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La crudele lucidità del killer di Kirk: «Ne avevo abbastanza del suo odio»

La crudele lucidità del killer di Kirk: «Ne avevo abbastanza del suo odio»

Altro che «svalvolato», il militante woke ha perseguito il suo piano ideologico a colpi di fucile. E al compagno trans ha rivelato: «Ci penso da una settimana». Obama intanto dà una lezione al Pd: «Bisogna condannare»

La recita è finita. Quella infantile di Tyler Robinson nel tentativo di allontanare da sé i sospetti e quella patetica dell’intellettuale collettivo italiano di buttare la palla in calcio d’angolo parlando di vendetta di genere. L’omicidio di Charlie Kirk è di matrice politica, anzi politicissima, laddove il confronto delle idee è stato sostituito da una pallottola alla gola. A scoperchiare la botola è lo stesso presunto assassino, che in una chat con il suo compagno/a transgender, coinquilino con lo schwa nel campus della Utah Valley university a Orem ha rivelato: «Ne avevo abbastanza del suo odio. C’è un odio con cui non si può scendere a patti. Ma se sono in grado di recuperare il fucile senza essere visto, non avrò lasciato prove».

Poche ore dopo avere premuto il grilletto del fucile di suo nonno, Robinson (22 anni) sperava ancora di farla franca e di recuperare l’arma, magari sfuggita al controllo a tappeto dell’Fbi. La sua firma e le sue deliranti motivazioni sono tutte contenute nella breve conversazione con il compagno-amante (che sta facendo un percorso per cambiare sesso da uomo a donna) sul network social Discord. Come ha rivelato ieri il procuratore distrettuale dello Utah,  Jeff Gray, in conferenza stampa, il 10 settembre poco dopo l’assassinio di Kirk il fidanzato di Robinson riceve da lui questo messaggio: «Guarda sotto la mia tastiera». 

Sotto la tastiera del computer c’era un biglietto: «Ho avuto l’opportunità di eliminare Charlie Kirk e la userò». Il compagno legge e replica: «Cosa? Stai scherzando, vero?». Robinson spiega con accenti da macho tenerone. «A essere sincero, speravo di tenerlo segreto fino alla mia morte in vecchiaia. Mi dispiace coinvolgerti. Sto bene, amore mio, ma sono bloccato ancora per un po’ a Orem. Non dovrebbe volerci molto perché possa tornare a casa, ma devo recuperare il mio fucile». A questo punto il boyfriend coinquilino gli chiede: «Ma sei stato tu a farlo?». Robinson di fatto si autodenuncia: «Sì, mi dispiace. Ne avevo abbastanza del suo odio. C’è un odio con cui non si può scendere a patti. Se sono in grado di recuperare il fucile senza essere visto, non avrò lasciato prove». Il compagno chiede: «Da quanto tempo ci pensavi?». E Tyler si intesta pure la premeditazione: «Da poco più di una settimana, credo».

Robinson non è uno «svalvolato» come è stato dipinto per annacquare le responsabilità collettive del progressismo fuori (auto)controllo, ma è un lucido ragionatore inzuppato di odio come un savoiardo. Con buona pace di Piergiorgio OdifreddiMichele Serra e adepti vari. Altro che opposti estremismi. La lezione di democrazia ai nostri maestri del nulla arriva da Barack Obama, che ieri durante un forum in Pennsylvania ha commentato: «L’omicidio Kirk è una tragedia indipendentemente dalle opinioni ed è un punto di svolta. Anche quando la vittima sta dall’altra parte della discussione dobbiamo condannare, ciò che è accaduto è una minaccia per tutti. Abbiamo l’obbligo di essere chiari e schietti nel condannare. Penso che le idee di Charlie Kirk fossero sbagliate, ma indipendentemente dal punto in cui ti trovi a livello politico, ciò che è successo è stato orribile». Poi incolpa del clima anche Donald Trump: «Quando l’estremismo sta alla guida del Paese non è un buon segno».

L’assassinio di Kirk ha matrice politica e l’uovo del serpente è l’odio che in questi anni ha preso forma nei campus americani dove il dibattito delle idee è stato sostituito dal dominio della sinistra woke, cresciuta con il mito del pensiero unico e della sua inscalfibilità. Nessuna dialettica, solo diktat, slogan, docenti non allineati licenziati, teste spaccate ed emarginazione per chi non si adegua alla dittatura delle minoranze. Agli occhi di Robinson, la colpa suprema di Kirk era d’essere bianco, cristiano, conservatore, antiabortista, trumpiano. Con un’aggravante. L’assassino lo considerava un odiatore, ma dai discorsi, dalle invettive, dalla dialettica pungente dell’attivista Maga si evincono critiche legittime all’ideologia transgender, alla cancel culture, al suprematismo nero violento di Black lives matter. Eppure questo lo ha avvicinato alla pallottola giustiziatrice, semplicemente perché (traduzione dallo slang californiano allo slang italiano) «quelle cose non si possono sentire». Così uccidere un conservatore non è reato. Una deriva che porta a giustificare crimini politici, come al tempo del terrorismo brigatista in Italia. 

Il procuratore Gray ha anticipato che chiederà la pena di morte e formalizzerà sette capi d’imputazione fra i quali omicidio aggravato, uso illecito di arma da fuoco, ostruzione della giustizia e corruzione di testimoni. Quest’ultima accusa per aver intimato al suo compagno di «cancellare i messaggi incriminanti». Il procuratore ha sottolineato che il proiettile Bella ciao ha sfiorato alcuni bambini presenti nella piazza e l’interlocutore di Kirk nel dibattito. E ha aggiunto un particolare: il killer aveva il fucile nascosto nei pantaloni, dove i black bloc nei cortei in Europa nascondevano le spranghe.

Gli indizi contenuti nella chat vanno ad aggiungersi ai video delle telecamere di sorveglianza, alla prova del Dna sui proiettili, sull’asciugamano con cui Robinson ha avvolto il fucile. E ai messaggi condivisi con gli amici. Ecco l’ultimo: «Tra qualche istante mi arrenderò tramite un amico sceriffo, grazie per tutti i bei momenti e le risate, siete stati tutti fantastici». Lucido, determinato, lui sì odiatore imbevuto di ideologia woke. Riassumendo con una definizione cara a Giorgio Bocca: un compagno che sbaglia. Game over.

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