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La battaglia di Pokrovsk: l’ultimo banco di prova tra logoramento e sopravvivenza

La battaglia di Pokrovsk: l’ultimo banco di prova tra logoramento e sopravvivenza

L’esercito russo sembra ormai a un passo dal conseguire la più ampia conquista in territorio ucraino degli ultimi due anni. Ma il prezzo di questa avanzata – una città ridotta in macerie e disseminata di cadaveri – anticipa un interrogativo più profondo di quello territoriale: chi tra Mosca e Kiev consumerà per primo le proprie risorse militari e umane?

Con la guerra che entra nel suo quinto anno, il Cremlino scommette sulla forza della propria macchina bellica, sostenuta da un apparato industriale enorme e da una popolazione quasi quadrupla rispetto a quella ucraina. Kiev, al contrario, punta a logorare il nemico, confidando nella continuità del sostegno economico e militare degli alleati occidentali.

Come scrive il Walla Street Journal, da mesi lo scontro più feroce si concentra nei dintorni di Pokrovsk, una città mineraria del sud-est ucraino che prima dell’invasione contava circa 60 mila abitanti. Le truppe di Mosca avanzano con assalti di fanteria attraverso i campi e i villaggi circostanti, mentre le forze di Kiev rispondono con droni carichi di esplosivo per contenere la pressione. Oggi, secondo diversi reparti ucraini, i russi sarebbero ormai superiori in numero all’interno della città, con i loro droni che dominano lo spazio aereo. Analisti militari ritengono che Pokrovsk possa cadere entro poche settimane.

Il Ministero della Difesa russo ha comunicato che le proprie unità stanno procedendo verso nord, sgomberando le posizioni ucraine e isolando le ultime sacche di resistenza. Dal fronte opposto, il presidente Volodymyr Zelensky e i suoi comandanti negano l’accerchiamento, ma resta aperta la questione su quanto a lungo le truppe potranno resistere prima di essere costrette a ritirarsi. La presa di Pokrovsk rappresenterebbe per Mosca il successo territoriale più significativo dalla conquista di Bakhmut, avvenuta oltre due anni fa. Una vittoria che Vladimir Putin utilizza come argomento politico, sostenendo – anche nei colloqui con Donald Trump – che il trionfo russo è ormai inevitabile e che continuare a inviare armi a Kiev sia solo uno spreco. Zelensky, replicando, ha commentato: «Non hanno alcun risultato da “vendere” agli americani».

L’obiettivo strategico del Cremlino – annientare l’Ucraina come Stato sovrano e ridurla sotto la propria influenza – rimane lontano, ma la conquista di Pokrovsk servirebbe a consolidare il controllo russo sulla provincia orientale di Donetsk, dove restano sotto dominio ucraino solo alcune grandi città del nord. Nonostante la Russia goda di un vantaggio numerico e industriale, emergono segnali di affaticamento: la crescita economica rallenta e diverse regioni hanno ridotto i bonus di reclutamento per le nuove leve. Le sanzioni promesse dagli Stati Uniti non si sono concretizzate, ma eventuali misure restrittive più dure potrebbero intaccare la capacità del Paese di sostenere il conflitto nel lungo periodo.

Anche Kiev affronta gravi difficoltà: con una popolazione quattro volte inferiore a quella russa, il Paese soffre di una drammatica carenza di uomini. Zelensky è stato più volte criticato per aver ritardato decisioni di ritirata da posizioni ormai indifendibili, sacrificando vite per motivi simbolici. «Spero che le scelte difficili arrivino in tempo», ha dichiarato un ufficiale della 25ª Brigata Aviotrasportata, impegnata proprio a Pokrovsk. «Non possiamo continuare a scambiare vite umane per qualche chilometro di terreno». Dopo quasi quattro anni di guerra, l’uso massiccio di droni non ha accelerato l’avanzata delle truppe, che resta lenta e sanguinosa. Da quando le forze di Mosca hanno occupato Avdiivka, l’esercito russo è avanzato di appena 40 chilometri verso Pokrovsk. Se Kiev dovesse ritirarsi, perderebbe anche la vicina città di Myrnohrad, già in parte isolata.

Secondo fonti militari ucraine, la battaglia è ancora aperta e la difesa della città infligge pesanti perdite ai russi, con circa 50-100 soldati nemici uccisi ogni giorno. Alcuni ufficiali parlano di un rapporto di vittime fino a dieci a uno a vantaggio dell’Ucraina. «In tutta la guerra non li ho mai visti subire perdite simili e continuare a spingere», ha affermato un militare sul campo.Per George Barros, analista dell’Institute for the Study of War, Pokrovsk non cadrà facilmente: «La Russia impiega mesi per conquistare città di dimensioni minori. Continuare a combattere lì può logorare il nemico e infliggere perdite insostenibili». Tuttavia, i soldati sul fronte descrivono una situazione drammatica. Le vie di rifornimento sono bombardate costantemente, veicoli carbonizzati costellano le strade di accesso e molti reparti devono percorrere fino a 15 chilometri a piedi per raggiungere le linee difensive. «Più ti avvicini a Pokrovsk, più rischi di perdere mezzi e uomini», ha spiegato un ufficiale della 68ª Brigata Jaeger.

All’inizio del conflitto, l’esercito ucraino tendeva a difendere le città casa per casa, come accadde a Bakhmut. Oggi, con l’evoluzione della guerra dei droni, la strategia è cambiata: colpire i russi fuori dai centri abitati, dove le truppe in movimento sono più esposte. Dentro Pokrovsk, invece, regna il deserto: le strade sono vuote, popolate solo da cani randagi, e il rumore incessante dei droni scandisce il tempo. Secondo i soldati, per ogni velivolo ucraino ce ne sono dieci russi. «Dominano i cieli – racconta un ufficiale –. Il loro ronzio non si ferma mai. Hanno più uomini, più droni, più mezzi. Cercano di risolvere tutto con la quantità, non con la strategia».

Gran parte della città è oggi una zona grigia, contesa palmo a palmo. Piccoli gruppi di fanteria russa, composti da 200-300 uomini, avanzano lentamente e si nascondono nei sotterranei in attesa di rinforzi. Le unità ucraine, invece, sono allo stremo: in molti reparti resta appena un quinto dell’organico originario. Il destino di Pokrovsk, dunque, appare come il simbolo di una guerra d’attrito che consuma uomini e risorse da entrambe le parti. E mentre i generali discutono di strategie e linee difensive, tra le macerie della città resta una sola certezza: il logoramento non risparmia nessuno dei contendenti.

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