo di Stato, il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, si recò in visita proprio nel Paese africano. Ricordiamo inoltre che, nel 2020, un ruolo chiave nelle pressioni contro l’allora presidente Ibrahim Boubacar Keïta fu svolto dall’imam Mahmoud Dicko: una figura politicamente ambigua che, nonostante legami con l’Arabia Saudita, ha connessioni anche con Ankara.

In particolare, secondo la testata Al-Monitor, l’imam presenterebbe legami con il controverso movimento Milli Gorus, spalleggiato dallo stesso Erdogan. Ebbene, sempre Al-Monitor ha riferito che l’attuale presidente golpista maliano, Assimi Goïta, risulterebbe un «protetto» di Dicko. Quello stesso Goïta che – lo scorso settembre – mostrò tra l’altro di intrattenere rapporti cordiali con Cavusoglu. Non che le relazioni tra Ankara e Bamako fossero tese ai tempi di Keïta: tuttavia, quando quest’ultimo si trovava al potere, era la Francia a godere dei legami più forti con il Mali.

In tutto questo, bisogna monitorare anche il ruolo della Russia. Secondo quanto riportato da Africa News, svariate centinaia di maliani hanno manifestato a Bamako, sul finire di maggio, per sostenere l’esercito: molti dimostranti avevano con sé cartelli antifrancesi e bandiere russe. Va ricordato che, a seguito del golpe dello scorso anno, circolarono teorie di un sostegno da parte di Mosca al colpo di Stato.

In particolare, il Foreign Policy Research Institute – pur ammettendo di non possedere evidenze inconfutabili – sostenne che la Russia avrebbe potuto avvantaggiarsi da quel cambio di regime, per incrementare la propria influenza sul Sahel a discapito della Francia: una Francia che, ricordiamolo, soprattutto in Mali non gode di eccessiva popolarità. A livello generale, va detto che, nel caso, non si tratterebbe certo della prima volta che Russia e Turchia si trovano a collaborare in Africa, pur portando avanti interessi potenzialmente in competizione (si pensi soltanto al complicato dossier libico).

Eppure bisogna fare attenzione: perché, a quanto sembra, alcuni dei protagonisti del vecchio golpe considerati vicini alla Russia sarebbero stati marginalizzati dopo il nuovo colpo di Stato. È soprattutto il caso dell’ex ministro della Difesa, Sadio Camara, rimosso dal suo incarico. Ricordiamo che Camara intratteneva legami con Mosca e che, secondo il direttore del Centre de recherche d’analyses politiques, économiques et sociales du Mali, Etienne Fakaba Sissoko, il suo allontanamento potrebbe essere stato determinato proprio da queste sue connessioni con la Russia. Certo: va sottolineato che siamo sempre nel campo delle ipotesi. Ma simili dinamiche rendono plausibile ritenere che la fazione maliana più vicina alla Turchia si sia rafforzata con l’ultimo golpe: a discapito di Parigi, ma anche di Mosca.

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